PALERMO – È negativo il saldo del numero di imprese siciliane nel primo trimestre del 2012: dai dati Movimprese, risulta che sono 10.695 quelle che hanno chiuso tra gennaio e marzo (l’82 per cento delle quali sono ditte individuali), a fronte di 8.902 nuove iscrizioni alle Camere di Commercio dell’Isola, per una riduzione di 1.789 unità (-0,49 per cento). Si parlerà anche di questo oggi alla conferenza stampa “Economia a colazione”, fissata per le 9:30 presso la sede di Unioncamere Sicilia (all’undicesimo piano di via Emerico Amari 11 a Palermo) nell’ambito della decima Giornata dell’economia.
Sarà l’occasione, soprattutto, per presentare un’indagine dell’Osservatorio economico dell’Unioncamere siciliana, “Le aspettative degli imprenditori siciliani per il prossimo semestre”, che prende avvio proprio dai dati di Movimprese, ed è stata coordinata da Matteo Caroli. Si tratta di un’analisi su un campione statisticamente significativo di aziende operanti nell’Isola che presenta le speranze imprenditoriali per la seconda metà del 2012.
“Siamo in presenza – ha commentato il presidente di Unioncamere Sicilia, Giuseppe Pace – di una fase di recessione che colpisce duramente il sistema imprenditoriale locale. L’incertezza dei mercati spinge ad essere più prudenti, soprattutto sul mercato interno, e limita gli investimenti in nuove attività. Allo stesso tempo, molte imprese sono costrette a chiudere schiacciate dal peso fiscale e sempre più in difficoltà con il sistema bancario. A pagarne le conseguenze sono soprattutto i piccoli imprenditori che rappresentato la quasi totalità del tessuto produttivo siciliano. Per questo bisogna mettere in campo tutte le misure necessarie al sostegno delle Pmi, a partire dalle politiche del credito. Solo così si può ridare ossigeno alla Sicilia che produce”.
Questa necessità di sostegno emerge anche dai dati nazionali, resi noti ieri dall’Unione italiana delle Camere di Commercio nel suo rapporto annuale. Stilata sulla base degli indicatori più aggiornati dal territorio, l’indagine ha stimato che quest’anno saranno persi altri 130 mila posti di lavoro, soprattutto tra le piccole e medie imprese, particolarmente quelle con meno di 10 dipendenti. Tutto questo, secondo il rapporto, è dovuto alla contrazione dei consumi, in media del 2,1 per cento, ma che nel Sud Italia può arrivare fino al -2,8 per cento. Anche qui, si acuisce il divario tra un Settentrione che decresce in media meno che il Mezzogiorno: la stima prevede una discesa dell’1,8 per cento, contro una media nazionale di 0,3 punti percentuali più contenuta.
Oltre che dai dati forniti, il punto di forza del rapporto di Unioncamere può essere rappresentato da una serie di proposte illustrate dal presidente Ferruccio Dardanello. Si tratta di idee “rapidamente cantierabili e soprattutto a costo nullo zero le casse dello Stato”, come segnalano dall’Ente nazionale, che vanno dalla possibilità di ammortizzare gli investimenti aggiuntivi in tre anni per rilanciare lo sviluppo a un patto Governo/Camere di commercio per portare sui mercati internazionali altre 10 mila imprese nel prossimo triennio, da una disciplina speciale che impedisca il fallimento delle imprese causato dai ritardi nei pagamenti della Pa a un rinvio dei pagamenti Iva e Irap per i primi due anni di attività delle nuove imprese.