PALERMO – La Sicilia bocciata sul fronte dell’appropriatezza, efficacia ed efficienza dei servizi sanitari. Il dato, emerge dall’ultimo Rapporto Istat 2012, appena pubblicato.
Gli indicatori utilizzati per soddisfare i tre parametri sono stati diversi, tra i quali, il tasso di ospedalizzazione, la mobilità sanitaria, la mortalità evitabile. Quest’ultima, è stata definita dalla letteratura internazionale come l’insieme delle cause di morte per le quali sono riconosciute attività efficaci di prevenzione secondaria o interventi diagnostico-terapeutici, che riducono il rischio di morte se somministrati in maniera appropriata e tempestiva.
Si tratta, quindi, della componente della mortalità che può essere ricondotta all’azione dei servizi sanitari, cioè i decessi prematuri (prima dei 75 anni) che non dovrebbero verificarsi in presenza di cure efficaci e tempestive. Anche in questo caso le regioni con i valori peggiori dell’indicatore sono quasi tutte situate nel Mezzogiorno: in particolare, per gli uomini il tasso di mortalità evitabile per cure sanitarie presenta valori superiori alla media nazionale in tutte le regioni meridionali eccetto la Puglia, mentre per le donne i valori più elevati si registrano in Campania, Puglia, Calabria e Sicilia.
Dall’indagine Istat, emerge che i cittadini siciliani sono insoddisfatti dei servizi sanitari sul piano dell’assistenza, della degenza e dei risultati. Un giudizio negativo che nel dettaglio riguarda i servizi igienici, la professionalità medico-sanitaria, le strutture, le liste d’attesa, il rapporto paziente-medico.
Per quanto riguarda le disuguaglianze nella qualità dei servizi sanitari, il Rapporto Istat evidenzia che nel 2010 il Servizio sanitario nazionale ha speso 111.168 milioni di euro, pari a 1.833 euro pro capite. A livello regionale, si osserva uno scarto di circa 500 euro pro capite tra la provincia autonoma di Bolzano, che spende mediamente 2.191 euro per ogni residente, e la Sicilia, che ne spende 1.690. Il “Patto della salute 2010-2012” aveva stabilito, come parametri di riferimento, una quota pari al cinque per cento delle risorse complessive da destinare all’assistenza collettiva in ambiente di vita e di lavoro, una pari al 51 per cento all’assistenza distrettuale e il restante 44 per cento per l’assistenza ospedaliera.
Rispetto a questa ripartizione delle risorse, solo Piemonte, Emilia-Romagna e Toscana presentano una distribuzione della spesa sanitaria molto prossima ai parametri di riferimento, mentre per le altre regioni le risorse risultano ancora troppo spostate verso l’assistenza ospedaliera (soprattutto Lazio, Abruzzo e Sicilia) a discapito delle attività di promozione della salute e dell’assistenza distrettuale. I principali squilibri tra regioni si osservano, in particolare, per i servizi preposti alla presa in carico di pazienti cronici e alla gestione della post acuzie, in larga misura rivolti agli anziani ed ai disabili.
L’Istat ha utilizzato un indicatore sintetico per appropriatezza, efficacia e soddisfazione servizi
Per caratterizzare i singoli sistemi sanitari regionali rispetto alla qualità dei servizi erogati è stato calcolato un indicatore sintetico per le principali dimensioni della qualità: appropriatezza, efficacia, soddisfazione dei servizi ospedalieri. Dall’analisi congiunta dei tre indicatori sintetici emerge che Piemonte, Valle d’Aosta, provincia autonoma di Trento, Veneto, Emilia-Romagna e Toscana sono le unità territoriali che presentano elevati livelli di qualità in tutte le dimensioni.
All’opposto si collocano Campania e Sicilia, con bassi livelli di qualità in tutte le dimensioni. Le restanti regioni presentano un quadro più variegato come la Lombardia e la Basilicata, con elevati livelli di qualità per due delle tre dimensioni considerate, la provincia autonoma di Bolzano, il Friuli-Venezia Giulia, la Liguria, l’Umbria e le Marche con alti livelli di qualità in una sola delle tre dimensioni. In generale, le regioni del Sud presentano livelli qualitativi dei servizi sanitari inferiori al resto del Paese, con bassi livelli di appropriatezza e di soddisfazione dei servizi ospedalieri e livelli medio bassi di efficacia dei sistemi sanitari regionali.