PALERMO – Tutto pronto per l’avvio del dissalatore sull’isola di Vulcano. Il governo Musumeci ha sbloccato un iter fermo da anni e a breve l’impianto tornerà in funzione. Nei giorni scorsi, la struttura è stata messa temporaneamente in funzione, prospettando così la fine imminente dei disagi dei residenti per l’approvvigionamento idrico. Non appena entrerà a regime, infatti, l’impianto sarà in grado di rendere l’isola delle Eolie autonoma, azzerando la fornitura proveniente dalle navi-cisterna.
Il dissalatore sarà in grado di produrre circa quattrocentomila metri cubi l’anno di acqua, assicurando una portata di circa venticinque litri al secondo. I test hanno avuto esito positivo. I tecnici hanno pure bevuto i primi bicchieri d’acqua e hanno constatato il perfetto funzionamento.
Adesso verranno effettuate le prove “in contraddittorio” tra la Veolia Water Technologies Italia spa, la società capogruppo dell’associazione temporanea di imprese che ha realizzato l’impianto, il dipartimento Acqua e rifiuti della Regione Siciliana e la ditta che effettuerà le analisi.
Successivamente, l’Asp di Messina effettuerà le prove di potabilità per verificare che i valori del liquido erogato rientrino nei parametri previsti dalla legge. Secondo le stime dei tecnici, verosimilmente per la fine di ottobre, pertanto, l’acqua potrà essere immessa in rete.
L’iter per la messa in funzione del dissalatore era bloccato da diversi anni per un contenzioso con la ditta che aveva vinto la gara per il progetto, col rischio di creare danni ambientali ed economici sia ai territori isolani sia alle casse della Regione. La transazione approvata dalla giunta regionale prevede il pagamento di quasi tre milioni di euro e in cambio l’Ati si impegna a rinunciare alle riserve e agli interessi, oltre a provvedere a titolo gratuito alla gestione temporanea per dodici mesi del dissalatore di Vulcano e dei depuratori di Lipari e Vulcano. Una proposta che ha ricevuto il parere favorevole Avvocatura dello Stato e che garantisce un consistente risparmio per le casse regionali, stimabile in oltre 13 milioni di euro.
IL FUTURO NELLA DISSALAZIONE
Attualmente la Sicilia resta una delle poche regioni a contribuire in maniera sostanziosa a quel 0,1% di prelievo nazionale che arriva dalla dissalazione. Nell’Isola, stando agli ultimi dati disponibili rilasciati dall’Istat, il prelievo più importante arriva dai pozzi (419 milioni di metri cubi all’anno), seguito dalle sorgenti (169 milioni) e quindi dai bacini artificiali (113 milioni). La dissalazione delle acque marine o salmastra vale 6,8 milioni, cioè l’1% del totale del prelievo isolano. Per comprendere quanto l’Italia sia indietro in questo processo, è sufficiente ricordare che il basso prelievo siciliano dalla dissalazione vale comunque circa il 90% del totale nazionale.
IL MODELLO ISRAELE
Il modello più riconosciuto è quello di Israele che, dopo la crisi idrica del 2008, ha avviato un programma intenso di sensibilizzazione all’utilizzo, ma anche sistemi di riutilizzo delle acque reflue per l’irrigazione e di potenziamento delle infrastrutture dedicate alla desalinizzazione. Nel 2013 è stato inaugurato l’impianto di Sorek, il più grande del mondo che sorge a pochi chilometri da Tel Aviv e che produce ogni anno 150 milioni di metri cubi di acqua. Prima di questo, tra gli altri, c’erano stati quelli di Askelon (127 milioni di metri cubi), Hadera (140 milioni) e ancora diversi ne sono previsti per il prossimo futuro. Il Paese, che è uno dei pochi dell’area a non patire l’emergenza idrica, ha introdotto tecnologie già esistenti e le ha migliorate sulla base delle proprie esigenze. Gli ultimi dati dicono che circa la metà dell’acqua potabile arriva dalla desalinizzazione, mentre l’obiettivo ambizioso è di puntare al 70% entro il 2050.