ROMA – Aborto. Un tema alla ribalta di queste ultime due settimane, ma che difficilmente avremmo pensato di dover accostare a un altro tema caldo: il Piano nazionale di ripresa e resilienza. La storia è un po’ ingarbugliata: è passato prima alla Camera e poi al Senato il decreto Pnrr da 25 miliardi di euro che, tra le tante misure che prevede (dallo sport alla giustizia fino all’attuazione delle opere), farà entrare gli antiabortisti nei consultori. Ci si divide in due: pro life nei consultori sì, pro life nei consultori no. Ma al di là delle divisioni, c’è un fatto, anzi due. Il primo è che la legge è passata, sia alla Camera che al Senato ed è pronta per essere pubblicata in Gazzetta Ufficiale; il secondo è che per il Governo Meloni questa è una misura urgente.
La norma, che ha raccolto a Palazzo Madama 95 sì e 68 no (oltre un astenuto), prevede la presenza di associazioni antiabortiste nei consultori ai quali si rivolgono le donne che intendono abortire. Le Regioni con questa legge, in pratica, potranno avvalersi delle associazioni pro life – come di fatto è già accaduto in alcune realtà a guida centrodestra (in Piemonte e nel Lazio, ad esempio) – in forza di alcune delibere. A inserire nel decreto sul Pnrr il tema delle norme sull’interruzione volontaria di gravidanza, regolata in Italia dalla legge 194 del 1978, è stato un emendamento del deputato di Fratelli d’Italia Lorenzo Malagola. Nonostante i tentativi di emendamenti soppressivi da parte dell’opposizione, la misura è passata. Secondo l’emendamento le Regioni, nell’organizzare i servizi dei consultori previsti dalla legge 194 – a cui le donne si rivolgono per poter ottenere il certificato medico con il quale accedere all’interruzione volontaria di gravidanza in ospedale – possono “avvalersi, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, anche del coinvolgimento di soggetti del terzo settore che abbiano una qualificata esperienza nel sostegno alla maternità”.
Secondo l’ultima relazione del ministero della Salute, pubblicata nel 2023 e relativa ai dati raccolti durante il 2021, il fenomeno dell’obiezione di coscienza ha riguardato il 63,6% dei ginecologi, il 40,5% degli anestesisti e il 32,8% del personale non medico. Considerata la vittoria storica delle donne in fatto di diritto all’aborto e queste percentuali quasi “bulgare” di dottori che rifiutano di accogliere la libera scelta della donna, possiamo dire che in Italia abortire è ancora difficile. Sempre stando ai dati del 2021, l’associazione Luca Coscioni ha raccontato nella sua indagine “Mai dati!” che in Italia ci sono almeno 15 ospedali in cui il 100% dei ginecologi è obiettore di coscienza e 20 dove si supera l’80%.
Se vogliamo guardare a casa nostra, poi, meglio tapparsi gli occhi: il massimo di obiettori lo abbiamo proprio in Sicilia, con l’85,8%. “Più che parlare di un emendamento che non cambia molto (almeno in teoria) l’articolo 2 della legge 194 – è il commento di Filomena Gallo, segretaria Coscioni, del decreto Pnrr – dovremmo parlare seriamente di alcune questioni davvero decisive: i consultori familiari sono sempre meno e mal finanziati e i cui obiettivi sono vasti e importanti (prevenzione e rete sanitaria); i dati vecchi e non disponibili struttura per struttura; la reale applicazione della 194 per poter correggere malfunzionamenti. Oggi servono i dati per fare questo, per sapere se davvero l’aborto medico è garantito e disponibile”.
Differenze regionali di gestione dell’Ivg ma anche divisioni nazionali sulla questione politica che l’aborto, tutt’ora, porta con sé: essere donna, essere madre, scegliere cosa essere e quando. Alcune Regioni hanno reagito senza mezzi termini, come in Toscana con il deputato Pd Emiliano Fossi: “La norma vuole riportare l’Italia e i diritti delle donne indietro di decenni. L’autodeterminazione femminile non si tocca!”, e ancora per Alessandro Zan (Pd) il Pnrr è stato “Il cavallo di Troia per far entrare nei consultori le associazioni antiabortiste amiche della destra e limitare il diritto all’autodeterminazione delle donne. Stanno cancellando la 194 a colpi di decreto, senza il coraggio di ammetterlo”. Anche il M5s, nella persona di Alessandra Maiorino, ha ripugnato la scelta del Governo: “Una violenza compiuta sulla pelle delle donne, sacrificate sull’altare della più becera e retrograda propaganda di un governo oscurantista”.
Monsignor Antonio Suetta, vescovo di Sanremo-Ventimiglia, ha commentato: “Una norma doverosa. La violenza istituzionale è l’approvazione dell’aborto, che è un omicidio”. Però, anche i medici, storcono il naso di fronte alla scelta o, quantomeno, ricordano che un volontario non ha le competenze di un medico: “Il lavoro di tutte le associazioni di volontariato – spiega in una nota la Società italiana di ginecologia e ostetricia (Sigo) – che dovrebbero, dopo attenta valutazione, collaborare con i consultori non potrà mai vicariare la centralità del lavoro del personale sanitario strutturato che sarà sempre garanzia di equità di approccio, di imparzialità e scientificità di counselling, di correttezza metodologica, di massimo rispetto delle scelte motivate delle donne, di assenza di interferenze, di corretta interpretazione dello spirito della legge 194”.
Nella Regione Lazio le consigliere del Pd hanno già presentato una mozione, lo dice Marta Bonafoni al QdS: “Già anche il M5s ha chiesto di sottoscriverla, non so se in queste ore stanno aderendo anche altri dell’opposizione con cui ormai facciamo fronte comune sull’autodeterminazione delle donne. Non è la prima volta che in Regione i diritti delle donne sono sotto attacco e che si spalancano le porte ai movimenti contro la 194. Nella mozione chiediamo al presidente Rocca di esercitare la propria opposizione in Conferenza Stato-Regioni per far fare passi indietro al Governo rispetto a un emendamento allucinante sia nel merito che nel metodo; chiediamo a Rocca anche di non avvalersi di queste associazioni nei consultori (visto che è concesso non farlo)”.
Secondo la consigliera dem, la mossa del Governo Meloni non stupisce: “Stanno facendo proprio quello che temevamo: hanno detto di non voler toccare la 194, in realtà vogliono svuotarla da dentro esasperando il punto dell’obiezione di coscienza. Nel momento in cui questo Governo non riesce a raggiungere i risultati economici sulla redistribuzione della ricchezza che si era prefisso, si rifugia dentro una torsione identitaria che vede ancora una volta il corpo delle donne sotto attacco. Tutto questo nel momento in cui non si investe in sanità pubblica, anzi. Checchè ne dicano, in cifre assolute, non siamo al passo”.
“Il corpo è mio e decido io”, riecheggiano intanto i cori del movimento femminista Non una di meno, che è già sceso in piazza per protestare e difendere questo storico diritto che è l’aborto. Anche in televisione se ne parla molto. Forse, però, con troppi uomini e poche donne.