PALERMO – In Sicilia si consuma molta acqua minerale, più che nel resto d’Italia. Nel 2023, la quota di persone dagli 11 anni in su che consuma almeno mezzo litro di acqua minerale al giorno è pari all’86,3%, mentre la media nazionale si ferma all’81,8%.
Con questi valori, secondo quanto rilevato dall’Istat nel report “Le statistiche dell’Istat sull’acqua – anni 2020-2023”, la Sicilia si pone nelle prime posizioni tra le regioni italiane, tra due estremi che vanno dal 90,3% dell’Umbria, al 59,3% della provincia autonoma di Bolzano. Per macroterritori, il maggiore consumo di acqua minerale si registra nel Nord-Ovest, dove si arriva all’87,2% e nelle Isole, all’84,8%; quello minore nel Sud, dove ci si ferma al 74,3%.
La rete idrica italiana è controllata e sicura, anche grazie al fatto che l’84,8% dell’acqua potabile proviene da fonti sotterranee, il 20% in più della media europea, e vengono applicati protocolli di trattamento estremamente rigidi. Eppure, c’è ancora diffidenza verso la sicurezza, a discapito dell’enorme produzione di plastica conseguente al consumo dell’acqua in bottiglia.
La scelta di non consumare l’acqua del rubinetto, quindi, nasce dalla mancata fiducia nella sua qualità e nella mancanza di rischi per la salute; tale paura non è omogenea su tutto il territorio nazionale, e trova la maggiore espressione proprio nel Mezzogiorno d’Italia. Nel 2023, le famiglie siciliane che dichiarano di non fidarsi a bere l’acqua di rubinetto sono il 56,3%, il valore più alto registrato nell’intera penisola, seguita dalla Sardegna, al 45,3%, la Calabria, al 41,4%, e dall’Abruzzo, al 35,1%.
La media nazionale si ferma parecchio più in basso dei valori registrati in Sicilia, ad appena il 28,8%, grazie anche alle notevoli differenze sul piano territoriale: si passa dal 18,9% nel Nord-Est al 53,4% nelle Isole. La scelta di non bere l’acqua del rubinetto nasce anche da deficit strutturali, che non permettono una distribuzione dell’acqua regolare e quindi rassicurante per il consumatore.
Ancora nel 2023, la quota di famiglie che lamentano irregolarità nel servizio di erogazione dell’acqua nelle loro abitazioni è pari all’8,9% nell’intera penisola, ma questo valore sale al 29,5% in Sicilia, dove si presentano di frequente problemi, tanto che spesso non è presente l’acqua corrente e le case sono fornite di cisterne per l’accumulo, il che rende ancora più difficile l’utilizzo dell’acqua del rubinetto per uso umano.
I disservizi arrivano addirittura al 38,7% in Calabria, mentre è diametralmente opposta la situazione nel Nord-Ovest, dove ci si ferma al 3,1%, e nel Nord-Est, al 2,6%. Queste difficoltà trovano un riscontro nella valutazione dell’adeguatezza di costi del servizio: oltre la metà delle famiglie (55,7%) valuta adeguati i costi sostenuti, mentre oltre una su tre (il 37,2%) li giudica elevati.
L’insoddisfazione per l’entità della spesa è più diffusa nelle Isole, dove si arriva al 53,3%, nel Sud e nel Centro, al 41%, mentre è più contenuta nel Nord-Ovest, al 31,8% e nel Nord-Est, al 27,8%. In ogni caso, gli italiani sono tra i maggiori consumatori di acque minerali.
In Italia, secondo le stime di Mineracqua, la federazione italiana delle industrie delle acque minerali e naturali e delle acque di sorgente, il consumo di acqua liscia è pari al 69%, il 17% è quello dell’acqua frizzante e il 14% sono acque effervescenti naturali. Sotto il profilo del prezzo, l’Italia è il paese in cui costa meno, circa 22 centesimi a litri, contro i 73 del Regno Unito, i 30 centesimi della Francia e i 36 centesimi della Germania.