In questi giorni si è alzata la solita polemica politica non appena il governo Draghi ha comunicato di voler inserire nella riforma fiscale – indispensabile per ottenere i fondi del Pnrr – la trasformazione del calcolo dell’Imu, anziché sui vani catastali, sui metri quadrati di ogni immobile.
La protesta è del tutto ingiustificata perché è logico che il calcolo dell’imposta debba essere fatto sui metri quadrati e non sui vani in quanto questi ultimi possono essere di dieci metri quadrati o di cinquanta.
Pretestuosa la protesta quando afferma che il cambio di calcolo (ripetiamo, da vani a metri quadrati) farebbe aumentare il gravame sui proprietari (persone fisiche ed imprese).
La questione è risibile perché basta rimodulare le aliquote con il risultato di avere poche differenze e, nella sostanza, non aumentare il peso fiscale, salvo nel caso di un riequilibrio dell’imposta da pagare.
Altra protesta pretestuosa riguarda il fatto che il cambio di calcolo (ripetiamo ancora, da vani a metri quadrati) farebbe lievitare l’Isee dei proprietari. Perché? Per la semplice ragione che anche qui la differenza può essere annullata o ridotta adottando cifre perequative.
È ovvio che alcune storture andrebbero rimesse a posto, evitando squilibri ed iniquità che l’attuale sistema di calcolo in base ai vani comporta, danneggiando alcuni cittadini e imprese e favorendone altri.
Ulteriore pretestuosa protesta riguarda l’eventuale aumento di gettito e quindi di pressione fiscale. Ricordiamo che i proprietari di prime case, salvo alcune extra lusso, non pagano l’Imu. Per tutti gli altri vi è un’esenzione completa. Quindi, ben venga la riforma del catasto, purché su base oggettiva ed equa.
La vera questione, invece, riguarda gli evasori che sono rintanati nei loro nascondigli e che non ne vogliono sapere di pagare adeguatamente le imposte dovute allo Stato.
Questi evasori, molti dei quali incalliti, proprietari di immobili, affittano a lungo termine o a breve termine o a giorni, non dichiarando i relativi introiti. Cosicché l’evasione è totale. Almeno paghino l’Imu.
Vi è poi l’annosa questione della Tari, cioè la tassa per la raccolta ed il trattamento dei rifiuti. Sembra che quasi la metà della popolazione o non la paghi o cerchi di non pagarla, procrastinandone il versamento.
Più volte si è discusso di intervenire drasticamente, come fu a suo tempo con una azione riguardante il canone radio-televisivo, inserendola nella bolletta. Noi siamo favorevoli a questo inserimento, come anche all’inserimento dell’Imu in bolletta, quindi insieme agli altri pagamenti.
Spieghiamo perché siamo favorevoli. Perché a fronte di tantissimi italiani che sono puntuali e pagano le tasse, comportandosi in modo civile, ve ne sono tanti altri che si comportano in modo incivile non versando le imposte. Si tratta degli evasori, molti dei quali sono incalliti perché ripetono l’evasione tutti gli anni, sfidando la probabilità di non essere scoperti, se non per puro caso.
La questione dell’evasione tributaria è di rilievo civile perché comporta una forte iniquità tra chi è in regola con le istituzioni e chi non lo è per niente. Ma ambedue le categorie usufruiscono dei servizi dello Stato, primo dei quali quello della sanità, prescindendo dalla loro regolarità contributiva. Ecco perché l’attuazione dell’articolo 32 della Costituzione (Diritto alla salute) dovrebbe essere correlato con l’articolo 53 della stessa Costituzione: il dovere di pagare le imposte secondo la propria capacità contributiva, in modo progressivo.
In altri termini, quando si chiede l’assistenza sanitaria, salvo casi urgenti, il servizio dovrebbe chiedere l’esibizione del Patentino del buon contribuente, cioè di chi ha pagato Irpef, Tari, Imu e quant’altro dovuto alle Istituzioni.
Insomma, bisogna scuotere l’albero per fare cadere i frutti ed il Governo ha il dovere di attuare qualunque iniziativa atta a far sì che tutti facciano il proprio dovere contributivo.
Non è una giustificazione poi valutare come le entrate pubbliche siano mal spese. Ne riparleremo successivamente.