Politica

Afghanistan, accoglienza, chi apre le braccia e chi le chiude

Quanto avvenuto in Afghanistan sta producendo effetti in tutto il mondo.

Gli Stati Uniti d’America hanno già accolto quasi duemila civili afghani e hanno stanziato mezzo miliardo di dollari per i rifugiati.
Dal canto suo, il Regno Unito ha annunciato che ne accoglierà ventimila, ma l’Unione europea prevede che possa essere ben più alto il numero delle persone in cerca di protezione.

L’Europa vuole evitare in ogni modo una crisi umanitaria, anche dialogando con i talebani, e Angela Merkel e Mario Draghi hanno concordato sulla necessità di aiutare i più vulnerabili, a cominciare dalle donne.

“L’Europa sarà all’altezza”, ha assicurato il presidente del Consiglio italiano.

L'”umanità condizionata”

Ma, se l’Anci si è già mobilitato e i sindaci italiani si dicono “pronti ad accogliere”, una certa propaganda di destra è già al lavoro, fomentando paure e odio e propugnando un’idea di “umanità condizionata” che a quanto pare rende molto a livello elettorale.

“Accogliere in Italia alcune decine di persone che hanno collaborato con la nostra ambasciata – ha dichiarato ieri a Messina il capo della Lega Matteo Salvini – mi sembra doveroso, ma che nessuno ci venga a parlare di accogliere decine di migliaia di afgani”.

“In Italia – ha poi aggiunto, come se lo avesse fatto lui – abbiamo già accolto trentacinquemila clandestini, gli altri Paesi europei facciano il loro”.

Ancora una volta scarico di responsabilità, chiusura al dialogo e tendenza a girarsi dall’altra parte di fronte ai problemi, come quando, da ministro dell’Interno, propalava la bufala dei porti chiusi – in un’Italia con 3.800 chilometri di coste -, mentre il sindaco di Lampedusa denunciava il continuo stillicidio degli sbarchi.

Mobilitazione nazionale dal Pd

Ma c’è anche chi, come la segreteria del Pd, sta lavorando a una “grande mobilitazione nazionale” per l’accoglienza dall’Afghanistan.

“Credo che in questo momento – ha affermato il segretario, Enrico Letta – il nostro Paese debba veramente dare il meglio di sé come ha fatto in tante altre occasioni in questi decenni, soprattutto perché non possiamo lasciare la società afghana in preda a chi vuole farla tornare al Medio Evo. Soprattutto si tratta di capire in questi giorni se agli annunci seguiranno effettivamente fatti concreti da parte di chi ha preso il potere a Kabul. Non è chiaro quello che sta succedendo e che succederà ma credo che questo sia il punto essenziale”.

E Draghi ha rassicurato: “L’opera di rimpatrio dei diplomatici, dei militari, dei collaboratori afghani continua”, anche se il caos nell’aeroporto di Kabul ha costretto rivedere il timing del piano di evacuazione messo a punto dal nostro Ministero della Difesa.

“Sul campo – ha osservato Draghi – ci sono ancora delle squadre militari e dei diplomatici (molto pochi) che dovranno aiutare l’evacuazione di altri nostri concittadini che sono lì e dei collaboratori afghani e delle loro famiglie quando le condizioni lo permetteranno. Voglio ringraziare tutte queste persone per il loro coraggio e la dedizione con cui svolgono il loro compito”.

Il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, ha annunciato per i prossimi giorni “un’iniziativa coordinata a livello internazionale per assicurare voli umanitari e far sì che all’emergenza si sostituisca un processo organizzato”.

Piano di evacuazione in aggiornamento

Al Piano di evacuazione – in continuo aggiornamento visto la situazione caotica all’aeroporto della capitale afghana – lavora il Comando operativo di vertice interforze, che ha inviato un’aliquota di specialisti del Joint Force Headquarter (Jfhq) per garantire un’adeguata cornice di sicurezza alle operazioni. Sono gli Usa, che hanno preso il controllo dello scalo militare, ad assegnare gli slot per i vari voli in partenza e gli americani sono anche quelli che hanno il maggior numero di persone da ‘esfiltrare’ dal Paese: tra i cinque e i novemila al giorno, secondo il programma del Pentagono.

Più modesti i numeri dell’Italia. Sono circa duemila i collaboratori afghani e famiglie che hanno chiesto di andar via dal proprio Paese. E con l’operazione Aquila sono arrivati in Italia già in 250.

Sono state accelerate – visto il precipitare degli eventi negli ultimi giorni – le procedure burocratiche per l’assegnazione del permesso umanitario a chi fugge dal regime talebano. Ma ora la difficoltà è far arrivare queste persone in aeroporto passando i vari check-point attivati dai nuovi padroni della città che non hanno certo un atteggiamento benevolo verso chi ha collaborato con gli occidentali.

L’Anci pronto ad accogliere

Gli afghani già in Italia sono stati inseriti nel Sistema di accoglienza ed integrazione e per gli eventuali nuovi arrivi “i sindaci sono pronti a fare la loro parte. Non c’è tempo da perdere”. è stato il messaggio dell’Anci al ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese.

Se, ha spiegati il delegato all’Immigrazione Matteo Biffoni, ci sarà “l’ampliamento della capacità di accoglienza diffusa sul territorio, con risorse mirate per l’emergenza in corso, noi potremmo ripetere l’esperienza fatta già dal 2014 con l’inserimento dei collaboratori di missioni italiane nella rete Sai”.

La mobilitazione di Roma, Milano, Firenze e Bologna

La sindaco di Roma, Virginia Raggi, da parte sua, ha scritto al ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, dicendosi “pronta a sostenere gli eventuali sforzi volti a istituire immediatamente corridoi umanitari”, mettendo a disposizione “le strutture comunali per contribuire alla accoglienza dei rifugiati, delle donne, degli studenti e delle studentesse, dei bambini e di chi è in procinto di essere rimpatriato”.

Si è mobilitato anche il sindaco di Milano, Giuseppe Sala.

“Stiamo prendendo contatto – ha informato – con le ong che operano a Milano e che, in alcuni casi, hanno esperienza diretta in Afghanistan. Allo stesso tempo ci stiamo preparando con i nostri servizi sociali a gestire l’accoglienza dei profughi che dovessero essere indirizzati sul territorio milanese”. Analoga disponibilità da Firenze e Bologna.

La frenata dei leghisti veneti

Una frenata è arrivata invece da Mario Conte, presidente, leghista ovviamente, di Anci Veneto.

“I nostri sindaci – ha detto – sono pronti a fare la loro parte, ma allo stesso tempo non possiamo permettere che questa emergenza umanitaria venga scaricata sui territori e sulle comunità”.

“Umanità condizionata”, appunto.