Agricoltura

Agricoltura bio, il paradosso siciliano: big produttivo ma consumatore assente

La Sicilia è la prima regione italiana per numero di ettari dedicati all‘agricoltura biologica: oltre 410 mila su un totale di 2,4 milioni. Numeri importanti che permettono al Paese di raggiungere gli standard di coltivazione bio richiesti dall’Unione Europea con il piano “Farm to Fork”. Gli alti costi del prodotto finale – in larga parte relegato all’export – rendono complicato l’acquisto per le stesse famiglie siciliane. L’ennesimo paradosso dell’Isola. A fare luce sul caso è l’ultimo rapporto pubblicato da Asmea.
Con un sesto della superficie di tutto il Paese a disposizione del segmento produttivo, la Sicilia impegna oltre 14 mila operatori nel settore dell’agricoltura biologica. Di fatto, con la possibilità di rivestire un ruolo chiave nelle possibilità di espansione del mercato in direzione dell’Europa e del mondo. I siciliani, però, continuano a preferire alimenti convenzionali.

Un paradosso tutto siciliano

In Italia, la spesa complessiva per prodotti biologici ha raggiunto nel 2023 quasi i 4 miliardi di euro, ma la quota di mercato dei prodotti bio sul totale degli acquisti alimentari è scesa al 3,5%. Questo calo, pur in presenza di un aumento della spesa totale, è attribuibile all’inflazione che, anche se in lieve rallentamento, continua a ridurre il potere d’acquisto delle famiglie. Secondo il rapporto “Bio in Cifre 2024”, stilato dall’Ismea in collaborazione con il Centro di studi mediterranei di Bari, i siciliani occupano gli ultimi posti in Italia per l’acquisto di prodotti biologici. Le statistiche parlano chiaro: i prodotti bio sono ammontano solo al 12% della spesa nazionale a fronte di un 22% per quelli convenzionali. Il Nord, con un mercato più florido e una maggiore capacità di spesa, assorbe oltre il 60% del consumo di bio del Paese con una spesa che supera il miliardo e 200 milioni di euro l’anno. A seguire l’area Centro e la Sardegna, che arriva al 26,4%, a braccetto con il Nord-Est (27,5%). Questo squilibrio, secondo gli esperti, deriva principalmente dal minor potere d’acquisto delle famiglie siciliane. Molti preferiscono prodotti alimentari a basso costo, spesso meno sostenibili ma più accessibili economicamente. Il trend rende la Sicilia una regione che produce eccellenze per esportarle altrove, privando i suoi stessi abitanti dei benefici diretti di un’alimentazione biologica locale, con valori nutritivi di primissimo livello.

Cosa si coltiva?

La Sicilia si distingue in numerose produzioni biologiche di qualità. È leader nazionale per cereali con oltre 56 mila ettari coltivati, seguita dall’uva da vino con 33 mila ettari, dagli agrumi con 18.500 ettari e dalla frutta secca con 16 mila ettari. Anche il settore zootecnico biologico è importante, con 133 mila ettari di pascoli, essenziali per la produzione di carne bio. Il foraggio, l’olivo e le colture proteiche, come le leguminose, completano un quadro agricolo diversificato e in forte espansione. Questi numeri fanno della Sicilia un vero e proprio laboratorio del bio, con prodotti riconosciuti e richiesti in tutta Europa.
Stando ai report, il settore ortofrutticolo domina le vendite di prodotti bio (43,5%). Crescono i latticini biologici (882 milioni di euro), ma anche i cereali, gli oli vegetali, le uova e le bevande analcoliche, mentre diminuiscono i consumi di carne e salumi, con cali del 9,5% e dell’11,4% rispettivamente. Il vino biologico, invece, dopo una fase di contrazione, ha recuperato terreno con un incremento della spesa del 6,9%.
Questi dati confermano che, nonostante l’aumento della domanda per alcune categorie di prodotti, altre, come frutta e verdura, soffrono maggiormente l’impatto del caro prezzi, penalizzando il settore che rappresenta la spina dorsale dell’agricoltura biologica.

Crescita e sfide burocratiche

Nonostante la Sicilia abbia registrato un aumento delle superfici biologiche (+6,7% rispetto al 2022), il settore continua a scontrarsi con pesanti difficoltà burocratiche. Il ritardo nell’avvio di bandi legati ai fondi per l’agricoltura biologica nella programmazione 2023-27 ha rallentato l’adesione degli operatori al sistema di certificazione bio. Le procedure burocratiche, spesso complesse e lente, rappresentano una delle principali barriere allo sviluppo del settore, come evidenziato anche da Confagricoltura.

GDO dominatrice del mercato bio

Un altro elemento significativo riguarda i canali di vendita. La Grande distribuzione organizzata (GDO) si conferma il principale attore nel mercato del biologico, con il 65% della quota di mercato e un fatturato di 2,5 miliardi di euro nel 2023. Anche i discount stanno guadagnando terreno, con un incremento del 7%, raggiungendo un fatturato di oltre 548 milioni di euro.
Questo dato avvalora le teorie secondo le quali il fattore prezzo risulti determinante nella scelta del canale d’acquisto, spingendo i consumatori a orientarsi verso punti vendita più economici, a scapito dei negozi tradizionali, che vedono una riduzione della loro quota di mercato e più di qualche domanda da porsi in prospettiva futura.

Fare squadra contro la concorrenza sleale

La competizione internazionale rappresenta un’altra minaccia per l’espansione dell’agricoltura biologica siciliana. Molti Paesi esteri non rispettano gli stessi standard qualitativi imposti dalle normative europee, il che comporta l’ingresso sul mercato di prodotti biologici a prezzi più bassi, al netto di una qualità inferiore. L’Italia punta a destinare il 25% della superficie agricola utilizzata al biologico entro il 2030, in linea con la strategia “Farm to Fork” dell’Unione Europea. Con un’incidenza attuale del 19,8%, il traguardo è a portata di mano, ma solo se saranno adottate misure concrete per sostenere il settore.

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