Nel Mezzogiorno d’Italia vivono circa 21 milioni di cittadini tra i quali solo 6 milioni lavorano (la cifra include anche i lavoratori in nero, anche se per questi si può parlare solo di stima). Se al Sud vi fosse lo stesso tasso di occupazione che si registra, ad esempio, in Emilia Romagna, gli occupati dovrebbero essere circa 9 milioni, vale a dire 3 milioni in più di quelli che ci sono attualmente. Insomma, volendo essere schematici, ci mancano 3 milioni di posti di lavoro, che certamente non si possono realizzare dall’oggi al domani, soprattutto in assenza di servizi e di infrastrutture adeguate.
Poiché, quindi, il lavoro non si inventa dal nulla, né possiamo pensare che i cittadini del Sud possano fare i mantenuti a vita, è necessario che, in questa area del Paese, si investa in maniera cospicua per creare le infrastrutture, le reti ed i servizi indispensabili a favorire gli insediamenti produttivi capaci di creare sviluppo e lavoro veri, non certo solo salari di sussistenza privi di qualsiasi, sia pur minimo, corrispettivo.
Né possiamo pensare che la favola dei cosiddetti “navigator”, che dovevano trovare lavoro a tutti i percettori del reddito di cittadinanza possa continuare ancora ad essere creduta a lungo.
Insomma, 3 milioni di posti di lavoro non sono pochi, ma se venisse elaborato e varato un piano di investimenti aventi alla base la realizzazione di una serie di opere pubbliche destinate alla produzione l’obiettivo potrebbe non essere lontano.
D’altra parte il Covid ci ha insegnato che non si può vivere di solo turismo, dato che a fermarlo basta un virus, e la nave della “Evergreen” insabbiatasi nel canale di Suez, provocandone il blocco per alcuni giorni, ci ha insegnato che la logistica è fondamentale per qualsiasi tipo di modello di crescita, soprattutto in un contesto macroeconomico globale.
Ecco, la Sicilia e il Mezzogiorno, per la posizione geografica in cui si trovano e per le condizioni climatiche che presentano, costituiscono una piattaforma logistica naturale per gli scambi commerciali tra l’Oriente e l’Europa, ma vanno attrezzati.
Ove una simile previsione venisse corroborata e sostenuta da un piano di opere pubbliche mirante a potenziare la rete stradale, autostradale, ferroviaria, soprattutto ad alta velocità, e portuale, oltre che con la rapida realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina, almeno un terzo di quei tre milioni di posti di lavoro, forse persino di più ,verrebbero assorbiti proprio dalla logistica.
Ma non è tutto, poiché un altro milione di posti di lavoro verrebbe realizzato ed assorbito dalle industrie di trasformazione delle materie prime che sarebbero costantemente scaricate nei porti del Mediterraneo: a Gela, ad Augusta, a Catania, a Palermo, a Gioia Tauro, a Napoli, a Taranto, ecc. e da lì inviate nei mercati del centro e del nord Europa. E neanche questo è tutto, dato che il rimanente milione di posti di lavoro troverebbe spazio nel conseguente incremento turistico e agricolo legato, direttamente o indirettamente, all’incremento dei traffici commerciali ed alle attività industriali di cui si è detto.
Tutto questo non ha bisogno di particolari spiegazioni, non ha bisogno di particolari supporti o di chissà quanti milioni da investire in studi statistici, ha solo bisogno di un pizzico di buonsenso, di tanta buona volontà e di tantissima passione per questa martoriata parte d’Italia che non può più aspettare un solo giorno di più, né può continuare a credere ad una classe politica palesemente inadeguata.
Anche i parlamentari ben scelti e preparati costituiscono una sorta di capitale sociale, dunque bisogna ben sceglierlo e ben formarlo. Purtroppo non mi sembra che si stia provvedendo in tal senso.