L’alcol, un “nemico” invisibile, volatile e di cui se ne parla veramente poco riguardo i rischi (tanti) e i benefici (pochi) per la salute. Per questo motivo, aprile è il mese dedicato alla prevenzione alcologica, un mese per conoscere ed evitare le conseguenze derivanti dall’uso e soprattutto abuso di sostanze alcoliche e per discutere dell’alcol come problema di portata mondiale ormai. Il consumo di alcol è un fattore di rischio per la salute e rappresenta la terza causa di morte prematura. Il fenomeno relativo al consumo di bevande alcoliche, in Italia, sta mostrando un profilo nuovo rispetto agli ultimi decenni. A fronte di una riduzione del consumo di vino durante i pasti, si registra un progressivo aumento di consumo di bevande alcoliche occasionale al di fuori dei pasti e resta allarmante nei giovani il fenomeno del binge drinking (ossia il consumo di più di 5/6 UA in un’unica occasione). Questo fenomeno causa non solo danni alla salute, ma anche problemi legati alla sicurezza, soprattutto in riferimento all’incidentalità stradale, all’esposizione a situazioni di rischio e agli infortuni sul lavoro.
L’utilizzo delle bevande alcoliche, vino e birra, è antichissimo. Si stima che già le popolazioni preistoriche facessero uso di bevande alcoliche derivate dalla fermentazione della frutta. Verosimilmente si trattò di scoperte casuali legate a fenomeni di fermentazione naturale su residui di frutta avariata, dimenticati all’interno dei contenitori dell’epoca. All’avvio dell’agricoltura e dei processi di coltivazione dei cereali si deve lo sviluppo della Birra: tavolette mesopotamiche antiche 6000 anni riportano ricette illustrate per la produzione di questa bevanda alcolica. La tecnica di coltivazione della vite giunse in Italia probabilmente intorno al primo millennio A.C. prima in Sicilia, ad opera dei Fenici e poi in Italia centro-settentrionale ad opera degli Etruschi. La penisola si dimostrò adattissima alla coltivazione della vite, che si diffuse rapidamente.
Il 2020, primo anno di pandemia, ha rappresentato un’esperienza estremamente complessa e di forte impatto sulle persone e sui comportamenti a rischio. Il consumo di alcol è stato spesso un “sollievo”, la canalizzazione di un disagio e di una sofferenza, in particolare per chi presentava già in precedenza un consumo esagerato di alcol. Ogni giorno nei Paesi UE circa 800 persone muoiono per cause attribuibili all’alcol. In Italia le stime indicano in 17.000 i decessi annuali, evitabili, causati dall’alcol: in media 50 persone al giorno.
I consumatori a rischio, secondo l’Istituto Superiore di Sanità, sono stati nel 2020 il 22,9% degli uomini e il 9,4% delle donne di età superiore a 11 anni, ovvero oltre 8.600.000 persone. La fascia di popolazione più a rischio è quella fra i 16 e i 17 anni (maschi, 43,8%; femmine, 40,5%), seguita dagli anziani ultra 65enni. Sono quindi circa 800.000 i minorenni e 2.600.000 gli ultra 65enni da considerare a rischio per patologie e problematiche alcol-correlate. L’Oms stima in 25 miliardi di euro l’anno i costi sociali e sanitari dell’impatto dell’alcol per il nostro Paese… una manovra finanziaria.
“Nel 2016, anno di cui si dispone la mortalità registrata per tutti gli Stati dell’Unione Europea, l’alcol è stato responsabile del 5,5% di tutti i decessi registrati – ha detto al QdS il prof. Massimiliano Berretta, oncologo medico presso il Dipartimento di Medicina clinica e sperimentale del Policlinico ‘G. Martino’ dell’Università di Messina -, per un totale di quasi 300 mila persone morte, in gran parte e prevalentemente per cancro (29% dei decessi attribuibili all’alcol), cirrosi epatica (20%), malattie cardiovascolari (19%) e lesioni (18%). Questi numeri, così come confermato anche dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), sono sovrapponibili a quanto accade in Italia, dove i decessi attribuibili all’alcol rappresentano la prima causa di mortalità tra i giovani con età fino a 29 anni e riconducibile all’incidentalità stradale. Quest’ultimo triste dato è confermato anche in Ue”.
I dati italiani sono stati presentati anche nel Rapporto Istisan ‘Epidemiologia e monitoraggio alcol-correlato in Italia e nelle Regioni’ e con il supporto dell’Osservatorio Nazionale Alcol sull’impatto del consumo di alcol ai fini dell’implementazione delle attività del Piano Nazionale Alcol e Salute, “Rapporto 2020”, pubblicato dall’ISS a giugno dello stesso anno. L’Osservatorio nazionale alcol studia, monitora ed analizza annualmente i dati statistici nazionali sul consumo di alcol e successivamente li invia al Ministero della Salute che provvede a trasmetterli alla World Health Organization (WHO).
Le conseguenze negative del consumo di alcol sulla salute sono molteplici. Nella Classificazione internazionale delle malattie (10ª revisione) più di 30 categorie riguardano condizioni totalmente alcol-attribuibili ma sono oltre 200 le condizioni anche parzialmente attribuibili che raddoppiano nei fatti il carico di mortalità causato dall’alcol, e tra queste almeno 12 tipi di cancro. I danni alcol-correlati non coinvolgono i soli consumatori; sempre più frequentemente le conseguenze del consumo di alcol si ripercuotono sulle famiglie e sulla comunità in generale a causa del deterioramento delle relazioni personali e di lavoro, dei comportamenti criminali (come per esempio vandalismo e violenza), della perdita di produttività e dei costi a carico dell’assistenza sanitaria.
“L’alcol è anche causa diretta e concomitante (associazione al fumo di sigaretta) di alcuni tumori maligni – ha continuato il medico -, come il tumore dell’orofaringe, della laringe, dell’esofago, del fegato e di altri parzialmente alcol-attribuibili come quello del colon-retto e della mammella. Non dimentichiamo che lo Iarc ha classificato l’acol come sostanza appartenente al gruppo 1 e quindi sicuramente cancerogeno per l’uomo. Oltre alle patologie relative all’apparato gastroenterico (esofagite, gastrite, steatosi, epatite acuta e cronica, cirrosi epatica, pancreatiti e tumori) e del sistema nervoso centrale e periferico (atrofia cerebrale, polinevriti), altri sistemi risultano coinvolti, quali il cardiovascolare (infarto miocardico, tromboflebiti, vasculiti), l’immunitario (difese immunitarie più deboli) e l’endocrino-riproduttivo (infertilità, impotenza, diminuzione del desiderio sessuale, alterazioni ormonali), talora in modo irreversibile”.
“Da non dimenticare l’esposizione prenatale all’alcol. Il consumo di alcol in gravidanza è associato a una vasta gamma di danni al feto e al bambino quali l’aborto spontaneo, la natimortalità, la sindrome della morte improvvisa in culla, il parto pretermine, alcune malformazioni congenite, il basso peso alla nascita, il ritardo di sviluppo intrauterino e una serie di disordini racchiusi dal termine ‘Spettro dei disordini feto-alcolici – Fetal Alcohol Spectrum Disorders (FASD)’ a partire dalla manifestazione più grave, la Sindrome Feto-Alcolica (Fetal Alcohol Syndrome, FAS), una serie di anomalie strutturali e di sviluppo neurologico che comportano gravi disabilità comportamentali e neuro-cognitive”.
Inoltre, come si evince da una ricerca condotta dall’Istituto di neurobiologia e medicina molecolare del Cnr di Roma, il consumo di alcol in gravidanza è una delle cause maggiori di ritardo mentale dei bambini nei Paesi occidentali. Attraversando la placenta, l’etanolo può compromettere la crescita e il peso del feto, provocando danni permanenti al sistema nervoso centrale, con sottosviluppo e malformazione delle cellule e della struttura del cervello e conseguenze a livello funzionale e cognitivo (scarsa memoria, deficit di attenzione e comportamenti impulsivi).
Guardando le statistiche pubblicate, i più alti tassi di consumo di alcol sembrano essere concentrati in Europa e in altri luoghi dell’emisfero settentrionale del globo. I tassi più alti si possono vedere in paesi come la Bielorussia, la Lituania, la Repubblica Ceca, l’Irlanda e la Francia. Allo stesso tempo Paesi asiatici e africani hanno tassi di consumo molto più bassi.
“Il numero di consumatori fuori pasto, di consumatori a rischio e di binge drinkers (consumatori che bevono per ubriacarsi) non mostra battute di arresto, anzi si consolida – ha stigmatizzato Berretta -. Purtroppo sono insufficienti le iniziative, i programmi e le azioni di prevenzione istituzionali. Alcune forme di comunicazione, ambigue ed equivoche, rivolte ai più giovani e tese alla diffusione d’iniziative da più parti segnalate come incongrue per l’età e per la violazione di norme e cultura di tutela, quali, tra le altre, quelle sul cosiddetto ‘bevi responsabilmente’, promosse da alcuni settori della produzione di alcolici, confondono, e non poco, il pubblico”.
Non esiste un limite di sicurezza per il consumo di alcol, non c’è una quantità minima sotto la quale il rischio si azzera, ma appare evidente che tanto più elevato è il consumo, tanto maggiori sono i problemi. “Bevi responsabilmente”, dunque, trae spesso in inganno. Il messaggio dovrebbe essere “Meno è meglio. Ma zero è l’ottimo”.
“Non credo, nel 2022, serva fare un passo indietro ritornando all’era del proibizionismo, così come accadde negli Stati Uniti durante gli anni ’20 del Novecento – ha concluso Massimiliano Berretta -. Si dovrebbe considerare la Scuola come un ambiente privilegiato per attivare politiche di promozione della salute e del benessere della collettività. I giovani, grazie ai docenti e alle famiglie, dovrebbero partecipare a percorsi informativi e formativi per evitare comportamenti sbagliati e promuovere dei corretti stili di vita. ‘Salute e benessere’ dovrebbe diventare una nuova materia di insegnamento in tutte le scuole”.
La necessità di invertire la tendenza all’aumento del consumo pro capite di alcol e con esso quello dei consumatori a rischio richiede politiche di prevenzione e programmazione convinte e più incisive e dedicate, azioni e investimenti in grado di poter sostenere e garantire il raggiungimento degli obiettivi da conseguire mirando all’agenda globale per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite in cui l’Italia ha necessità di esprimere il massimo impegno, se vorrà vedere realizzati, nei prossimi anni, gli obiettivi di salute e di benessere condivisi.