“Passioni e illusioni” è il fil rouge che unisce i tre testi scelti per la stagione Inda 2024 – l’Aiace di Sofocle, Fedra Ippolito portatore di corona di Euripide e il Miles Gloriosus di Plauto – e portati in scena nel suggestivo Teatro Greco di Siracusa dal 10 maggio al 29 giugno.
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Nella Fedra messa in piedi dal regista Paul Curran – la cui prima è andata in scena ieri – la dea dell’amore, Afrodite, apre la tragedia e la dea della caccia, Artemide, la conclude, ma al centro della narrazione non stanno gli dei, bensì la passione umana, assoluta e divorante, di Fedra per il figliastro, Ippolito.
Fedra, rappresentata dall’attrice Alessandra Salamida, tace il proprio amore e si consuma, rivelandolo soltanto alla fine alla nutrice, la quale parla invano a Ippolito, furioso e sprezzante. L’epilogo è – e non potrebbe essere altrimenti, trattandosi di una tragedia – drammatico: Fedra si impicca, lasciando uno scritto in cui accusa il figliastro di stupro. Il marito, Teseo, provoca allora la morte di Ippolito, riabilitato in punto di morte dalla stessa Artemide.
“Fedra, come Medea, proviene da un mondo altro, che è l’impero di Creta, anche se diversamente da Medea, non ha compiuto fatti gravi: il suo sangue è però già contaminato da un’eredità funesta, da una trasgressione compiuta da sua madre Pasifae, che unendosi a un toro, generò il Minotauro. Questo particolare è importante, perché se è vero che Fedra viene colpita da Afrodite per punire Ippolito, è anche vero che – e lo dice lei stessa nella battuta ‘La mia infelicità viene da lontano’ – la sua vita è macchiata da una colpa legata alla sua famiglia, alle sue origini. Tornando alla storia, Fedra, moglie di Teseo, si innamora del figlio del marito, Ippolito, e comincia a nutrire per lui una passione proibita. Questa – viene detto all’inizio del dramma – è una punizione di Afrodite. La passione che non riesce a reprimere trapela fin dall’inizio, dal fatto che si dice che digiuni da tre giorni ed anche dalle parole deliranti che pronuncia. Fedra è una donna che non può sottrarsi alla passione che la devasta. Il manifestarsi dell’amore diventa per lei un vento traumatico che le genera un dolore che arriverà a trafiggerle, oltre l’anima, anche il corpo perché deciderà di uccidersi. In lei l’amore diventa un percorso che la conduce alla morte. Per me rappresenta il conflitto insanabile tra il tentativo di repressione che lei stessa cerca di attuare su questa passione, perché preoccupata del proprio onore e della rispettabilità dei suoi figli, e l’ossessione erotica e della mente che continua ad emergere sia dal suo comportamento frenetico in scena, che dalle parole che si lascia sfuggire senza riuscire a controllarsi. La mia interpretazione sarà volta…”
L’intervista completa in edicola giovedì 16 maggio.