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Alessandro Albanese: “Le riforme di Giustizia e Pa essenziali per la ripartenza”

Alessandro Albanese, classe 1965, è diplomato ragioniere e perito commerciale. Dal 2001 al 2011, ha ricoperto il ruolo di presidente del Consorzio Asi di Palermo, mentre dal 2005 al 2013 è stato membro del Consiglio di amministrazione della Società interporti siciliani, divenendone amministratore unico dal 2016 al 2018. Dal 2017 è presidente delle Camere di Commercio unite di Palermo ed Enna. È stato presidente di Confindustria Palermo dal 2010, mentre dal 2017 lo è di Confindustria Sicilia.

Intervistato dal direttore Carlo Alberto Tregua, dal vice direttore Raffaella Tregua e dal vice presidente Filippo Anastasi, il presidente di Confindustria Sicilia, Alessandro Albanese, risponde alle domande del QdS.

Che cosa si può fare per risolvere la crisi in atto nella nostra regione?
“La prospettiva è che non abbiamo speranze, se la classe dirigente nel complesso non si dà una mossa. In particolare, se la politica non si muoverà su due fronti principali non avremo speranze: il primo riguarda la riforma della Giustizia, che condiziona tutto. I tempi sono talmente dilatati che scoraggiano il ricorso alla giustizia, senza parlare di quella civile e della fase fallimentare che dura anni. Non c’è certezza del diritto e ciò scoraggia gli imprenditori e abbassa la nostra credibilità. Il secondo fronte è la riforma della Pubblica amministrazione per aver riconosciuto il diritto dei tempi certi nelle autorizzazioni. A Palermo ci sono tredicimila pratiche bloccate, non c’è il funzionario e l’autorizzazione sarà, in questo modo, negata. Occorre una riforma complessiva della Pubblica amministrazione dall’impiegato alla dirigenza, perché l’impresa comunque si adatta, ma abbiamo una marcia indietro rispetto alle altre regioni del Sud Italia”.

Strettamente collegato al caro-bollette, c’è il tema degli impianti rinnovabili bloccati dalla burocrazia. Un problema che riguarda da vicino la Sicilia. Quanti sono i progetti per impianti fotovoltaici ed eolici fermi alla Regione?
“Sul fotovoltaico, nonostante i proclami di fare un salto di qualità in chiave energetica, nella realtà hanno tolto la libera edilizia, imponendo la concessione con la medesima legge già citata. Un esempio di sviluppo bloccato è l’impianto off-shore di energia eolica al largo di Favignana, che fornirebbe enormi quantità di energia senza impattare dannosamente sull’ambiente”.

Avete avviato un monitoraggio sulla spesa dei fondi del Pnrr? Quali sono gli investimenti che come imprenditori ritenete prioritari per la Sicilia?
“Sul Pnrr, vorrei dire che Confindustria non ci crede tanto senza riforme, anche perché è stato preparato prima della guerra russo-ucraina. Oggi, tutte le materie prime sono aumentate e si è aggiunto anche il caro-energia con la guerra. Il Pnrr non aiuta, perché le risorse sono già messe a bando. Questi fondi vanno impiegati per creare infrastrutture, ma solo due regioni del Sud, Campania e Puglia, sono andate avanti e sono pronte a ricevere queste risorse, il resto è rimasto indietro”.

Da cosa dipende la carenza di materie prime?
“La carenza di materie prime dipende dalla speculazione internazionale e non si comprende come i prezzi dei metalli, della chimica, del legno e i prodotti dell’agricoltura siano aumentati in modo così esponenziale. Per esempio, i prezzi dei metalli sono saliti del 200%. Sul grano, le conseguenze saranno pesanti l’anno prossimo, perché la guerra in corso impedisce la semina e i prodotti dolciari dipendono dal grano ucraino e russo, che è sotto embargo”.

In che modo il tessuto imprenditoriale può rilanciarsi e mettendo in atto quali strategie? Cosa può proporre Confindustria alla politica?
“Confindustria fa proposte, in particolare ne dà per affrontare l’emergenza. Per compensare l’aumento delle materie prime e dell’energia, perché il ricevimento di contribuiti a pioggia è difficile, il legislatore può intervenire sul costo del lavoro, dove abbiamo la paga più bassa d’Europa, ma il costo è molto alto. Abbiamo proposto alla Regione di investire un miliardo di euro nella decontribuzione, così da far respirare le imprese per sei mesi, grandi e piccole che siano. La Giunta regionale è favorevole, ma occorre trovare i soldi extraregionali attraverso misure di programmazione. È sufficiente rendicontare tutti i fondi non spesi, ottenendo ottocento milioni che possono essere usati per questo fine, al posto di destinarli per esempio alla tabella H. Poi, altre risorse sono costituite dalle accise dei prodotti petroliferi, che fornirebbero una notevole mole di risorse finanziarie. Infine, il miglior aiuto può provenire dall’immissione di risorse nella formazione del personale, digitalizzando tutto, senza dimenticare di coniugare l’attività con la produttività, usando parametri come quello del numero delle pratiche esitate. Qualcosa andrà pur fatto per tutelare il sistema produttivo dell’Isola”.

La politica potrebbe realizzare un cambio di passo, ora che la situazione internazionale è mutata, eppure non si vedono cambiamenti…
“A Palermo, ci sono tantissimi candidati a sindaco, ma aspettiamo i programmi e i tecnici chiamati a risolvere i problemi. Sembra una lotta di potere senza strategia. In Puglia la classe politica è riuscita ad aprire un vasto mercato. Ha stravolto la realtà. Adesso lì funziona tutto, le autorizzazioni sono rilasciate immediatamente e l’Università è di alto livello. Questo è un modello che va preso in considerazione”.

Avviare un grande progetto per rilanciare la formazione

È possibile collaborare con l‘Università per avere personale qualificato che sviluppi le imprese?
“All’interno di Confindustria, riceviamo già tirocinanti che possono diventare parte dell’azienda. Come formazione, Confindustria ha le proprie risorse a sua disposizione come Fondimpresa o i tirocini autofinanziati, oltre al fatto che l’Università, comunque, sforna ancora buone figure. Semmai, la scommessa è un’altra: mettere insieme le quattro università siciliane con la Regione in un grande progetto di formazione. Poi, si sta pensando con i rettori di fornire alla Regione un modello di sviluppo che includa un’organizzazione regionale, una pianificazione industriale e un focus sui servizi. Si vuole realizzare uno studio da tradurre in un libro da consegnare alla classe dirigente per un periodo che va dal 2022 al 2040”.

Dove si può investire in termini di infrastrutture?
“Le infrastrutture devono essere necessariamente messe in primo piano e analizzate in toto. L’interporto di Termini Imerese, per esempio, deve comprendere tutti gli aspetti logistici, altrimenti i risultati saranno insufficienti. L’alta velocità ferroviaria sarebbe ottima se fosse realizzato il Ponte sullo stretto che mettesse in collegamento l’Isola con il resto d’Italia. In tal caso, il traffico dei passeggeri non avverrebbe sulla linea, ma gli utenti userebbero sempre i traghetti, perché sarebbe più conveniente. Però è tutto bloccato anche qui”.

Camera di Commercio: la produttività triplicata con l’uso dello smart working

Come hanno inciso questi due anni di pandemia sulle attività della Camera di Commercio nelle provincie di Palermo ed Enna?
“A seguito della pandemia, in Camera di Commercio abbiamo adottato lo smart working, sotto il controllo del segretario generale che monitorava le attività. Ebbene, abbiamo triplicato la produttività, perché non c’è presenza di pubblico cui badare, perciò abbiamo lavorato sedici mila pratiche, divenendo la seconda Camera di commercio in Italia per produttività. Aspettiamo la legge sullo smart working per ripetere l’esperienza”.

Quali sono le politiche di sviluppo suggerite per il tessuto produttivo?
“Il problema è che la Sicilia è la regione meno digitalizzata d’Italia, perché, usando la digitalizzazione, diviene tutto trasparente ed è possibile controllare i risultati. Inoltre, occorrerebbe spostare i fondi della formazione assistita in quella del personale, che sarebbe un grande aiuto per le imprese. In materia ambientale, chiediamo i regolamenti. Non a caso in Sicilia ci sono 1.700 pratiche bloccate, di cui cinquecento sotto esame del Comitato tecnico-scientifico. Altre regioni, invece, hanno regolamenti chiari che aiutano il corso della pratica stessa, tanto che se una presenta errori, si passa all’altra, senza aspettare la correzione della precedente. Unioncamere ha denunciato, ripetutamente, tali problemi ed è disposta a investire i suoi fondi nei dipendenti necessari per controllare le pratiche. Un’altra mancanza è il Suap (Sportello unico per le attività produttive) che è l’altro strumento di semplificazione che velocizza i processi amministrativi come succede in altre parti d’Italia”.