Corpi viventi e opere d’arte non umane, le piante. Pur non disponendo di neuroni, hanno sensibilità, capacità di momorizzazione, abilità d’apprendimento. Il mondo vegetale si adatta, supera eventi traumatici, così come periodi di difficoltà, anche lunghi, riuscendo a ripristinare la sua stabilità. Specie quando questa è urtata, se non calpestata, dall’avanzare stolto del progresso. Adottando un termine trito ma efficace, le piante sono resilienti. Una mostra appena inaugurata all’Orto Botanico di Palermo illustra in maniera innovativa questa l’attitudine e il ruolo di testimone di storia dell’universo vegetale. E lo fa puntando in particolare l’obiettivo su 8 specie caratteristiche del paesaggio naturale, sociale e culturale della Sicilia, mediante un tour multimediale, immersivo, che racconta di territori, di tradizioni e credenze, nonché di lotte per salvare e tutelare il paesaggio naturale.
‘Diorami- Meraviglie Botaniche in 8 Atti’, questo il titolo dell’esposizione partita ieri sera all’interno della struttura didattico museale più grande in Europa nel suo genere e in programma fino al 5 novembre, è il progetto artistico risultato vincitore del PAC2021 – Piano per l’Arte Contemporanea, promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura. A realizzarlo, tra gli spazi del Padiglione Tineo e i viali dell’Orto Botanico in una sintesi di immagini e installazioni ambientali abbinata a suoni e audio raccolti in forma di podcast, il fotografo Alessandro Sala, la giornalista e documentarista Francesca Berardi e la curatrice di eventi artistici Maria Chiara Di Trapani.
Il tour botanico parte dal grande Ficus macrophylla f. columnaris che condurrà il visitatore attraverso il paesaggio e la biodiversità siciliana rappresentata in particolare dalla palma nana (Chamaerops humilis), capace di sopravvivere al fuoco degli incendi e tornare a germogliare e popolare il territorio della Riserva Naturale dello Zingaro; dagli agrumi (Citrus sinensis) coltivati all’interno dei giardini panteschi; dal mandorlo (Amygdalus communis) del Giardino della Kolymbetra. E prosegue puntando l’attenzione sulla secolare presenza del carrubo (Ceratonia siliqua) che caratterizza il paesaggio rurale degli Iblei, sulle erbe spontanee, odorose e curative, come la salvia officinalis, il timo ( Thymus vulgaris) e il rosmarino della Val di Noto e i fusti del Papiro (Cyperus papyrus) che cresce alla fonte del fiume Ciane, per concludere il percorso alla presenza ieratica del monumentale Leccio o Elce (Quercus ilex) dell’Etna. Un grande teatro delle piante, quello composto dagli scatti di Sala che insieme al genius loci cui dà voce Francesca Berardi combinando stile documentario e fiction e ai suoni composti per l’occasione dal sassofonista palermitano Gianni Gebbia, ha la funzione di dare risalto e condividere storie di resilienza naturale ed umana.
“Le specie vegetali selezionate rappresentano esempi di forza resistente in grado di fronteggiare situazioni estreme come fuoco, siccità, aridità di suolo, trasformazioni agricole, cementificazione senza controllo e disastri ambientali causati dall’ uomo – spiega Berardi. Ogni albero è raccontato attraverso le testimonianze di botanici, agronomi, intellettuali, attivisti del paesaggio, che hanno scelto di dedicarsi con impegno quotidiano alla difesa di queste preziose presenze vegetali”. Numerose le voci di esperti del mondo botanico siciliano registrate nei podcast: da Rosario Schicchi, direttore dell’Orto Botanico, a Paolo Inglese, guida del sistema museale dell’ateneo di Palermo, da Giuseppe Barbera a Mariangela Galante e ancora Paolo Arena, Graziella Pavia, Salvatore Murana, Giuseppe Lo Pilato, Gianluca Pannocchietti, Paolino Uccello, Fabio Morreale e Lavinia Lo Faro.
“Attraverso la palma nana, abbiamo raccontato la marcia dello Zingaro. Con il papiro, che come in Egitto vegeta rigoglioso lungo le spende del fiume Ciane, nel siracusano, abbiamo anche offerto un quadro sulla problematica gestione, non sufficientemente valorizzante, di questa pianta, mentre per quanto riguarda la Valle dei Templi abbiamo messo l’accento sull’abusivismo edilizio che ha a lungo aggredito l’area – spiega Berardi. Negli Iblei abbiamo invece ripreso il tema delle ‘maiare’, le curatrici che usano le erbe spontanee, dando voce a Paolino Uccello, naturalista e riferimento di quei luoghi”. Ma tra gli altri protagonisti dell’universo arboreo dell’isola c’è anche il Leccio. “Anticamente questa pianta caratterizzava le foreste da Roma al sud della Penisola – argomenta Schicchi -. In Sicilia cresce su tutti i terreni e tutti i versanti, con una straordinaria capacità di adattamento ai suoli, da quelli al livello del mare fino a 1.800 metri di altitudine”. In questa mostra il leccio è rappresentato dall’immagine e il racconto dell’Ilici di Carrinu, è il più grande e antico leccio (Quercus ilex) dell’Etna, ubicato nell’omonima contrada tra Milo e Zafferana Etnea, a poco meno di mille metri di quota. Un albero maestoso, antico di oltre 700 anni, alto 20 metri, con una chioma dal diametro superiore a 30 metri. Poi c’è il Mandorlo, simbolo della rinascita della vita, che fiorisce quando l’inverno tende a terminare con l’innalzarsi delle temperature; gli Agrumi, le piante più caratteristiche del paesaggio agricolo siciliano, che a Pantelleria si adattano al particolare habitat del Giardino Pantesco; e il Carrubbo, pianta resiliente per eccellenza, che impronta il paesaggio siciliano. “Un albero che vive in luoghi difficili, ostili, per esempio nelle cave dell’altopiano ibleo dove si trovano alcuni tra i carrubi più grandi del Mediterraneo”, aggiunge Schicchi.
“L’obiettivo di questa mostra è raccontare la relazione virtuosa tra universo vegetale e umano – dice Maria Chiara Di Trapani. A dare voce alle piante le storie di botanici, agronomi e attivisti a tutela dell’ambiente, come quelli che nel 1980 animarono la marcia dello Zingaro, la prima manifestazione del genere in Sicilia”. In quell’occasione le associazioni ambientaliste bloccarono i lavori per dare vita alla proliferazione di nuove volumetrie di costruzione nell’area a poco più di un chilometro dalla Tonnara di Scopello: un’idea di sviluppo turistico fondato che sarebbe derivato da un irrimediabile consumo di suolo. “Abbiamo cercato di lavorare imitando l’intelligenza resiliente delle piante, combinandoci ciascuno con le proprie competenze – riprende Di Trapani. Nello specifico abbiamo individuto piante resilienti legate a storie di cura dell’ambiente naturale, narrate da botanici, letterati e agronomi. Le piante, di fatto, ci parlano, interagiscono con l’uomo. Si pensi all’emergenza idrica, a Pantelleria da secoli risolta con il metodo di irrigazione del cosiddetto giardino pantesco, di matrice araba, che non utilizza l’acqua, che sull’isola non c’è, ma sfrutta l’umidità creata dall’escursione termica notturna che viene trattenuta dal muro circolare costruito attorno alla pianta, in genere un albero d’agrumi, con l’incastro di pietre laviche a secco”.
L’esposizione prosegue tra viali dell’Orto, dove due installazioni effimere costruite con materiali di riuso vegetale, in prossimità della Serra Carolina e del grande Ficus macrophylla, invitano il pubblico all’ascolto della natura e delle sue storie anche in notturna sedendosi comodamente in questi punto di osservazione dove potersi fermare ad osservare e leggere ogni l’albero come un “corpo vivente”. Le installazioni sono state progettate all’interno del workshop pensato dagli artisti, condotto dallo Studio Forward invitando docenti di architettura e design di livello internazionale che hanno lavorato con otto studenti selezionati dei corsi di laurea di Design di Palermo e dell’Accademia di Belle Arti Abadir di S.Agata Li Battiati.
“Ho avvertito l’esigenza di raccontare fotograficamente le piante siciliane, rappresentandole con una luce artificiale, come se fossero al centro di un palcoscenico per una performance”, specifica Sala.
Colonna sonora della mostra i suoni ipnotici creati da Gianni Gebbia: “Sono un grande appassionato delle piante e per comporli mi ha ispirato molto Micheal Taussig, uno dei più grandi antropologiviventi, che sostiene che il disastro ecologico incombente sta creando paradossalmente un reincanto del mondo della natura, vista anche attraverso la luminosità artificiale causata dall’inquinamento atmosferico”. “Con questa mostra continuano le attività in sinergia con artisti internazionali ed italiani e l’Orto botanico, tra le strutture museali dell’Università è luogo di elezione di tanta creatività – spiega il presidente del SiMua (Sistema museale di ateneo) Michelangelo Gruttadauria- Oltre a mostre temporanee di artisti in residenza, la mostra Diorami rafforza la consapevolezza ambientale, utilizzando materiali vegetali di riuso dell’Orto”. Le installazioni sono state progettate all’interno del workshop pensato dagli artisti, condotto dallo Studio Forward invitando docenti di architettura e design di livello internazionale che hanno lavorato con otto studenti selezionati dei corsi di laurea di Design di Palermo e dell’Accademia di Belle Arti Abadir di S.Agata Li Battiati.