In Italia la malattia di Alzheimer ha un costo di circa 15,6 miliardi di cui l’80% sostenuto dalle famiglie. Ma grazie alla ricerca, nel prossimo futuro potrebbe essere possibile cambiare il corso della malattia, intervenendo nelle sue primissime fasi.
Questa prospettiva richiederà “una diversa organizzazione da parte del Servizio sanitario nazionale” per facilitare la diagnosi. È questa la prima delle “7 buone proposte per non dimenticare l’Alzheimer”, presentata oggi in occasione della Giornata Mondiale, dall’Associazione italiana malattia di Alzheimer (Aima) e Società Italiana di Neurologia (Sin).
Il problema da affrontare oggi riguarda l’identificazione di chi può avere giovamento dalle nuove terapie. “Queste – afferma Gioacchino Tedeschi, presidente Sin – hanno dimostrato di essere più efficaci nel decadimento cognitivo lieve in persone che hanno amiloide nel cervello. Fino a quando non avremo i marcatori nel sangue periferico il lavoro sarà complesso e sarà necessaria una riorganizzazione del sistema che preveda una interazione più stretta con il territorio, per selezionare all’interno di una grande platea, stimata tra i 100 e i 300mila individui, le persone che potrebbero avvalersi delle nuove terapie”.
“Il sistema sanitario – commenta Patrizia Spadin, presidente Aima – deve attrezzarsi. Sarebbe assurdo farci trovare impreparati da un futuro che aspettiamo da tanto tempo e che oggi sentiamo così vicino”. Oltre a questo aspetto, il documento ‘7 buoni motivi e 7 buone proposte per non dimenticare l’Alzheimer’ evidenzia altre direttrici di lavoro in funzione del Pnrr che “rappresenta un’occasione unica per avviare una nuova strategia sul territorio”.
In primo luogo, va colta l’occasione delle Case della comunità previste nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, affinché siano organizzate per includere anche Centri per i disturbi cognitivi e le demenze. Così come è necessario puntare sugli infermieri di famiglia e di comunità, figure indispensabili nell’ottica dell’assistenza domiciliare integrata.