Palermo

Amministratore “infedele”, utilizzava i fondi confiscati alla mafia per la sua attività: scatta sequestro

La Polizia di Stato di Palermo ha eseguito il sequestro d’urgenza, ai sensi del Codice Antimafia, di un conto corrente per un valore pari a 779.476,31 euro ai danni di un erede di R.R., classe 1952 e deceduto nel giugno 2018: i soldi erano stati confiscati alla mafia.

A emettere il provvedimento è stato il Tribunale di Palermo – Sezione Misure di Prevenzione, in accoglimento della proposta congiunta del Procuratore della Repubblica e del Questore di Palermo.

Le indagini per mafia e il sequestro del conto corrente a Palermo

L’odierno provvedimento di sequestro scaturisce da una complessa attività d’indagine effettuata dall’Ufficio Misure di Prevenzione patrimoniali della Divisione Anticrimine di Palermo in seguito alla richiesta di approfondimenti del locale Tribunale Sezione Misure di Prevenzione relativa alla gestione di alcuni conti correnti confiscati, con provvedimento definitivo nel 2012 – nell’ambito del procedimento di prevenzione a carico dei noti mafiosi Rosario Gambino (1942) e Salvatore Inzerillo (1944) – da parte di R.R. in qualità di amministratore giudiziario a suo tempo nominato, alla luce del fatto che lo stesso era deceduto senza avere depositato il rendiconto finale delle attività.

Dagli accertamenti è emerso che R.R., dal 2005 al 2008, aveva effettuato una serie di indebiti prelievi di denaro, senza autorizzazione, dai suddetti conti correnti confiscati, per un valore complessivo pari ad euro 621.487,77, motivo per il quale era stato iscritto nel registro degli indagati per il reato di peculato continuato, successivamente archiviato dopo la morte dell’amministratore. Pare che i prelievi servissero all’amministratore deceduto per investimenti nel settore vitivinicolo ad Agrigento, in particolare per la realizzazione di una cantina vinicola e di un oleificio nei terreni di proprietà della famiglia d’origine.

Le ragioni del provvedimento

R.R., si legge nell’ordinanza, “può essere qualificato come soggetto socialmente pericoloso”. Si è accertato che l’uomo, attraverso numerose operazioni di prelievo dai conti da lui gestiti in qualità di amministratore giudiziario, aveva distratto in totale 621.487,77 euro, destinando la somma agli investimenti nell’azienda agricola a lui riconducibile.

Inoltre, grazie agli accertamenti patrimoniali è stato possibile ricostruire le operazioni che hanno portato un erede di R.R., a ricevere dallo stesso, quando era ancora in vita, la titolarità della maggioranza delle quote del capitale sociale della citata azienda agricola. Sempre gli accertamenti patrimoniali precedenti al sequestro del conto corrente a Palermo hanno consentito di accertare che, nonostante la titolarità delle quote fosse in capo all’erede, di fatto la società è stata amministrata da R.R fino alla sua morte. Dopo il decesso, l’erede ha proceduto lo scorso maggio alla vendita di una parte di azienda per 928.000 euro.

Dagli accertamenti bancari è stato possibile verificare che il prezzo della compravendita è stato accreditato su un conto corrente intestato alla società, sul quale è abilitato a operare l’erede di R.R. Pertanto, considerato che il ricavato di tale vendita è stato ritenuto il frutto del reimpiego del denaro illecitamente sottratto da R.R. e sussistendo il concreto pericolo che lo stesso potesse essere disperso, il Tribunale di Palermo – Sezione Misure di Prevenzione ha disposto il sequestro d’urgenza del saldo del suddetto conto corrente, per un valore pari a 779.476,31 euro.

Il commento del Questore

Secondo il Questore Laricchia: “Il sequestro patrimoniale d’urgenza che ha consentito di recuperare i soldi distolti da un amministratore infedele all’impiego a favore della comunità, costituisce un brillante risultato delle attività di monitoraggio dei patrimoni mafiosi condotta anche dopo la confisca da parte della Procura della Reppubblica e della Questura”.

“Questo ed altri episodi purtroppo avvenuti negli anni, confermano come l’attenzione sui patrimoni sequestrati o confiscati non possa fermarsi al provvedimento che ne dispone la confisca da parte del Tribunale delle misure di prevenzione, ma debba continuare controllando e accertando che i beni vengano effettivamente impiegati in modo produttivo a vantaggio della comunità a cui sono stati sottratti dalla criminalità mafiosa”.

“Nel caso specifico i 621.487,77 euro contenuti nei conti correnti sequestrati a Rosario Gambino e Salvatore Inzerillo nel 2012 erano stati progressivamente distolti dall’amministratore giudiziario per impiegarli nell’azienda agricola personale, poi venduta dagli eredi dopo la sua morte. Fortunatamente l’alert pervenuto dal Tribunale delle misure di prevenzione a seguito di mirato controllo, ha consentito immediatamente di inoltrare allo stesso Tribunale una proposta congiunta di sequestro patrimoniale preventivo del Procuratore della Repubblica e del Questore come prevede la legge, e di recuperare a tempo di record il maltolto sequestrando il provento della vendita dell’azienda agricola ammontante a 779.476,31 euro”.