Annalisa Tardino, europarlamentare uscente, ha deciso di candidarsi nuovamente alle prossime Elezioni europee, previste in Italia l’8 e 9 giugno prossimi, nelle liste della Lega. Il QdS l’ha intervistata per capire in che modo intende proseguire la sua azione in Europa.
Cosa ha fatto l’Europa per l’agricoltura e l’indipendenza agricola dall’estero?
“Questo è stato un mandato importante perché abbiamo avuto avvenimenti storici come la pandemia e due guerre, di cui una alle porte dell’Europa. Finalmente, ci si è resi conto che non aveva torto chi proponeva un cambiamento dell’Unione. È emerso con chiarezza che non siamo forti sul piano negoziale, a livello mondiale. Da euro-critica, ho lamentato l’assenza di sovranità nazionale su tanti fronti, come quello agricolo ed energetico. Gli avvenimenti di questi anni ci hanno dato ragione: lo scoppio del conflitto ha dimostrato che non siamo autosufficienti nella produzione di energia, a causa delle scelte europee di questi ultimi decenni. Occorre aprire una riflessione su certe decisioni ‘ideologiche’ delle istituzioni comunitarie che hanno comportato gravi perdite. Non lo diciamo solo noi: di recente anche due grandi europeisti, Letta e Draghi, hanno detto che l’Europa va cambiata. Ma come? Rendendola più a misura degli Stati membri, con politiche vicine alle esigenze dei singoli Stati, ciascuno con le sue peculiarità. Ci devono essere delle politiche differenziate per ognuno di essi, finanche nelle regioni che li compongono”.
E questa esigenza, secondo voi, emergerebbe soprattutto nel settore della pesca…
“Come delegazione ci siamo battuti più di chiunque altro in Commissione pesca, poiché il settore è lo specchio di questa idiosincrasia, dove le Istituzioni europee hanno favorito il Nord Europa, dando una mazzata alle nostre attività più di tipo artigianale. Hanno dato aiuti per uscire dal comparto e, quando ho chiesto che invece venissero dati per rinnovare i pescherecci in senso più ecologico, ho avuto come risposta che così si sarebbe incentivata la ‘pressione sui mari’. Mancano norme per tutelare le nostre produzioni. Quindi, non solo subiamo normative inadatte, ma importiamo prodotti senza tutele di sicurezza o rispetto per la manodopera, mentre i pescatori italiani devono basarsi su regolamenti ferrei. Su questo sto lavorando ad aiuti strutturali legati a defiscalizzazioni idonee, insieme alla collega maltese. Attualmente, non abbiamo i vantaggi dei territori extra periferici come quelli di cui godono le isole Canarie. Non vogliamo tornare al protezionismo, ma dobbiamo tutelarci, mentre, oggi, facciamo accordi che favoriscono l’entrata di produzioni estere senza avere le garanzie di qualità necessarie. Subiamo un doppio danno, economico e sanitario”.
Che futuro si presenta per l’Europa?
“Dipende molto da come andranno le elezioni. Occorre cambiare la maggioranza attuale per scegliere dei commissari diversi. Auspichiamo che il Ppe possa abbandonare la sinistra e allearsi con il nostro gruppo: questo ci permetterebbe di avviare un nuovo corso. Il Parlamento europeo ha conseguito un’importanza in questi anni che prima non aveva, ma la Commissione resta centrale. Noi miriamo, affinché l’Europarlamento abbia gli stessi poteri dei parlamenti nazionali, dove si scrivono le leggi”.
Come membro della Commissione sui trasporti, cosa può dirci sul Ponte di Messina?
“Sono la parlamentare siciliana che chiese alla commissione europea se il Ponte fosse finanziabile con i fondi europei e se fosse un’opera prioritaria per l’Europa stessa. La Commissaria rispose positivamente, spiegando che nessun Governo italiano l’aveva mai proposto prima come opera da finanziare. Non solo il ponte, ho chiesto con un apposito emendamento che la rete dei trasporti europei comprendesse anche la rete sud dei collegamenti siciliani, da Agrigento a Siracusa. Una linea, inizialmente, esclusa dai finanziamenti. Questo provvedimento è stato supportato dal ministro Salvini insieme al Ponte ed è stato definitivamente approvato nell’ultima sessione”.
E sul fronte dell’immigrazione, come giudicate le politiche Ue?
“Abbiamo votato contro il recente patto sull’immigrazione, perché siamo convinti che esistano dei modi per contrastare questo fenomeno. Si potrebbero creare dei centri d’identificazione dei migranti nei Paesi africani attraverso le agenzie europee, con cui è possibile fare accordi. Questi centri permetterebbero di distinguere chi ha diritto ad entrare legalmente da chi non ne ha, tutelando l’Italia, paese di primo ingresso. Purtroppo gli emendamenti da noi proposti non sono passati. L’attuale patto, approvato con una maggioranza raffazzonata, prevede oneri burocratici per i Paesi di prima accoglienza, ma non prevede alcun obbligo di solidarietà. D’altra parte, lo stesso Commissario Johanson ha dichiarato che l’Europa ha bisogno di manovalanza a basso costo, perché gli europei non vogliono fare più gli operai, ma questo sistema non garantisce i migranti”.
Sul fronte della sanità, come può incidere l’Unione?
“L’Ue ha una competenza concorrente con gli Stati. Abbiamo approvato il regolamento sullo spazio europeo dei dati sanitari che permetterà ai medici comunitari di conoscere i dati del paziente con il suo consenso. Questo database servirà anche alla ricerca scientifica”.