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Le “anomalie” dietro il rogo nell’impianto Kalat

CALTAGIRONE – Dopo il 2017, quando si verificò il primo incendio, il sistema di videosorveglianza era carente. Nel 2021, quando ci fu il secondo rogo, c’era un impianto che contava circa 50 telecamere. Nonostante questo, come appreso dal Quotidiano di Sicilia, chi ha appiccato l’incendio è riuscito a non essere visibile. Stiamo parlando dell’impianto Kalat di Grammichele, in contrada Poggiarelli, dove tra una telecamera e l’altra sembrerebbero esserci dei punti bui. È probabile che chi abbia appiccato l’incendio sappia come funzionano le telecamere o quale sia il loro raggio di visuale? Oppure è stato solamente molto fortunato? Al momento quello che si sa con certezza è che, dopo l’incendio della settimana scorsa, il quarto, gli organi inquirenti hanno avviato le indagini.

Per la Kalat Impianti si tratta del quarto incendio

In esclusiva al Quotidiano di Sicilia l’amministratore di Kalat Impianti, Vincenzo Ciffo, racconta la vicenda e il futuro dello stabilimento dopo l’incontro tenutosi a Palermo nei giorni scorsi. “Il decreto di finanziamento era atteso in realtà da tempo perché di fatto ripristina quanto era stato già decretato il 30 novembre 2022 con decreto del dirigente generale n.1357. Poi quel decreto ha avuto delle vicissitudini a causa di errori burocratici, ma sulla base di quell’atto abbiamo espletato la gara per la ricostruzione dell’impianto da 10 milioni e l’abbiamo aggiudicata. Alla fine del 2023 contavamo di firmare il contratto e di poter partire con questi lavori, se non che sul decreto c’era un errore, quindi l’erogazione delle somme non era possibile. A gennaio 2024 ci è stato comunicato che l’errore era insormontabile e quindi il decreto doveva essere ritirato e sarebbe stata premura del dipartimento trovare il modo di sostituirlo. Così sono state rinvenute le somme necessarie alla copertura del nostro finanziamento e adesso siamo di nuovo nella situazione in cui eravamo a dicembre 2023. Con i prossimi passaggi dovrebbe arrivare l’erogazione della prima tranche – quella prevista per quest’anno – di 890.000 euro circa, poi procederemo alla firma del contratto e a tutto il resto. Entro 31 dicembre 2026 i lavori dovrebbero essere conclusi e il nuovo impianto dovrebbe ripartire”, spiega Ciffo. “Un impianto che sarà industrialmente più avanzato di quello che c’era prima perché si prevedono 10-11 selettori ottici, si prevede una maggiore efficienza e anche una maggiore occupazione”.

Rispetto al recente incendio, si ha qualche informazione in più? Cosa è emerso dalle relazioni dei Carabinieri e dei Vigili del fuoco?
“Al momento non abbiamo ricevuto nessuna relazione se non quella di immediata chiusura dell’intervento e poco altro. Credo che ci sia una indagine da parte degli organi inquirenti piuttosto serrata per capire se non altro le motivazioni, non dico trovare i colpevoli – che sarà difficile rintracciare – ma quantomeno comprendere le motivazioni che hanno potuto spingere a compiere un gesto di questo tipo che ci ha lasciati inebetiti e sbigottiti, oltre che a generare inquietudine per il momento in cui è accaduto (il giorno prima della riunione in prefettura in cui si sarebbe dovuto discutere della sorte degli operai in scadenza di cassa integrazione)”.

I sindaci del Calatino parlano di “regia criminale”. Lei cosa ne pensa?
“Io credo che l’origine di questo incendio sia dolosa per il punto e l’ora in cui è stato appiccato, per le temperature: cioè tutto quello che potrebbe generare un’autocombustione in quella sera non c’era. Ci sono una serie di coincidenze anomale che sono state fatte presenti tutte agli organi inquirenti…”.

Ad esempio?
“Il fatto che non ci fosse personale in attività quella sera, insomma anomalie… Ma devo dire che il l’intervento dei vigili del fuoco – in questo caso sono intervenuti con cinque mezzi immediatamente –, il coordinamento efficace col nostro personale, la mobilitazione della protezione civile con tutti i suoi mezzi ha permesso che la mattina seguente le fiamme fossero già praticamente tutte domate. Normalmente un incendio sulla plastica dura anche 3-4 giorni, mentre il giorno dopo (8 ottobre ndr) alle 17:30 i vigili del fuoco avevano messo in sicurezza l’intero sito”.

Considerando che siamo al quarto incendio – di cui tre si ipotizza siano di natura dolosa – perché non avete mai messo una vigilanza armata o comunque dei controlli?
“La vigilanza armata innanzitutto ha un costo elevato. In ogni caso avevamo un servizio di controllo tant’è che l’allarme ci è arrivato proprio da questo e in più c’è un collegamento delle videocamere con un istituto di vigilanza anche perché siamo una società pubblica. È vero che siamo un sito sensibile ma dobbiamo badare anche a un contenimento della spesa e quindi cerchiamo di fare di necessita virtù. E poi c’è un altro elemento che è dirimente: il sito è sensibile per gli attacchi ricevuti, ma è un sito dove ci sono plastiche per cui basta un malintenzionato che, da lontano, con uno stupido drone di quelli da 100 euro, fa cadere una fiammella su un cumulo di plastica e succede un disastro. Abbiamo una copertura giornaliera, dalle 6 del mattino alle 24, quindi l’impianto è scoperto solo per sei ore. Abbiamo una ronda notturna che passa tre o quattro volte, per cui l’attività di controllo è serrata”.

Qual è il futuro di questo impianto che è l’unico pubblico dell’Isola?
“Noi abbiamo due impianti. O meglio fino al 2021 ne avevamo due: uno è quello di compostaggio storico, il core business dell’azienda conosciuto ben oltre il territorio, un impianto capace di ricevere l’organico da buona parte della Sicilia orientale. Poi avevamo questo impianto di selezione che lavorava principalmente o quasi esclusivamente il materiale che proveniva dai comuni del Calatino. Ora le prospettive sono quelle di avere un impianto di dimensioni maggiori che abbia una capacità industriale per guardare a un’area più vasta, con una capacità operativa e occupazionale decisamente superiore sull’impianto di selezione”.

Lavoratori in cassa integrazione. Dopo l’incendio che cosa succede?
“Di fatto strategicamente con l’incendio non cambia niente. Con il decreto qualcosa potrebbe cambiare. Lo scorso anno, a dicembre, riuscimmo ad ottenere una deroga in quanto era palese il processo di ricostruzione e quindi il ministero del Lavoro decise di accompagnarci in questo periodo di cassa integrazione, di salvaguardia del capitale umano. Adesso auspichiamo che ci sia ancora questa disponibilità e quindi sia possibile ottenere un’ulteriore deroga, ma siamo in contatto anche con la Regione perché, nell’eventualità in cui non dovesse essere percorribile la prima strada, l’interesse è quello di salvaguardare tutti i lavoratori. Si tratta di un pezzo importante dell’azienda e, da un punto di vista sociale, è un dovere verso le famiglie dei lavoratori garantire un futuro, anzi un presente sereno, nonostante la mancanza dell’occupazione”.