Sanità

Anticorpi monoclonali, la ricerca contro le varianti Coronavirus

La combinazione di più anticorpi monoclonali contro la minaccia rappresentata dalle varianti del virus SarsCov2, la cui diffusione sta crescendo nel mondo.

E’ questa la strada che la ricerca e varie aziende stanno seguendo per scongiurare una perdita o diminuzione dell’efficacia di tali terapie, che hanno dimostrato un beneficio sui pazienti Covid meno gravi e non ospedalizzati.


Un recente studio del Fred Hutchinson Cancer Research, che ha mappato alcuni anticorpi monoclonali rispetto al loro funzionamento sulle varianti del SarsCov2, rileva che non si può concludere che gli anticorpi non proteggano dalle varianti.


Ciascuno può però avere una minore efficacia su una variante specifica, ma tale ipotesi deve però essere testata. Lo studio delle combinazioni in funzione anti-varianti sta comunque procedendo, ad esempio nel caso degli anticorpi monoclonali prodotti dalla Eli Lilly: bamlanivimab – il primo approvato in Emergency Use dall’ente statunitense per i farmaci Fda – ed etesevimab.

Tali anticorpi, spiega l’azienda, agiscono su regioni complementari della proteina spike di SarsCov2. Con il rischio di resistenza emergente dovuto ai vari ceppi del virus diffusi in tutto il mondo, bamlanivimab ed etesevimab insieme sono dunque progettati per fornire una possibile salvaguardia nel caso in cui tali ceppi diventino prevalenti.


“Bamlanivimab è un potente anticorpo, con dati provenienti da più studi clinici di fase 2 e 3, che hanno dimostrato solide evidenze sia per il trattamento che per la prevenzione di Covid-19 – afferma Daniel Skovronsky, chief scientific officer e presidente di Lilly Research Laboratories -.

Con un virus come SarsCov2 si prevede che potrebbero emergere varianti che richiedono nuove opzioni terapeutiche, motivo per cui Lilly sta studiando bamlanivimab insieme ad altri anticorpi neutralizzanti, incluso etesevimab”. L’aggiunta dell’anticorpo VIR-7831 (della Vir Biotechnology e la GlaxoSmithKline, con cui Lilly ha stretto una collaborazione) “al nostro studio è una parte importante dell’impegno a sviluppare terapie per il trattamento dei ceppi attuali e futuri di SarsCov2 fino a quando – conclude Skovronsky – i vaccini non saranno ampiamente disponibili e utilizzati”.