Molti reportage televisivi e altrettanti messaggi sui siti riportano persone anziane che hanno un’immagine dimessa, quasi rassegnata, come se non aspettassero altro che concludere la loro vita terrena e – per chi ci crede – iniziare quella spirituale.
Si tratta di un modo piatto di vivere, che serve solo a sprecare quel dono prezioso che è la vita e a non fare tutte le cose buone per gli altri e per sé che si potrebbero fare.
La natura ci ha dotato di un corpo che funziona con ben dodici sistemi e delle “macchine” portentose come cervello e cuore. Il primo che comanda il nostro essere e il secondo che ci fornisce le energie necessarie per ogni azione.
Ecco perché vedere tante persone di una certa età che restano quasi immobili, magari sedute intorno a un tavolo a chiacchierare o a giocare a carte oppure sui loro divani ad aspettare che il tempo passi, ci deprime (ma non ci riesce) perché è un delitto non utilizzare le risorse umane forniteci dal Padre eterno.
Intanto dovremmo intenderci su chi sia la persona anziana. Considerando che l’attesa di vita per gli uomini ha superato gli ottant’anni e per le donne si avvicina ai novanta e considerato che molta gente va in pensione a sessantacinque anni o persino a sessanta, diciamo che ciascuno ha una media di venti o venticinque anni nei quali non lavora. E allora, perché non utilizzare questo lungo periodo, oltre un quinto della vita, per fare cose utili agli altri e a sé?
Vi sono tante attività sociali che hanno bisogno di persone ancora con una buona energia e soprattutto con la volontà di fare.
Come si fa, quando ci si alza la mattina, a non avere uno o più obiettivi cui dedicare il proprio tempo? Non ci riferiamo solo a obiettivi sociali, ma anche a quelli ludici. Insomma, ad avere una prospettiva dell’organizzazione del tempo che consenta di avere la coscienza del suo trascorrere utilmente.
Non vi sembrino noiose queste osservazioni, ma mi vengono spontanee, tenuto conto che la prima e più importante cosa di cui dobbiamo occuparci è la nostra salute. Quando essa c’è e si mantiene, abbiamo il dovere-diritto di utilizzarla per fare, fare e fare, possibilmente bene.
Allora mi sorge spontanea l’esortazione: “Anziani, non tumulatevi prima del tempo, non cercate la tranquillità perché dopo ne avrete da vendere; muovetevi, fate cose importanti per gli altri e per voi stessi!”.
Vi sono tante attività sociali che benemeriti/e cittadini e cittadine di qualunque età svolgono, il cui elenco è tanto lungo che non vale la pena farlo.
Comprendiamo che chi è di natura araba ha più piacere a contemplare il tempo che passa e la mosca che gli va sul naso piuttosto che sbracciarsi e agire. La domanda è se essi abbiano il diritto di far trascorrere la propria vita in questo modo o se, per contro, non abbiano il dovere di utilizzare questo dono meraviglioso.
Chi sta bene ed è anziano potrebbe assistere altri in situazione di bisogno, altri anziani, ammalati, immigrati che necessitano di aiuti legali o di integrazione, associazioni ambientaliste e così via.
È vero, a tutti questi dovrebbe pensarci il Servizio sanitario nazionale e gli assistenti sociali dei Comuni, ma costoro non bastano. Anche i/le cittadini/e che possono dovrebbero farlo.
Qualcuno potrebbe sollevarmi l’obiezione: “Perché quello che ci scrive non lo fa lei per essere coerente?”. La risposta è semplice e cioé che io, nonostante i miei ottantadue anni e sessantacinque di lavoro ininterrotto, continuo a lavorare, come tantissimi altri, oltre quaranta ore la settimana e intendo farlo finché la salute mi assisterà. Ma se fossi pensionato, senza un’attività, certamente mi dedicherei al soccorso degli altri.
Non ho inteso divagare, ma solo spiegare e informare tutti/e voi lettori e lettrici come è mio dovere.
Fra l’altro, ritengo importante non solo essere vivi e in buona salute, ma anche sentirsi vivi e utili agli altri. Diversamente si è vivi, ma in uno stato preagonizzante.
Intendiamoci, anche la partita a carte, le chiacchiere, gli scherzi e altre attività ludiche sono estremamente importanti, ma non possono essere il riempimento totale del nostro contenitore-tempo, che scorre imperterrito, ma che a un certo punto finisce. Senza rimedio.