PALERMO – Gocce d’oro legano a doppio filo l’antichità e il presente della nostra Terra. E, se ci crediamo abbastanza, possono legarci anche al futuro. Parliamo di api, di polline, di nettare (degli dèi): parliamo del miele siciliano che è una delle tante ricchezze che la Sicilia offre e che gli apicoltori siciliani, lottando, conservano e innovano.
In Italia ci sono sei varietà di miele proclamati Presidi slow food, di cui ben due sono nostrani: si tratta del miele di timo ibleo e dell’ape nera sicula. Un patrimonio enorme, di cui andare fieri, considerata la difficoltà di adattamento delle api e il rischio crescente di estinzione di questo insetto così pregiato e delicato ma allo stesso tempo minacciato dal cambiamento climatico e degli errori dell’uomo. Non a caso, la produzione di queste due rare varietà è stata riconosciuta come Slow food italiano, cioè proveniente da comunità che lavorano ogni giorno per salvare dall’estinzione le razze autoctone e tradizionali con un impegno costante per tramandare tecniche di produzione e mestieri.
L’ape nell’antichità è sempre stata simbolo di linfa vitale di Madre Terra, di trasformazione e di poesia; un elemento dove si incontravano religione e spiritualità ma anche un dolcificante (allora) unico al mondo e ancora poco conosciuto e se parliamo di miele ibleo, infatti, c’è un enorme capitolo di storia e di letteratura a riguardo. In particolare, l’ape mellifera – da Apis mellifera – divenne un simbolo di Ibla, tanto da essere effigiata nelle sue monete, e proprio dei monti iblei si diceva che fossero affollati di api e di fiori. Il termine Ibla divenne, da qui, sinonimo di dolce e il miele di questi colli divenne eccelsa espressione poetica tanto da ritrovarlo in Shakespeare, Foscolo, D’Annunzio, Quasimodo, Sciascia e molti altri.
Attualmente il miele di timo ibleo è riconosciuto come prodotto Pat – prodotti agroalimentari tradizionali italiani – della regione Sicilia e le zone di produzione sono il siracusano, il catanese e il ragusano. Questa specie, chiamata in dialetto satra o satarèdda – dalla lingua araba -, nel periodo estivo produce un miele di timo che tende a cristallizzare lentamente, di colore ambrato più o meno chiaro, dagli odori floreali un po’ speziati e con sapore dolce e l’aroma intenso e persistente. In questa parte della Regione, infatti, siciliana sono diffuse le cosiddette garìghe, termine botanico dato a un tipo di vegetazione contraddistinta da bassi cespugli con vari arbusti ed erbe, comune alle zone aride rocciose, pietrose e solitamente calcaree dell’area mediterranea. Gli ambienti di garìga degli Iblei, dal punto di vista floristico, vedono l’associazione di numerose specie che, nel complesso, costituiscono un ottimo pascolo per le api; in particolare, quelle caratterizzate dalla costante e prevalente presenza di timo e rosmarino sono fondamentali per produrre il tradizionale e pregiato miele monoflora.
Purtroppo, i timeti sono in continua regressione, aggrediti negli ultimi decenni su più fronti: inquinamento atmosferico e da prodotti chimici, incendi, raccolta indiscriminata per usi terapeutici e cosmetici, cui si aggiunge il problema, più generale, degli effetti dei cambiamenti climatici sulle fioriture. Ma gli apicoltori non demordono: odiernamente la zona iblea rappresenta ancora la principale culla della pianta di timo e quindi detiene la maggiore produzione mellifera della varietà in Italia.
Nel 2023 il miele di timo ibleo è stato insignito di una selezione speciale nella 43esima edizione concorso della “Guida Tre gocce d’oro – I mieli di Italia” dell’Osservatorio nazionale miele. “Il Presidio, oltre a valorizzare un miele monofloreale dalle caratteristiche uniche, punta a invertire la tendenza del declino dei timeti, una specie da riforestazione con cui è possibile ripristinare ambienti naturali alterati, mettendo a disposizione delle api nettare prezioso” ed è con questa menzione che la Guida parla della preziosa varietà iblea.
La seconda specie, un fiore all’occhiello, è quella dell’Ape nera sicula, che smentisce il “mito”: le api non sono tutte gialle e nere. Questa è caratterizzata proprio dal suo colore nero ed stata presente per millenni sull’Isola. Durante gli anni ‘70 però è stata abbandonata, rischiando così l’estinzione. Per fortuna alcuni studiosi hanno fatto il possibile per evitare che l’ape sicula scomparisse e ancora oggi è presente in Sicilia. È talmente tanto docile che non c’è neanche bisogno di maschere durante la fase di smielatura ed è molto produttiva. Riesce a produrre miele persino quanto il clima è torrido, con temperature che superano i 40°C.
Proprio di recente il nettare di questa pregiata specie è stato premiato per le sue straordinarie qualità. Il Millefiori “Meilichios” dell’Ape Nera Sicula, proveniente dal Parco Archeologico di Selinunte, ha infatti ricevuto ben due medaglie d’argento durante l’evento BiolMiel 2023. Le medaglie sono state assegnate sia per la variante “Primaverile” che per quella “Estiva”.
Il merito di questo riconoscimento è andato all’impeccabile e attento lavoro dell’apicoltore Vito Salluzzo, il cui impegno ha contribuito in modo significativo al successo del Millefiori “Meilichios”. Questo premio, assegnato al miglior Miele Biologico del Mondo, valuta la qualità organolettica dei mieli in competizione attraverso una giuria internazionale composta da esperti del settore iscritti all’Albo Nazionale degli Esperti in Analisi Sensoriale del Miele.