Il candidato alle Elezioni regionale siciliane di centrodestra Salvatore Ferrigno, 62 anni, è stato arrestato nella notte dai Carabinieri con l’accusa di scambio elettorale politico-mafioso.
Ferrigno è candidato nella lista dei Popolari Autonomisti di Raffaele Lombardo, lista della coalizione che sostiene l’ex presidente del Senato Renato Schifani nella corsa alla presidenza della Regione siciliana. In manette anche il boss Giuseppe Lo Duca e Piera Lo Iacono. Quest’ultima, secondo gli inquirenti, avrebbe fatto da intermediaria tra il politico e i boss mafiosi.
L’indagine è stata coordinata dal procuratore aggiunto Paolo Guido. Secondo l’accusa, il candidato di Carini, provina di Palermo, avrebbe promesso favori e denaro all’esponente di Cosa nostra in cambio di voti.
Salvatore Ferrigno, 62 anni, era stato eletto alla Camera dei deputati nel 2006 per Forza Italia nella circoscrizione italiani all’estero “America settentrionale e centrale”. Infatti, da oltre 40 anni, l’uomo vive all’estero dove fa il broker assicurativo.
Sono tanti i carinesi trasferiti negli anni Cinquanta negli Stati Uniti. In passato, Ferrigno, fece anche parte della commissione Difesa.
È stato tra i fondatori dell’associazione “Azzurri nel mondo of California”. Nel 2008 l’allora governatore siciliano Raffaele Lombardo lo nominò consulente per i rapporti tra la Regione e i siciliani nel mondo. Da lì si avvicinò agli autonomisti, con cui si è candidato alle Regionali. Ecco lo slogan usato per queste elezioni: “Il cambiamento è adesso. Coraggio, cominciamo”.
Ad “incastrarlo” ci sarebbero diverse intercettazioni ambientali, anche di pochi giorni fa.
Il presunto accordo tra Salvatore Ferrigno, il candidato all’Ars del centrodestra, arrestato bella notte, e i boss di Cosa nostra, sarebbe emerse anche nei giorni scorsi, da una serie di intercettazioni telefoniche e fotografie che sarebbero state scattate durante i pedinamenti del politico e aspirante deputato regionale.
A fare da intermediario tra il boss di Carini, Giuseppe Lo Duca, e il candidato all’Assemblea regionale siciliana del centrodestra, Salvatore Ferrigno, sarebbe stata Piera Maria Loiacono, anche lei arrestata nel blitz dei carabinieri del nucleo Investigativo del Comando provinciale di Palermo.
La donna, secondo gli investigatori, si è rivelata una “figura perfettamente trasversale tra il mondo della politica e quello mafioso”.
“Una donna intrisa di una sconcertante ‘cultura mafiosa’”, scrivono i pm nella richiesta di misure cautelari. Ex assessore della Giunta comunale di Campofelice di Fitalia (Palermo), nel 2017, era stata candidata, come outsider, alla Presidenza della Regione siciliana con il sostegno del movimento politico ‘Libertas’ e dei liberal socialisti.
“Piera… io posso corrispondere al momento di tre al massimo quattro paesi, e basta. E sono: Carini, Torretta, Cinisi, Terrasini”. “Bravo”. “Da lì io non mi sposto più perché non voglio più avanzare”. E’ una delle conversazioni intercettate dai Carabinieri tra Giuseppe Lo Dico e Piera Lo Iacono, entrambi arrestati nella notte con il candidato Salvatore Ferrigno per voto di scambio politico-mafioso. “Sicché, Lo Duca, anche in ragione della sua “amicizia” con il candidato, che sarebbe stata a quest’ultimo chiaramente evidente, allorché avrebbe ricevuto il messaggio di Lo Iacono, quantificava la propria richiesta di denaro in cinquemila euro per ognuno dei quattro comuni (“non meno di cinque a paese”)”, scrive il gip Fabio Pilato nella misura cautelare.
“Ora tu per qua gli dici “ascoltami…” gli dici “avendo una persona… che già ci siamo capiti pure chi è, avendo quest’amicizia… non meno di cinque a paese!…”, si legge ancora nella intercettazione. “Lo Duca, ancora, giustificava la sua richiesta con la necessità di dover corrispondere la metà della cifra richiesta a ogni “paese”, con tale termine chiaramente indicando il vertice mafioso operativo in quei comuni”, dice il gip.
“(inc.) io posso corrispondere quattro, di qua e già sono questi di qua… e questi non me li deve toccare nessuno Piè, perché ogni paese io gli devo lasciare la metà”, dice Lo Duca. E la donna replica: “Certo perché sennò non ti cercano più”. “Pieru’, andiamo dai…”. “Eh”. “Vedi che a Cinisi, gli presento cinquemila… “millecinque tu e millecinque io” … non c’è niente da fare!”. “Eloquente l’ultima espressione di Lo Duca (“non c’è niente da fare”): la spartizione della somma con ciascun rappresentante di Cosa nostra di ogni paese era necessaria al fine di garantire un introito economico alla articolazione mafiosa che si sarebbe dovuta mobilitare e di assicurare, analogamente a quanto avviene nel meccanismo delle “messe a posto”, il dovuto rispetto e riconoscimento ai mafiosi di quei comuni”, dice il gip. “A questo punto la Loiacono chiedeva a Lo Duca se avesse certezza circa la effettiva disponibilità del denaro necessario da parte del politico destinatario della loro proposta (“ma dimmi una cosa, lui ha questa possibilità?). Lo Duca affermava di sapere che il loro interlocutore aveva le necessarie disponibilità finanziarie (“so che sta bene economicamente”)”. “Lo Duca, nel corso della conversazione, faceva poi un chiaro ed esplicito riferimento alla propria capacita di condizionamento del voto, quantificando per il solo comune di Carini il numero di preferenze che avrebbe fatto ottenere a Ferrigno”. …Non meno di duecento voti a paese…Dico, io ho i miei…e in quarantamila quando gliene porto duecento che minchia vuole!…”).