In questo periodo è emerso il termine “Merito”, anche per effetto della nuova denominazione del Ministero dell’Istruzione e del Merito.
Sembra una questione di lana caprina, ma in effetti ha una rilevanza fondamentale perché l’applicazione del merito costituisce una regola nella convivenza fra le persone, nel lavoro, nelle professioni e, in genere, in tutte le attività. Nonostante tutti sappiano cosa sia, pochi si comportano in base ad esso.
Che vuol dire merito? Merito è: “Il diritto che con le proprie opere o le proprie qualità si è acquisito all’onore, alla stima, alla lode, alla ricompensa da parte dei terzi”. Oppure: “Il voto che l’insegnante assegna all’alunno come giudizio sul profitto”. O ancora, come ricompensa, per esempio: “Dio vi renda merito”. Ma può anche indicare una branca come nel diritto processuale, ove vi è il cosiddetto “giudice del merito”.
In filosofia, il concetto del merito è strettamente legato con il problema morale e, in particolare, con quello della responsabilità individuale delle azioni.
In teologia, la dottrina del merito si è sviluppata nel cristianesimo attraverso la Scolastica.
Ma non vogliamo tediarvi con altre citazioni, bensì fare alcune valutazioni, appunto, di merito.
In primo luogo, guardando la natura ci accorgiamo che tutto funziona in base ai meccanismi che premiano alcuni e penalizzano altri: nel mondo vegetale, in quello animale. Anche nel mondo umano, soprattutto nello sport, si formano graduatorie in base al merito, misurato dai risultati. Nessuno in questo campo si lamenta se vi è chi arriva primo e chi arriva ultimo o chi si trova nella fascia intermedia.
Anche in questo versante possono esserci imbrogli, ma spesso vengono scoperti e chi ha approfittato di scalare la graduatoria non per merito, ma in base ad anabolizzanti e altro, viene punito ed espulso dal mondo dello sport.
Come si vede da queste poche righe, la graduatoria naturale determina chi è bravo e chi non lo è. Per cui sembra strano che vi siano persone che neghino la verità di questa sorta di termometro.
Qui non si tratta di valutare chi ha un pensiero conservatore o progressista, ma di sottolineare come sia necessario dare a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio. Che vogliamo dire? Che chi fa il proprio dovere interamente, o anche di più, deve avere riconoscimenti morali e materiali, perché è giusto pesare i risultati.
Ecco, di questo si tratta: pesare i risultati. Intendiamoci, non ci riferiamo solo a risultati economici, professionali o lavorativi, ma anche a risultati morali nell’interazione fra persone e fra componenti di una Comunità, il che comporta tener conto delle altrui deficienze e bisogni.
L’altruismo non è molto diffuso nella nostra società, ove prevale invece l’egoismo. Ciò accade perché il materialismo si diffonde sempre più e con esso la bulimia delle cose, accresciuta da una sorta di avidità senza fine che vuole avere sempre di più senza però precedentemente dare.
Perciò tutti reclamano i diritti e si scordano che prima ci sono i doveri.
Il merito, dunque, è quel valore che deve essere riconosciuto soprattutto alle persone modeste, che fanno interamente il proprio dovere senza vantarsene, il che non è un comportamento comune.
Non si capisce come possano esserci persone che invece disprezzano il merito e tendono al livellamento verso il basso dei comportamenti. Il sindacato, per esempio, dice no al merito per “difendere i più deboli”. è un concetto incomprensibile perché se da un canto è vero che i più deboli ed incapaci di difendersi vanno aiutati, dall’altro, chi invece lavora con abnegazione e qualità, deve avere il giusto riconoscimento.
Il merito è l’unico strumento per premiare i giovani che provengono dalle fasce sociali più svantaggiati e che non hanno la protezione delle famiglie benestanti o di altri soggetti aventi privilegi.
Per questo è necessario che lo Stato, gli istituti di credito, le fondazioni e le imprese mettano a disposizione dei giovani il numero massimo di borse di studio in modo da aiutarli ad accrescere la loro formazione e la loro competenza, per operare nel mercato e nelle professioni con pari possibilità di altri, che partono da gradini più alti.