Pezzi di Pizzo

AST, fine del servizio pubblico?

La vicenda AST che ferma il trasporto urbano in alcune grandi città, come Siracusa o Gela, è paradigmatico. Al di là di gestioni non proprio efficienti è proprio arrivata al capolinea l’azienda? O la si vuole fare arrivare per decretare la fine del servizio pubblico?

Il servizio pubblico su gomma è da anni in regime di concessioni storiche prorogate. Ora l’Europa, dopo vari warning, ha detto stop. Si deve andare a gara. Nell’isola, in cui la carenza di trasporto ferroviario con tempi biblici ha fatto crescere una miriade di autolinee a pioggia, l’AST, l’azienda siciliana trasporti, era una anomalia, ed era trattata per tale. C’era una linea costosa per la velocità urbana e quindi per i consumi? Diamola all’AST, che può perdere soldi. Questo era il mantra, l’azienda pubblica era il tappabuchi delle carenze di trasporto, dove i privati non volevano andare.

Se c’era una tratta antieconomica questa era automaticamente della società regionale, creando i presupposti di un dissesto strutturale a tavolino. In più i pochi biglietti che si potevano staccare in quelle tratte venivano ridotti, anno dopo anno, da emendamenti di deputati che volevano garantire nicchie di esentati dal biglietto. Mentre sulle linee performanti e con bigliettazione, vedi autostrade, l’AST non poteva fare camminare i suoi autobus.

Era la cenerentola del trasporto, anche se appetibile per alcuni. Per Antonello Montante, che se la voleva comprare, avendo sicuramente una strategia in mente, per i sindacati che gestivano tessere, e per gli autonomisti che considerano questa società un feudo politico, esprimendo sempre il presidente. Forse per il valore simbolico di sicilianità.

Oggi la crisi d’impresa è certificata dal collegio sindacale, che comincia a temere la spada di Damocle della Corte dei Conti, il quale si è dimesso in polemica con il CdA. Il governo tenta di sopire le proteste mandando la società verso un destino da Bad Company, tra proteste sindacali e fornitori imbufaliti. La Regione non intende ricapitalizzarla, pur avendone le responsabilità da socio unico, lavandosene pilatescamente le mani. Tanto non può partecipare alle gare che si dovranno indire è la risposta. Pertanto, che fine faranno i quasi 900 lavoratori? Saranno messi alla Resais o in altra partecipata, per rimpinguare il bacino dei precari regionali. Ma così non diventano improduttivi?

Per i cittadini forse, visto che non forniranno più servizi, ma per la politica potranno, in quanto precari ricattabili, finalmente diventare produttori di voto assistenziale. La fine dell’AST è la fine del concetto di servizio pubblico, poi magari si passerà ad altri servizi. Vedendo facendo.

Così è se vi pare.