Ho la netta preoccupazione che nella città di Catania l’astensionismo, alle prossime elezioni amministrative, nonostante le tante liste ed i tanti candidati, sarà davvero alto, e sarebbe l’ennesima occasione persa da parte di chi è bravo a lamentarsi, ma non è altrettanto bravo ad organizzarsi.
La politica, soprattutto in chiave amministrativa, non mi stancherò mai di dirlo, è l’arte dell’incontro di interessi legittimi, il tanto vituperato compromesso, ai fini del miglioramento della qualità della vita di una comunità. Il presupposto perché ciò avvenga, però, è che i componenti della comunità in questione partecipino alle scelte, dato che se non vi dovessero partecipare, lascerebbero il potere di decidere a chi, magari, non ha la competenza per farlo adeguatamente, facendo sì che le cose vadano sempre peggio.
A questo aspetto di carattere generale, a Catania, ma forse anche altrove, se ne aggiungono alcuni altri, che servono solo a rafforzare le posizioni peggiori ed i loro spregiudicati rappresentanti. Farò alcuni esempi: “non votu picchi su’ tutti i stissi” (non voto perché sono tutti uguali), “non votu picchi tantu non cancia nenti” (non voto perché tanto non cambia niente), “non votu picchi nuddu m’ha datu nenti” (non voto perché nessuno mi ha dato niente), ecc. Ma queste non sono le sole argomentazioni che si possono incontrare. C’è chi non andrà a votare perché “tanto si sa già chi vince” e chi non andrà a votare perché “tanto quello che vorrei votare perde lo stesso” o perché “sempre lui, non si è ancora saziato?” Come si può notare dagli esempi appena fatti, che sono verificabili ad ogni angolo di strada, parlando con qualsiasi catanese, nessuno farà riferimento ad un programma ed al suo contenuto, che può essere condiviso e non condiviso, purché vi sia ed abbia una giusta dose di ragionevole fattibilità. Qualcuno i penserà: però ci sono le liste di protesta… Ebbene, tacciono anche quelle, anche perché sono solo strumentali alla conquista velleitaria del potere per il potere! I programmi, infatti, scarseggiano, forse si tengono nascosti per evitare che vengano contestati. Ma si può mai constatare qualcosa che non si manifesta? Infatti non c’è neanche l’opposizione. Insomma, siamo alle solite “Calimero” o “Calirosso” e siamo alle solite persino “Calisbiadito”, “Caliarcobaleno” o “Calincolore”. Ovviamente mi auguro con tutto il cuore di sbagliare, mi auguro che non si avveri nessuna delle amare stranezze “politicamente scorrette” che ho sostenuto e che gli elettori vadano a votare. Tuttavia i miei sondaggi, rigorosamente compiuti tra i frequentatori dei supermercati, degli uffici postali, delle edicole e dei tabaccai, vanno tutti in questa direzione.
Come è noto, il motto della città è “Melior de cinere surgo”, ma qua, purtroppo, nessuno appicca il fuoco della passione civica e della partecipazione, né quello della competenza e del coraggio nel compimento delle difficili scelte che attendono l’amministrazione. Temo, quindi, che il motto cambierà presto in “Memento civitatem, quia pulvis es, ed in pulverem reverertis”, anche dopo le elezioni. E spero di non aver dimenticato quel poco di latino che ho studiato a scuola, non mi verrebbe perdonato e su questo, ne sono certo, si aprirebbe un articolato inutile dibattito. Ad ogni modo, mettendo da parte l’amata ironia, il momento è davvero difficile perché se c’è una cosa che può mettere davvero in crisi la democrazia questa è la mancata partecipazione e purtroppo, oggi più che mai, tutto sembra complottare affinché la democrazia si trasformi in oligarchia.
Della strana alleanza, consapevolmente o inconsapevolmente, fanno parte i corpi sociali, che puntano esclusivamente agli interessi di parte e se ne infischiano della generale qualità della vita, la scuola, che ignora l’educazione civica, l’informazione che scambia i fatti con le opinioni. Le prossime elezioni amministrative costituiranno un banco di prova per smentire il mio, forse, pessimistico ragionamento, ma temo che, invece, purtroppo, salvo qualche auspicata eccezione, lo confermeranno.
Intanto potremmo invitare le persone a documentarsi, a chiedere, a provare a saperne di più. Il motivo? Tutti abbiamo un amico da suggerire per il voto, pochi, però, sono quelli capaci di interpretare bene il voto ricevuto.