TRAPANI – Niente stabilizzazione e niente risarcimento o riconoscimento di stipendi maggiorati. Restano con un pugno di mosche in mano 35 precari contrattualizzati come Asu in servizio ai Comuni di Alcamo, Castellammare del Golfo e Valderice.
Secondo il tribunale del lavoro di Trapani non hanno diritto a nessun riconoscimento perché non è possibile il passaggio automatico all’assunzione a tempo indeterminato senza concorso in una pubblica amministrazione e non è provato che abbiano svolto mansioni superiori a quelle effettivamente a loro consentite. Si chiude in questo modo una vertenza che era partita nel 2019 con alcuni lavoratori che avevano deciso di adire le vie legale facendo ricorso al tribunale civile per vedere riconosciute le loro ragioni di eterni precari. Sentenza che oltretutto mette in salvo i tre Comuni da una vera “catastrofe” finanziaria perché se fosse stato riconosciuto il danno soltanto Alcamo avrebbe dovuto sborsare all’incirca un milione di euro dal momento che conta 136 Asu. Sicuramente, se l’avessero spuntata queste prime 35 unità, a cascata anche gli altri colleghi avrebbero avviato le vertenze. E sicuramente da qui ci sarebbe stato un effetto domino anche per tutte le altre pubbliche amministrazioni siciliane che sono piene zeppe di questi lavoratori.
Di Asu solo in Sicilia se ne contano all’incirca 5 mila. I ricorrenti hanno avanzato tre distinte pretese: una diretta alla stabilizzazione dei rapporti di lavoro, come sanzione per l’illegittimo utilizzo di contratti a termine; una di tipo retributivo, per i pagamenti degli stipendi degli anni in cui avrebbero dovuto maturato già l’assunzione; e infine una di tipo risarcitorio per le occasioni mancate di inserimento nel mondo del lavoro. Nessuna delle tre istanze però è stata accolta dal giudice Dario Porrovecchio. La stabilizzazione non può essere pretesa, secondo il giudice, per effetto della costante giurisprudenza che ritiene illegittima una conversione del rapporto di lavoro seppur sulla base di una presunta “illegittima reiterazione di contratti a termine alle dipendenze di una pubblica amministrazione”.
Per l’assunzione è obbligatorio il varo del “piano del fabbisogno” che nel caso dei tre Comuni non contemplava l’assunzione degli Asu. Nulla di fatto neanche rispetto alla tesi avanzata dai lavoratori i quali hanno lamentato do aver svolto “mansioni di complessità e responsabilità in alcuni casi, reggendo le sorti di uffici e servizi”. In tal senso il giudice ha evidenziato che nel caso di questi tre Comuni “non risulta provato né che i ricorrenti abbiano svolto mansioni diverse da quelle indicate dall’amministrazione ‘a supporto’ del personale di ruolo, né che siano stati utilizzati per la copertura di carenze d’organico”.
E questo è dunque un altro motivo che esclude risarcimenti o riconoscimenti surplus di stipendio maturati negli anni passati. In un ben preciso passaggio della sentenza il giudice scrive: “Secondo l’orientamento della giurisprudenza di legittimità solo in caso di svolgimento di una prestazione lavorativa in tutto sovrapponibile a quella degli altri dipendenti non può invocarsi la natura assistenziale propria del rapporto formalmente instaurato tra le parti, e in tal caso il rapporto di fatto intercorso come subordinato resta regolato dall’art. 2126 c.c. (Cass. n. 17101 del 11/07/2017). Ma nel caso concreto non risulta provato né che i ricorrenti abbiano svolto mansioni diverse da quelle indicate dall’amministrazione ‘a supporto’ del personale di ruolo, né che siano stati utilizzati per la copertura di carenze d’organico, atteso che non sono state al riguardo sollevate da parte ricorrente contestazioni sufficientemente specifiche ed individualizzate rispetto alle singole posizioni”.