di Giovanni Cattarino
già Consigliere della Corte costituzionale e Capo Ufficio Stampa
A oltre quattro mesi dalla “storica” decisione della Corte Costituzionale sul nome dei figli (sent. n.131 del giugno di quest’anno, consultabile sul sito della Corte Costituzionale) sembrerebbe, almeno stando ai numeri riportati sui giornali, che le modifiche introdotte con la sentenza non abbiano prodotto grandi cambiamenti: in sede di scelta del cognome quello del padre continua a prevalere.
Nella sentenza citata la Corte aveva disposto che, nel caso di riconoscimento contemporaneo da parte dei due genitori (art. 262 cod. civ.) il figlio dovesse assumere il cognome di entrambi oppure il cognome di uno solo dei due, in base all’accordo tra i genitori. Via quindi l’attribuzione del cognome del padre, automatica o per mancanza di un accordo fra i genitori sull’aggiunta del nome della madre, come consentito dopo un primo intervento della Corte costituzionale (sent.n.286 del 2016). La Corte è pervenuta a questo risultato ragionando sul principio di eguaglianza (art. 3 Cost.) e sul diritto del figlio a una piena identità, inclusiva di entrambi i rami genitoriali (art. 2 Cost.), principi tutelati anche dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.
Vista l’inerzia del legislatore, la Corte interviene per cancellare “l’invisibilità” della madre sottesa alle attuali norme e per garantire quella parità uomo-donna proclamata in Costituzione e soltanto in parte realizzata con le passate riforme in tema del diritto di famiglia e di filiazione. L’attribuzione del solo cognome paterno, rileva la Corte, è retaggio di una concezione patriarcale della famiglia, ormai superata. Né può sostenersi, appellandosi all’art. 29, 2° comma, Cost., che in questo caso l’eguaglianza debba essere sacrificata sull’altare dell’unità della famiglia; è invece vero il contrario, afferma la Corte: l’unità è assicurata proprio dall’uguaglianza dei genitori che ne sono all’origine.
L’eguaglianza tra padre e madre e il diritto a una “piena” identità personale richiedono che il cognome del figlio debba comporsi dei cognomi dei due genitori. Pertanto, in caso di riconoscimento contemporaneo, il figlio d’ora in poi assumerà il doppio cognome, in luogo di quello del padre. Tuttavia, in base al principio di eguaglianza la Corte dispone che, in accordo tra di loro e quindi in una situazione di assoluta parità, i genitori possano assegnare il cognome di uno dei due anziché i cognomi di entrambi. Sebbene sia una deroga al principio della valorizzazione di entrambi i rami genitoriali nella costruzione dell’identità, l’innovazione consentirà al figlio di non portare un cognome accostabile a vicende di cronaca o storiche che i genitori di comune accordo ritengono sia preferibile dimenticare, nel suo stesso interesse.
La Corte estende quindi la regola posta per i figli nati fuori del matrimonio e riconosciuti contemporaneamente dai genitori anche ai figli nati nel matrimonio e ai figli adottati.
La Corte infine rivolge un doppio invito al legislatore: dovrà valutare l’interesse del figlio ad avere, in presenza di fratelli con cognome del padre (o della madre), lo stesso cognome dei fratelli per preservare la sua identità familiare; dovrà dettare delle regole per evitare il moltiplicarsi dei cognomi con il succedersi delle generazioni.