“Gli interventi di demolizione delle superfetazioni carcerarie del castello Svevo di Augusta si faranno”. E’ quanto detto nel corso di una video-conferenza sul progetto di consolidamento e restauro del monumento simbolo di Augusta organizzata dalla Sovrintendente ai Beni culturali di Siracusa, Donatella Aprile, e dall’assessore regionale ai Beni culturali, Alberto Samonà.
Alla video-conferenza hanno preso parte anche il Rup nonché direttore dei lavori, Carmelo Bernardo, la direttrice della sezione beni architettonici, Alessandra Ministeri, il funzionario nonché curatore delle indagini geognostiche, Paolo Tiralongo, il sindaco di Augusta, Giuseppe Di Mare, l’assessore comunale alla Cultura, Giuseppe Carrabino. Hanno partecipato anche la presidente di Archeoclub Augusta, Mariada Pansera, la presidente di Italia Nostra Augusta, Jessica Di Venuta, e il presidente dell’associazione La Gisira di Brucoli, Giampiero Lo Giudice.
L’Assessorato regionale ai Beni culturali ha stanziato 5 milioni di euro per “Il consolidamento, il restauro e la fruizione” del castello Svevo. Il finanziamento proviene dal “Fondo sviluppo e coesione 2014-2020 – Patto per il sud”.
La Sovrintendenza aretusea ha elaborato un progetto che si articola in due distinte fasi. La prima prevede la demolizione di quelle sovrastrutture che appesantiscono il castello ed il ripristino della struttura originaria. La seconda fase verrà effettuata in base a quello che ci si aspetta di trovare durante gli interventi. Nella prima fase, pertanto, saranno eliminate tutte le strutture realizzate a fine ‘800 allorché il castello divenne un importante penitenziario, funzione che mantenne fino al 1978.
Tuttavia anche le strutture carcerarie rappresentano una importante testimonianza storica e, quantomeno, non dovrebbero essere demolite del tutto. Lo fa notare la presidente di Archeoclub Augusta, Mariada Pansera, che dichiara: “Pur condividendo la necessità di eliminare le cosiddette superfetazioni che gravano sulla struttura originaria provocandone lo scivolamento ciò non di meno corre l’obbligo, a nostro avviso, di conservare e tutelare almeno una parte dell’architettura penitenziaria testimone di periodi storici vissuti dalla città in taluni casi ancora vivi nei ricordi dei nostri concittadini”. “Inoltre, – aggiunge Pansera – appreso dai punti 3 e 4 del progetto di demolizione che “nella fase di progettazione non è stato possibile ispezionare alcune zone del complesso pertanto la verifica sarà effettuata in fase esecutiva e dopo l’apprestamento di appropriati anditi di servizio che ne consentiranno una più sicura verifica dei locali” sarebbe importante effettuare non solo ispezioni diagnostiche più approfondite ma, proprio allo scopo di limitare e contenere le demolizioni previste per la struttura carceraria, di intervenire con un rafforzamento dal basso con le cosiddette “barriere soffolte”.
Anche Jessica Di Venuta di Italia Nostra afferma: “La superfetazione carceraria è patrimonio culturale, storico e monumentale della nostra città, e parte integrante, irrinunciabile e qualificante del nostro paesaggio. Recuperare al bello e restaurare in toto il castello e restituire immediatamente alla fruizione il nostro bene culturale con la creazione di un museo della detenzione e del brigantaggio. Demolire la struttura carceraria significa perdere questa opportunità per sempre e sicuramente in seguito le future generazioni chiederanno il conto di questa scelta”.