Con l’obiettivo di ridurre le emissioni di monossido di carbonio, idrocarburi e particolato (gas di scarico), l’Unione europea ha deciso di porre il divieto di fabbricare auto con motori termici dal 2035.
Va precisato che i motori delle auto a benzina e diesel sono stati sempre più perfezionati, con la conseguenza che ognuno di essi produce meno inquinamento di una caldaia a gas di un singolo appartamento. Per cui sembra anacronistico puntare il dito solo sui veicoli a motore termico e non anche, se non di più, sull’eliminazione delle caldaie a gas.
Qualcuno potrebbe obiettare che non vi è rimedio al riscaldamento della singola unità immobiliare, ma in realtà la questione è stata affrontata e risolta magnificamente decine di anni fa. Ci spieghiamo.
A Brescia vi è un impianto centralizzato che produce acqua calda, la quale, attraverso apposite condotte, va in tutti gli immobili. Cosicché oggi quella bella città non ha inquinamento da riscaldamento.
A Giubiasco, in provincia di Bellinzona (Svizzera), vi è un impianto da me visitato e oggetto di un forum con Claudio Broggini, direttore generale dell’Azienda Cantonale rifiuti, pubblicato il 5 maggio 2012, il quale utilizza i rifiuti del Cantone per produrre energia, biocarburante e per riscaldare la centrale d’acqua, le cui tubazioni si sono ramificate in quel territorio.
Come si evince dalle brevi note che precedono, il rimedio c’è ed è efficace, basta adottarlo perché qualunque città d’Italia potrebbe avere il suo impianto a funzioni multiple, cioè per la produzione di energia, di biocarburante e per riscaldare l’acqua da portare in tutti gli immobili.
Torniamo alle auto elettriche. È vero che da un canto non consumano direttamente carburante, cioè benzina o gasolio, ma è anche vero che consumano energia elettrica, esattamente come fanno i treni. Per cui, in base a come viene prodotta tale energia utilizzata (il tipo di carburante), questi mezzi possono essere altrettanto inquinanti.
Vi sono ancora centrali a carbone, per esempio in Germania o in Italia, che producono energia, o centrali che utilizzano il petrolio ed altre che utilizzano il gas; tutti prodotti più o meno inquinanti che rendono anche l’energia elettrica tale. Per non parlare dell’estrazione dei metalli necessari a fabbricare le batterie, la quale comporta altre implicazioni ambientali.
La questione delle auto elettriche non può essere vista solo dal punto di vista ambientale, ma anche economico. Chi è oggi il maggior produttore di auto elettriche al mondo? Ovviamente la Cina di Xi Jinping, la quale, essendo un’economia gestita, è in condizione di sovvenzionare le auto elettriche e, per conseguenza, venderle sul mercato mondiale a un prezzo ridotto, secondo il dumping (la vendita all’estero di una merce a prezzi inferiori a quelli praticati sul mercato interno). Dunque, i prezzi delle auto cinesi non sono frutto di un conto economico che produce utile, bensì di una politica che intende invadere gli altri mercati a prescindere dai relativi costi.
Come ci si difende di fronte a questa situazione? Elon Musk con le sue Tesla ha cercato di parare il colpo ribassando fortemente i prezzi delle sue auto, tanto che quella di primo livello costa “appena” trentaseimila euro, mentre quelle cinesi sono vendute a cinque o diecimila euro di meno.
Tutti gli altri produttori mondiali, da Volkswagen a Toyota a Ford, non sono in condizione di vendere le loro auto a questi prezzi, anche per una questione di approvvigionamento, in quanto non vi sono sufficienti fabbriche di batterie capaci di alimentare una normale produzione.
A loro volta le batterie hanno bisogno dei semiconduttori, i quali sono prodotti in gran parte in Cina. Ed ecco che il cerchio si chiude.
Il forte ritardo delle industrie automobilistiche occidentali non può essere recuperato perché anche la Cina continua in questa operazione di invasione silenziosa del mondo con auto che sono gradevoli sotto il profilo estetico, disegnate (vedi caso) da professionisti occidentali, ottime sul piano tecnico e convenienti per il loro basso prezzo: tre condizioni imbattibili.
Da quanto precede si evince l’urgente necessità per tutte le industrie occidentali di recuperare il tempo perduto, per quello che possono fare, puntando su questo nuovo mercato.