Si accende il dibattito sul tema dell’Autonomia differenziata che, come ha anticipato il ministro degli Affari Regionali Roberto Calderoli, sarà domani 17 novembre sul tavolo della Conferenza delle Regioni.
Il disegno di legge è in cima alle priorità del ministro ma è già diventato un terreno di scontro con le Regioni del Sud, ma anche all’interno della maggioranza. Anche Fratelli d’Italia non mostra entusiasmo.
La richiesta di maggiore autonomia è stata avanzata già negli anni scorsi da nove regioni (Lombardia, veneto, Emilia-Romagna, Piemonte, Liguria, Toscana, Marche, Umbria e Campania), in due si è svolto un referendum nel 2017 che ha confermato la richiesta (Lombardia e Veneto).
L’autonomia differenziata delle regioni a statuto ordinario è una potestà che viene riconosciuta dall’articolo 116 della Costituzione dopo la modifica frutto della riforma costituzionale del Titolo V approvata nel 2001.
L’art. 116 della Costituzione, al terzo comma prevede: “Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui al terzo comma dell’articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alle lettere l), limitatamente all’organizzazione della giustizia di pace, n) e s), possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei princìpi di cui all’articolo 119. La legge è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata”.
L’articolo 116, che nel primo e secondo comma riconosce le Regioni a statuto speciale, dunque prevede la possibilità di attribuire forme e condizioni particolari di autonomia alle Regioni a statuto ordinario.
Queste forme ulteriori di autonomia riguardano tutte le materie che l’art. 117, terzo comma, attribuisce alla competenza legislativa concorrente. Ecco quali sono le materie: rapporti internazionali e con l’Unione europea delle Regioni; commercio con l’estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia; previdenza complementare e integrativa; coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale.
Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.
Il provvedimento è divisivo. “Un provvedimento che genera caos e spacca in due il paese”, commenta il presidente della Campania Vincenzo De Luca. Calderoli però sottolinea che non c’è alcuna proposta da ritirare, poiché “non è mai stata presentata. Quella sul tavolo è una bozza di lavoro per iniziare a confrontarci e lavorare. Auspico che la versione definitiva di questo testo possa essere scritta con il contributo di tutte le Regioni, perché questa è una bozza aperta ad ogni tipo di proposta”.
Lo scontro riguarda soprattutto i Lep: secondo l’articolo 117 della Costituzione lo Stato ha potestà esclusiva sulla “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”. De Luca è convinto di poter fare fronte comune con altre regioni come Calabria, Basilicata, Puglia, Molise e Lazio. Tra i governatori favorevoli ci sono non solo i leghisti Luca Zaia e Attilio Fontana, ma anche il governatore dem dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, e il presidente della Toscana Eugenio Giani.