Inchiesta

Autonomia, non fate come la Sicilia

Il dibattito sul regionalismo differenziato è vivo più che mai.
Le ricche e virtuose Regioni del Nord, sostenute dalla Lega che dell’autonomia ha fatto la sua bandiera, invocano l’attuazione dell’art. 116 della Costituzione e, non solo non intendono arretrare di un millimetro, ma puntano il dito contro il fronte del “No” rappresentato principalmente dalle Regioni del Sud che, condannate all’arretratezza economica a causa di una gestione scellerata delle risorse sono che il regionalismo differenziato contribuisca ad acuire il gap con il Nord Italia e chiedono pertanto a gran voce che si attui a condizione di specifiche misure perequative. Il presidente della Regione Veneto, Zaia, non ha dubbi: “Il Sud non vuole l’Autonomia perché significa assunzione di responsabilità”.


La mala gestio della politica siciliana ha trasformato l’Autonomia in iattura

PALERMO – Mentre il dibattito tra le diverse “fazioni” infuoca gli animi, la Sicilia continua a pagare caro il prezzo di un’Autonomia monca e di uno Statuto speciale usato da anni dagli amministratori isolani come scudo per difendere privilegi e tornaconti personali. Intanto, tra leggi mai recepite e immobilismo, la Sicilia resta indietro su importanti novità che coinvolgono il resto del Paese.

I TAGLI AI VITALIZI
Taglio dei vitalizi, pena la riduzione dei contributi statali. Un’imposizione, contenuta nell’ultima Finanziaria, che però non ha coinvolto la nostra Isola. In Sicilia, infatti, la legge non è mai stata recepita. Anzi, è nato un acceso dibattito che ha visto addirittura personalità di spicco ergersi a paladini dei privilegi.
“Mi sfiducino pure – ha tuonato il presidente dell’Ars, Gianfranco Miccichè – ma non posso consentire che venga penalizzato chi ha avuto l’unica colpa di adoperarsi per questa terra. Sono disponibile a studiare un taglio dei vitalizi ma non può essere come quello che il presidente Fico ha imposto alla Camera dei deputati”. Favorevoli o no, dei tagli non c’è ancora traccia.

LO SPAZZACORROTTI
Non ha avuto finora più fortuna neanche la legge n.3 del 2019, la cosiddetta “spazzacorrotti”. Per allineare la Sicilia al resto d’Italia, infatti, servirebbe una norma dell’Ars che, però, non è ancora arrivata. Un disinteresse che ha suscitato lo stupore anche dello stesso ministro della Giustizia. “Trovo sconcertante – ha dichiarato Alfonso Bonafede – che di fronte a una legge che impone alle forze politiche di presentare un curriculum vitae e il casellario giudiziario del candidato che si presenta, affinché i cittadini possano valutare, che ci sia una Regione che si oppone a recepire una legge approvata dal Parlamento nazionale. Questa terra ha bisogno di messaggi di legalità”.
“L’autonomia – ha aggiunto il ministro– non deve essere considerato come un ‘facciamo ciò che vogliamo’ ma come uno strumento per cercare di rendere uno strumento nazionale migliore e più adattabile alla situazione territoriale”

I CONTROLLI SUI PARTITI
A nascondersi dietro la “libertà” incontrollata dello Statuto speciale, sono anche i conti dei partiti politici. Il parlamento siciliano, infatti, non ha mai percepito gli artt. 12 e 14 della legge 515/93 che prevede la verifica del rendiconto delle spese elettorali da parte della Corte dei Conti. In Sicilia, a differenza di quello che avviene nelle Regioni a statuto ordinario, tutto questo non accade. Un macigno che pesa sui continui slogan politici che incitano alla Trasparenza come arma chiave per migliorare il rapporto di fiducia tra cittadini, classe politica e istituzioni.


Autonomia, il fronte del Sì

“Nel contratto di Governo c’è l’autonomia, se i Cinque Stelle hanno cambiato idea, lo vadano a spiegare ai lombardi e ai veneti”. Non usa mezzi termini il vicepremier Matteo Salvini, nel portare avanti il cammino verso l’autonomia differenziata di Lombardia e Veneto, storico cavallo di battaglia della Lega. Cammino che però procede a rilento. In tanti, infatti, anche tra le fila della maggioranza Gialloverde, alcuni continuano a storcere il naso. Il tema resta caldo e sembra essere sempre in grado infiammare gli animi.

A spingere, dal fronte del Sì, ci sono i presidenti delle Regioni simbolo dell’autonomia differenziata: Luca Zaia per il Veneto e Attilio Fontana per la Lombardia. “Noi stiamo attendendo dal 22 ottobre 2017 – ha dichiarato il primo – abbiamo risposto a tutte le domande e a ogni possibile dubbio ed il tempo è finito. Adesso i 5 Stelle ci dicano se l’approvano. Se non la vogliono approvare come l’abbiamo scritta noi, presentino ufficialmente la loro idea di autonomia in modo tale che i 2 milioni e 328 mila veneti, i lombardi e tutti quelli che la stanno chiedendo, possano decidere se le proposte del Movimento 5 Stelle sono compatibili con le aspettative che hanno i territori”.

Il nodo principale del dibattito è legato alle possibili conseguenze che deriverebbero dalla concessione dell’autonomia in termini di differenze economiche tra Nord e Sud Italia: attribuire più competenze alle Regioni del ricco Nord, contribuirebbe a far crescere il già vasto gap con tra Settentrione e Mezzogiorno? Non secondo il governatore Zaia.
“Questa autonomia – ha scritto in una lettera rivolta direttamente agli abitanti del Meridione – che viene dipinta ai cittadini come la morte del Sud è, invece, una grande opportunità per loro. E anche per noi. Nord e Sud sono infatti legati a filo doppio. Chi racconta nelle istituzioni, nelle piazze, in Parlamento, che l’autonomia è un baratro per il Mezzogiorno, dice qualcosa di contrario alla Costituzione vigente. La verità è che l’autonomia fa paura a molti amministratori del Sud, perché essa è una vera assunzione di responsabilità. E questo fattore fondamentale per la corretta gestione delle risorse pubbliche che, troppo spesso, vediamo sprecate senza alcun vantaggio per i cittadini, è proprio ciò che crea forti timori in determinati ceti politici e amministrativi”.

Assunzione di responsabilità che, però, sembra non aver quasi mai riguardato politici e amministratori siciliani di ogni generazione. Per decenni nella nostra Isola l’autonomia è stata utilizzata come scudo per difendere privilegi e clientes. Le innumerevoli rinegoziazioni fallite con il Governo centrale hanno finito per trasformare lo Statuto in carta straccia che non ha portato nessun progresso per i cittadini dell’Isola ma, al contrario, mala gestio continua e giustificata proprio in nome di quell’autonomia che dovrebbe “tutelare” i siciliani.
A goderne, insomma, sono stati solo politici irresponsabili e amministratori in malafede.


Autonomia, le ragioni del No

Tra le stesse fila del Governo abbondano scettici e perplessi. “In alcuni casi – ha dichiarato il ministro per il Sud, Barbara Lezzi – le richieste regionali non sono del tutto coerenti con i principi costituzionali. Le perplessità che abbiamo sono anche e soprattutto dovute all’impossibilità di esprimere una valutazione degli impatti sulla finanza pubblica. In un’ottica di tutela degli interessi della comunità non posso che avere cura di partecipare attivamente all’azione del governo per fare in modo che le misure adottate e le iniziative future assicurino al Sud le risposte di cui ha bisogno per poter colmare quel gap con il Nord cresciuto a dismisura negli ultimi 25 anni e, quindi, generare un ulteriore ampliamento del divario, nonché cittadini di serie A e serie B”. Sulla stessa lunghezza d’onda, anche l’altro vicepremier, Luigi Di Maio.
“I testi degli accordi per l’Autonomia regionale – ha specificato – vanno scritti nei prossimi mesi in modo che non attentino all’unità nazionale”.

Il problema dell’unità nazionale e i possibili dislivelli tra Nord e Sud del Paese, preoccupano anche l’assessore regionale all’Economia, Gaetano Armao, che nonostante tutto rimane convinto sostenitore dell’autonomia siciliana. Intervenuto al seminario Svimez sul regionalismo differenziato, l’assessore ha espresso i suoi dubbi su “Una domanda di autonomia che rischia di perdere di vista le ragioni profonde dell’autogoverno, ma sopratutto quelle imprescindibili di coesione e perequazione, in un Paese da troppo tempo e sempre più diviso sul piano economico e sociale”.
Il percorso intrapreso dalle Regioni “virtuose” secondo l’assessore “se non accompagnato da un’adeguata e contestuale considerazione dei meccanismi di perequazione e compensazione, rischia di attenuare i già deboli elementi solidaristici originariamente presenti di un modello di federalismo fiscale decisamente asimmetrico, trasformandolo in conflittuale”.

Armao ha anche sottolineato le enormi difficoltà cui è andata incontro la Sicilia nei negoziati con il Governo centrale in termini di distribuzione delle competenze. “Sarebbe paradossale – ha aggiunto l’assessore – che alle Regioni ordinarie si riconosca un regime più favorevole rispetto a quello accordato alle Regioni speciali dal vigente ordinamento costituzionale . I siciliani, non potranno che sostenere questo percorso, purché l’evoluzione dell’ordinamento sia accompagnata dal riconoscimento delle competenze finanziarie della Sicilia”.

Autonomia, quindi, solo con criterio. Criterio che però non sembra riguardare la nostra Isola. Da noi, infatti, in nome dello Statuto speciale le riforme restano al palo, i pasticci si moltiplicano e gli amministratori privilegiati vanno avanti indisturbati. La Sicilia, a differenza di Veneto e Lombardia, resta fissa agli ultimi posti delle classifiche italiane in termini di Reddito disponibile, crescita economica, benessere, occupazione. Ma questo sembra non bastare a mettere in dubbio l’utilizzo che si è fatto, e si continua a fare, della nostra Autonomia regionale.


Statuto speciale

Approvato il 15 maggio 1946, è la Carta fondamentale della Regione, che, come si legge sul sito dell’Ente: “disciplina, in armonia con la Costituzione, forma di Governo, organizzazione e funzioni regionali”.
Lo Statuto speciale conferisce alla Regione Sicilia la competenza esclusiva su alcune materie le concede di legiferare con propri atti negli ambiti. Tra questi: Enti locali, ambiente, turismo, beni culturali, lavori e opere pubbliche, istruzione, urbanistica, agricoltura, commercio, assistenza sanitaria, legislazione sociale. A tutto ciò si aggiunge l’autonomia fiscale e finanziaria, ramo più controverso dello Statuto.
Il documento definisce anche caratteristiche e specificità dei tre organi della Regione: Assemblea, Giunta e Presidente.

Cosa dice l’art. 116
“Il Friuli Venezia Giulia, la Sardegna, la Sicilia, il Trentino-Alto Adige/Südtirol e la Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste dispongono di forme e condizioni particolari di autonomia, secondo i rispettivi statuti speciali adottati con legge costituzionale”. Così recita l’articolo 116 della Costituzione cui fanno appello i paladini dell’autonomia.
“Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia – si legge ancora – [..] possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali […]. La legge è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata”.