Periodicamente, un gruppo di studiosi, quasi sempre gli stessi, si riunisce per proclamare enfaticamente l’esigenza che la Sicilia perda la sua autonomia speciale.
Per lo più si tratta di docenti universitari, di modesti figli di illustri autonomisti, di ex presidenti di Corte costituzionale, di professionisti allevati all’ombra dell’autonomia medesima ed di altri in cerca di microfoni e telecamere.
Secondo questi personaggi, che in vita loro non hanno mai praticato l’autonomia, se non che per nutrirsi delle sue prerogative, salvo poi a tradirle, l’esigenza di abbandonare lo Statuto speciale risiederebbe nella sua scarsa efficacia, a dir loro, causa di mille problemi. Sono un convinto assertore del valore della specialità statutaria non per caso; lo sono perché, senza falsa modestia, lo Statuto siciliano l’ho studiato, l’ho compreso e soprattutto l’ho ben utilizzato in favore dei miei corregionali, non certo per trarne vantaggi politici personali, come hanno fatto e continuano a fare altri.
Se volessi liquidare l’argomento con una sola battuta, direi che sarei pronto a cambiare opinione ove analoga richiesta di rinunzia venisse avanzata dalla Sardegna, dalla Valle D’Aosta, dal Trentino Alto Adige e dal Friuli Venezia Giulia. Fino a quando ciò non accadrà, poiché invece accade il contrario, dato che altre regioni, come il Veneto e la Lombardia, rivendicano una loro autonomia, resterò convinto che non sia lo Statuto speciale che bisogna cancellare, ma quei politici che non lo hanno saputo adoperare ed io, per fortuna, non sono tra loro.
L’autonomia siciliana, e parlo per me, così nessuno si offende, mi ha permesso, tra l’altro, di varare leggi che le regioni ordinarie neanche se le possono sognare; mi ha permesso, tra il 2000 e il 2006, di consentire all’economia siciliana di usare tutte le risorse comunitarie e di ottenere pure le quote premiali. Nel 1992, mi ha permesso di contribuire a varare, primi in Italia, la legge sull’elezione diretta dei sindaci; nel 1997 mi ha consentito di sbloccare 1250 cooperative edilizie e di dare la casa a circa 20.000 famiglie. Nel 2005, la specialità statutaria mi ha permesso di portare all’approvazione la legge sul Garante dei diritti dei detenuti, precedendo l’Italia di circa 11 anni; mi ha permesso di regolamentare le attività di bed and breakfast, oggi sono oltre 5000, e di fare tanto altro. Agli illustri studiosi di cui sopra, quindi, mi permetto orgogliosamente di suggerire di impiegare il loro prezioso tempo non per denigrare ma per praticare l’autonomia, non per proclamarla ma per realizzarla e migliorarla, se ne sono capaci, o di tacere, perché la colpa del fallimento di un intervento chirurgico non è del bisturi ma del chirurgo che non sa adoperarlo.