Con le polemiche sui poteri speciali conferiti dal governo nazionale a Schifani, che per gli ambientalisti poggerebbero su basi inadeguate, e l’annuncio di un ricorso contro la valutazione ambientale strategica data al nuovo piano di rifiuti, la notizia di una nuova autorizzazione per spedire fuori dall’Italia i rifiuti prodotti in Sicilia rischia di scivolare sullo sfondo della cronaca regionale.
Eppure sta proprio in questo tipo di decisioni la dimostrazione dell’impreparazione che da decenni caratterizza il settore. Tirando in ballo nelle vesti di principali responsabili i Governi regionali che si sono succeduti e tutti gli attori che, a vario titolo, hanno avuto un ruolo nella gestione di un tema – la produzione di spazzatura – che fa parte della quotidianità di tutti e che invece nell’isola si porta dietro i tratti dell’eccezionalità. Con soluzioni emergenziali che non fanno altro che mettere toppe destinate a scucirsi.
L’ultimo decreto firmato dal dirigente generale del dipartimento regionale Rifiuti, Arturo Vallone, è stato pubblicato a inizio mese. Contiene il via libera a novecento spedizioni che fino alla metà di settembre del prossimo anno interesseranno l’impianto di contrada Canne Masche, a Termini Imerese. Il sito è di proprietà della Rekogest, società che ha la propria sede legale a Milano.
Il quantitativo complessivo che verrà esportato ammonta a 20mila tonnellate. Si tratterà di rifiuti che hanno un codice Cer 19.12.10, la tipologica che identifica i rifiuti combustibili. Di fatto si parla di prodotti di scarto ottenuti dalla lavorazione dei rifiuti indifferenziati e che andranno a finire, per via del loro potere calorifero, all’interno di un termovalorizzatore.
L’impianto individuato dalla Rekogest, che si occuperà anche del trasporto, si trova nella zona industriale di Devnya, in Bulgaria, ed è di proprietà della Heidelberg Materials Devnya Jsc.
All’origine dell’esigenza di inviare fuori dai confini regionali i rifiuti prodotti in Sicilia c’è la carenza di spazi nelle discariche dell’isola. Il problema ormai va avanti da anni e, in assenza di situazioni alternative, ha portato le società che gestiscono i Tmb – cioè gli impianti che si occupano del trattamento meccanico-biologico dei rifiuti indifferenziati e a cui, una volta presa in carico la spazzatura, tocca il compito di individuare i luoghi in cui la stessa andrà smaltita – a rivolgersi all’estero. Una scelta che finora è stata giustificata dalle migliori condizioni economiche rispetto a quelle proposte dagli impianti che si trovano nelle altre regioni d’Italia.
Alla fine però a pagare le spedizioni sono però sempre i Comuni, che a loro volta finanziano il servizio con la Tari. Sta in questo il motivo principale dell’aumento delle bollette pagate dai cittadini. Un fenomeno che negli ultimi anni ha interessato quasi tutti gli enti locali e in particolare quelli in cui i livelli della raccolta differenziata sono ancora bassi. Su tutti, le grandi città come Catania che, a differenza di Palermo, non può fare affidamento su una discarica di proprietà pubblica.
Negli ultimi giorni a tenere banco è stata la polemica nata dal superamento della valutazione ambientale di un progetto riguardante l’apertura di una nuova discarica a Lentini, il centro del Siracusano al confine della provincia di Catania che da anni nell’immaginario è legato ai rifiuti per via della discarica – ormai satura – di proprietà della Sicula Trasporti.
A presentare il progetto alla Regione è stata una società che, al pari della Sicula Trasporti, nel 2020 è stata sequestrata dal tribunale di Catania nell’ambito dell’inchiesta Mazzetta Sicula che, a luglio scorso, ha portato alla condanna in primo grado degli imprenditori Antonello e Salvatore Leonardi.
La Gesac – la società proponente – ha motivato il progetto sottolineando l’opportunità di avere nuovi spazi per depositare i rifiuti indifferenziati e sopperire alle carenze di questi anni. Una posizione che è stata fortemente osteggiata dai sindaci del comprensorio e dagli ambientalisti.
Per il governo Schifani, il futuro della Sicilia dovrà passare inevitabilmente dai termovalorizzatori. Il presidente della Regione e l’assessore Roberto Di Mauro hanno già annunciato l’intenzione di utilizzare 800 milioni di euro, ricavati dai fondi nazionali, per costruire due impianti a Palermo e Catania. Il percorso, tuttavia, è tutt’altro che in discesa. Tra ricorsi annunciati e polemiche sull’individuazione dei siti in cui i termovalorizzatori dovrebbero sorgere.
Intanto la spazzatura, giorno dopo giorno viene prodotta, e al momento l’unico modo per disfarsene passa per buona parte dall’estero.
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Immagine di repertorio