Pezzi di Pizzo

Avanti!

Con questa parola, Avanti, non vi vogliamo parlare del noto giornale socialista, omonimo del Vorwarts tedesco, organo del partito socialdemocratico in Germania fin dal 1876. Né vi parleremo di Bissolati, che ne fu il primo direttore, o di Mussolini, direttore anch’esso nel 1912.

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Vi vogliamo invece parlare di un’allocuzione tipicamente catanese. A Catania, e solo lì, quando si vuole terminare una conversazione, si dice “avanti”. Il significato recondito può essere plurale, forse la noia dall’ascolto incipiente, oppure si hanno troppe cose da fare e si ha la sensazione di perdere del tempo prezioso, per cui si tronca con il senso di andare in avanti appunto. Oppure è un augurio di ottimismo dopo essersi scambiate delle confidenze, non sempre commerciali, che prefigurano un domani che per il catanese è obbligatoriamente ottimista.

“Avanti”: la differenza tra Catania e Palermo

A Catania si spera sempre che il futuro porti un miglioramento, soprattutto negli affari, ma anche in altre cose della nostra esistenza. Ha uno sguardo aperto sul domani il catanese, spera di migliorare le sue cose e il suo posizionamento. Al contrario del palermitano, rivolto sempre all’indietro, quando i fasti della sua città erano maggiori, la famosa Palermo Felicissima. Gli uni, i catanesi, sono intrisi di cultura greca, da cui il senso commerciale e imprenditoriale, gli altri, i palermitani sono derivanti da popoli più orientali, più fatalisti, per cui più indolenti. Infatti il maggior fasto di Palermo fu all’epoca dei Florio, calabresi di Bagnara, greci pure loro, diversi, e all’inizio disprezzati, dalle mollezze nobiliari o pseudo tali dei palermitani. Il destino è nelle mani degli dei, non delle loro, per cui questa lentezza fino “all’annacamento”, prerogativa soprattutto della sfera politica palermitana. Per i catanesi, più prometeici, il destino è nelle loro mani, per cui darsi da fare e non perdere tempo. Catania è frenetica, Palermo è languida. Tempo e spazio sono due forme fondamentali che distinguono le due città. Una è dedita allo spazio, controllo del territorio, delle appartenenze, l’altra, Catania, dedita al tempo, il tempo è infatti denaro, o altra utilità.

Per cui i foresti non si confondono o non si offendono quando sentono “avanti”, non è rivolto, forse, alla loro persona, ma alla clessidra di Cronos che scandisce con granelli di sabbia lavica la vita catanese.

Così è se vi pare