Economia

Bankitalia, lockdown, “In Sicilia il peggio deve ancora arrivare”

La pandemia è stata per la Sicilia il “colpo di grazia” inferto ad un’economia già in grosse difficoltà. Nonostante sia stata colpita in maniera più lieve rispetto ad altre aree del Paese da un punto di vista della diffusione del virus, gli effetti economici sono stati e saranno “dirompenti e importanti”. Lo dice Pietro Raffa, direttore della sede di Palermo della Banca di Italia, commentando i dati dell’ultimo rapporto sull’economia della Sicilia.
Nell’Isola i settori soggetti a sospensione pesano per il 22% sulla formazione del valore aggiunto, ma il rallentamento si è ripercosso sull’intera economia. “Dalle interviste svolte alle imprese –  ha spiegato Raffa – viene fuori un valore aggiunto prodotto nel primo semestre molto più contenuto rispetto a quello del primo semestre dello scorso anno. Con una caduta della domanda interna particolarmente rilevante che ha ridimensionato le attese di ricavi. Così le previsioni di investimento sono state ridimensionate così come quelle per l’anno successivo”. In un tessuto economico-produttivo così fragile, il rischio di infiltrazione criminale diventa elevatissimo: “E’ un rischio che sussiste  – ha spiegato Raffa – ed è un tema all’attenzione di tutte le istituzioni competenti”. Lo ha detto Pietro Raffa, direttore della sede di Banca di Italia di Palermo, rispondendo alle domande dei giornalisti a margine della presentazione dei dati sull’economia siciliana. “L’istituto fa parte di task force nazionale per attuare le misure poste in essere dal governo”, ha proseguito Raffa, “la nostra azione è quella di sensibilizzare gli istituti crediti in ordine alla applicazione delle misure, richiamando l’attenzione su fenomeni che evidenziavano una contaminazione o una aggressione delle imprese”. “Pur nella situazione di eccezionalità che richiede l’esame delle istanze”, ha aggiunto Raffa, “un aspetto che non può e deve essere trascurato deve essere quello dell’antiriciclaggio segnalando le operazioni sospette”.

La crisi pandemica, dunque, ha colpito la Sicilia in una fase di sostanziale stagnazione. Le analisi di medio-lungo periodo evidenziano una performance economica regionale deludente nel confronto europeo, soprattutto in ragione di una peggiore dinamica della produttività e dell’occupazione, anche nei periodi precedente e successivo alla doppia recessione avvenuta tra il 2008 e il 2014.

Nella prima parte del 2020 l’attività produttiva ha subito una contrazione significativa a causa del diffondersi della pandemia. Le imprese hanno fronteggiato un drastico calo della domanda interna, che ha determinato una marcata riduzione dei ricavi attesi, soprattutto nel comparto dei servizi privati non finanziari. Le vendite all’estero, che nel primo trimestre dell’anno sono moderatamente cresciute, si sono ridotte per il complesso del non oil. In un contesto di incertezza circa l’evoluzione dell’emergenza sanitaria, le imprese che stimano una riduzione della spesa per investimenti per l’anno in corso prevalgono nettamente su quelle che ne prefigurano un aumento. Tra i principali comparti di specializzazione regionale, quello turistico, che negli ultimi anni ha sostenuto la dinamica dei servizi, è uno dei più esposti alla crisi, anche in ragione della dipendenza dalla domanda estera e dei tempi necessari a ripristinare la fiducia dei viaggiatori, che amplificheranno le difficoltà delle imprese per la stagione estiva 2020. La congiuntura dei settori produttivi era stata debole nel 2019, in particolare nell’industria e nelle costruzioni.

Tuttavia, secondo il rapporto di Bankitalia, il sistema produttivo si è trovato ad affrontare la crisi attuale in condizioni finanziarie più favorevoli rispetto al passato. Nell’ultimo decennio è progressivamente migliorata la redditività delle imprese, sono aumentate le disponibilità liquide e si è ridotto il grado di indebitamento; tali dinamiche, che hanno beneficiato anche dell’uscita dal mercato delle aziende meno profittevoli e più indebitate a seguito della lunga crisi, hanno determinato una riduzione della quota di quelle finanziariamente vulnerabili. I provvedimenti di blocco delle attività hanno tuttavia aumentato il fabbisogno di liquidità delle imprese: non tenendo conto delle misure introdotte dal Governo che hanno consentito di accedere a nuovi prestiti garantiti dallo Stato, le aziende a rischio di illiquidità nei settori sottoposti a chiusura nei mesi di marzo e aprile del 2020 erano circa un quarto, prevalentemente concentrate nei servizi di alloggio e ristorazione. I prestiti bancari al settore produttivo si sono ridotti nel 2019 in connessione con l’indebolimento della domanda di credito delle imprese; la contrazione è proseguita nel primo trimestre del 2020. In prospettiva, gli interventi di sostegno alle imprese previsti dai provvedimenti del Governo e la politica monetaria espansiva adottata dalla Banca centrale europea potrebbero facilitare l’accesso al credito, limitando in particolare le difficoltà delle imprese la cui attività è stata temporaneamente sospesa.

IL PEGGIO DEVE ANCORA ARRIVARE: IN SICILIA EFFETTI NEGATIVI SU OCCUPAZIONE NEI PROSSIMI MESI

Le ricadute dell’emergenza sanitaria sull’andamento dell’occupazione sono state mitigate dall’ampio ricorso alla Cassa integrazione guadagni (Cig) e dal blocco dei licenziamenti. Effetti rilevanti sull’occupazione potrebbero emergere nei prossimi mesi; in Sicilia la componente a tempo determinato era fortemente cresciuta negli ultimi anni e ha un’incidenza maggiore rispetto alla media nazionale. Questo quanto si legge nel rapporto sull’economia della Sicilia presentato oggi dalla filiale regionale della Banca di Italia.
I livelli occupazionali nel 2019 – si legge nel rapporto – sono rimasti sostanzialmente stabili rispetto all’anno precedente, su valori ampiamente inferiori a quelli osservati prima della crisi finanziaria. Nella prima parte del 2020 il mercato del lavoro ha risentito del progressivo rallentamento dell’attività economica e della sospensione di alcune attività non essenziali disposta per il contenimento della pandemia: i dati amministrativi sulle comunicazioni obbligatorie evidenziano un forte calo delle assunzioni nei mesi di marzo e aprile.

CON LOCKDOWN 24,1% IMPRESE SICILIA A RISCHIO ILLIQUIDITÀ

Secondo il report di Bankitalia, in Sicilia il 24,1 per cento delle imprese è risultato a rischio di illiquidità, un valore superiore a quello del Mezzogiorno e dell’Italia (rispettivamente pari al 22,4 e al 21,5 per cento). Si definiscono a rischio di illiquidità le imprese che – dopo un periodo di sospensione dell’attività pari a un mese – registrano nelle simulazioni un valore negativo delle disponibilità liquide.
“La sospensione delle attività non essenziali, imposta tra il 26 marzo e il 3 maggio 2020 per contenere la diffusione della pandemia di Covid-19, ha sottoposto le aziende coinvolte a un elevato stress finanziario”, si legge nel documento. Le imprese la cui attività è stata sospesa da una parte hanno visto potenzialmente azzerata la possibilità di generare ricavi, dall’altra sono state chiamate a fronteggiare esborsi finanziari non rinviabili, attingendo a risorse proprie o a linee di credito disponibili. Sulla base di un modello che stima l’evoluzione dei flussi di cassa mensili delle imprese, sono state identificate quelle a rischio di illiquidità. Il modello è stato applicato a un campione di società di capitali presenti negli archivi di Cerved Group e tiene conto dell’applicazione della moratoria del credito bancario per le PMI e della possibilità di utilizzo della Cassa integrazione guadagni previste dal DL 18/2020. Ponderando le imprese per il valore aggiunto, l’incidenza di quelle potenzialmente illiquide scende al 18,4%. La quota di imprese a rischio di illiquidità non presenta differenze marcate tra classi dimensionali, ma è eterogenea tra settori e classi di rischio: essa è più elevata nel terziario (27,7%), in linea con quanto rilevato nel Mezzogiorno e a livello nazionale; l’incidenza è massima nel comparto dell’alloggio e della ristorazione (33,3%). La percentuale di imprese potenzialmente illiquide cresce sensibilmente all’aumentare del grado di rischiosità. Tale quota è pari al 32,8% per le imprese classificate come rischiose sulla base dei rating attribuiti da Cerved Group, valore doppio rispetto a quello stimato per quelle classificate come sicure. Si riscontra un’ampia variabilità tra le province, con un valore minimo del 21,6% in provincia di Catania e un valore massimo del 29,6% in provincia di Trapani.

IN SICILIA DISOCCUPAZIONE AL 20%, DATO DOPPIO ALLA MEDIA

A questo andamento ha contribuito positivamente l’occupazione dipendente mentre è stato negativo l’apporto fornito dagli autonomi, la cui incidenza sul totale degli occupati si è ridotta nel 2019 al 22,8 per cento (in linea con la media nazionale).
Inoltre, il recupero si è accompagnato a un aumento della quota di occupati operanti nell’agricoltura e nel commercio, alberghi e ristoranti (rispettivamente, pari all’8,9 e al 23,5 per cento del totale nel 2019; 3,8 e 20,4 la media italiana) e al maggior ricorso per questi settori a lavoratori con contratti a tempo determinato; nel 2019 la metà del totale degli occupati a termine si concentrava in questi settori, con un aumento di quasi 6 punti percentuali rispetto al 2014.

IN SICILIA AUMENTANO DI 9 VOLTE RICHIESTE A FONDO GARANZIA

Tra il 25 marzo, data del primo Consiglio di gestione del Fondo successivo all’entrata in vigore del decreto “cura Italia”, e il 26 maggio, il Fondo ha accolto oltre 16.000 richieste di garanzia delle imprese con sede in regione, Il forte aumento del numero di domande è stato determinato principalmente dalle richieste di garanzia sui finanziamenti per importi fino a 25.000 euro con piena copertura della garanzia del Fondo; queste ultime rappresentano oltre l’80 per cento delle richieste complessive; a esse è riconducibile oltre il 40 per cento dei finanziamenti”. Tra il 25 marzo, data del primo Consiglio di gestione del Fondo successivo all’entrata in vigore del decreto “cura Italia”, e il 26 maggio, il Fondo ha accolto oltre 16.000 richieste di garanzia delle imprese con sede in regione, Il forte aumento del numero di domande e’ stato determinato principalmente dalle richieste di garanzia sui finanziamenti per importi fino a 25.000 euro con piena copertura della garanzia del Fondo; queste ultime rappresentano oltre l’80 per cento delle richieste complessive; a esse è riconducibile oltre il 40 per cento dei finanziamenti”.

IN SICILIA 323 MILA DOMANDE 600 EURO INPS, 8,2% NAZIONALE

Secondo i dati dell’Inps, al 22 maggio in Sicilia erano state accolte quasi 323.000 domande di sussidio da 600 euro, per un importo complessivo di 193,8 milioni di euro, pari all’8,2 per cento del totale nazionale. Questo uno dei dati emersi dal rapporto di Banca di Italia presentato, a Palermo.
Per circa il 60% dei casi si e’ trattato di sussidi richiesti da partite Iva e lavoratori autonomi, spiega lo studio.

IN SICILIA PRESTITI A IMPRESE CONTRATTI DELL’1,1% NEL 2019

Dopo essere cresciuti debolmente negli ultimi mesi del 2018, i prestiti bancari al settore produttivo si sono contratti dalla primavera del 2019. Il calo, che a dicembre è stato dell’1,1 per cento su base annua, ha interessato in misura analoga le piccole imprese e quelle di maggiore dimensione.
La contrazione dei finanziamenti al settore produttivo è proseguita nei primi mesi dell’anno in corso (-1,1 per cento a marzo rispetto a dodici mesi prima). Il calo ha interessato, con intensità simile a quanto rilevato nel 2019, sia le piccole imprese sia quelle di maggiore dimensione; tra i settori la riduzione si è lievemente accentuata per le aziende delle costruzioni e del terziario. L’andamento è stato invece eterogeneo per branca di attività economica. A fronte della debole crescita del credito per le aziende manifatturiere (0,6 per cento), i prestiti si sono ridotti nel terziario (-1,2 per cento) e nell’edilizia (-2,5 per cento). Secondo l’indagine regionale sul credito bancario (Regional Bank Lending Survey, RBLS), sulla diminuzione dei finanziamenti ha inciso l’indebolimento della domanda di credito da parte delle imprese nella seconda metà del 2019: a fronte di una contrazione delle richieste finalizzate agli investimenti produttivi è aumentata la domanda connessa al finanziamento del capitale circolante. Diversamente dai mesi precedenti l’insorgere della crisi del debito sovrano, nel secondo semestre del 2019 le richieste legate alla ristrutturazione del debito erano in fase di contrazione: questa circostanza potrebbe riflettere la maggiore solidità finanziaria del sistema produttivo rispetto al precedente periodo di crisi. Dal lato dell’offerta, le condizioni applicate dalle banche alle imprese sono rimaste stabili nel corso del 2019. Nel secondo semestre, alla riduzione degli spread, dei costi accessori e delle garanzie richieste si è contrapposta una maggiore attenzione alle quantità offerte e la quota delle richieste di prestiti interamente respinte è lievemente cresciuta. I criteri di offerta delle banche nella seconda parte del 2019 risultavano più accomodanti di quelli applicati nel 2011, specialmente per quanto riguarda le condizioni di costo, le garanzie e il rating minimo richiesti per l’ottenimento del prestito. Le imprese sottoposte alla temporanea sospensione delle proprie attività produttive – nota lo studio – potrebbero avere – nel medio periodo – difficoltà nel reperire adeguate risorse finanziarie e nel rimborsare i debiti in essere.

NELL’ISOLA E’ DI OLTRE 5 ANNI TEMPO MEDIO PER CANTIERI

In Sicilia occorrono in media 5 anni e 4 mesi per completare una infrastruttura. Questo uno dei dati più significativi che emergono dalla relazione sull’economia della Sicilia presentata dalla sede regionale della Banca di Italia di Palermo.
Lo studio è stato condotto raccogliendo i dati messi a disposizione dalla Banca dati delle Amministrazioni pubbliche (BDAP) della Ragioneria generale dello Stato dove è possibile ricavare informazioni sullo stato di avanzamento nella realizzazione delle opere pubbliche.
Alla fine del 2019, le opere approvate nel periodo 2011-19 risultavano concluse o in fase di conclusione in poco meno del 40% dei casi, in corso di esecuzione o in fase di progettazione, in entrambi i casi, nel 30% circa. Le opere concluse sono mediamente meno costose, meno recenti e più di frequente consistono in interventi di manutenzione. Estendendo l’analisi a tutti i progetti presenti nella banca dati e per i quali si hanno informazioni sulle date di completamento delle singole fasi operative (circa 9.900 interventi, distribuiti nel periodo 1990-2019), è possibile stimare in 5 anni e 4 mesi il tempo medio di realizzazione delle opere pubbliche in Sicilia. Di questi, circa il 36% è rappresentato da tempi di attraversamento tra una fase operativa e la successiva. La fase di progettazione risulta essere quella di maggiore durata (oltre 28 mesi in media), con un’incidenza particolarmente elevata dei tempi di attraversamento, sui quali pesa anche l’affidamento dei lavori. Le fasi di esecuzione e conclusione hanno entrambe una durata media di poco inferiore a un anno e mezzo. I tempi sono superiori nel caso degli interventi di ristrutturazione e ampliamento o delle nuove realizzazioni, per le opere di competenza dei Concessionari di reti e per quelle di importo maggiore. I tempi di realizzazione delle opere pubbliche in Sicilia risultano superiori di oltre il 60% a quelli medi nazionali. Su tale differenza incide anche la diversa composizione dei progetti censiti nella banca dati: per la Sicilia il peso degli interventi al di sopra dei 500.000 euro è maggiore della media italiana di 24 punti percentuali.
Elaborazioni della Banca mostrano che, a parità di alcune caratteristiche osservabili (tipologia di intervento, settore, soggetto attuatore, fascia di costo e anno di decisione), in regione i tempi di realizzazione e quelli di attraversamento sono più lunghi rispettivamente di 16 e 8 mesi rispetto al resto del Paese. Oltre a un ciclo di realizzazione più lungo, la Sicilia si caratterizza anche per un’elevata quota di opere incompiute sul totale nazionale. In base ai dati pubblicati dal Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, un quarto delle opere incompiute censite a fine 2017 era localizzato in Sicilia. Come nel resto d’Italia, la maggior parte delle opere riguardava il settore delle infrastrutture sociali. L’avanzamento finanziario delle opere incompiute, misurato dal rapporto tra l’importo dei lavori realizzati e il costo complessivo, era in media del 40,7 per cento in Sicilia, rispetto al 57,8 in Italia; in regione tuttavia la quota di opere dichiarate incompiute con un avanzamento superiore al 75 per cento era significativamente maggiore della media nazionale. I dati disponibili consentono di avere alcune informazioni sulle cause alla base del mancato completamento dell’opera. Sia in Sicilia sia in Italia la causa principale dichiarata risiedeva nell’esaurimento di fondi; in regione erano meno frequenti, rispetto alla media nazionale, motivazioni legate a cause tecniche o al mancato interesse al completamento, mentre erano relativamente più probabili cause dipendenti dall’entrata in vigore di nuove norme.

CON LOCKDOWN -114 MLN ENTRATE TRIBUTARIE A COMUNI SICILIANI

I comuni hanno perso circa 114 milioni di euro in termini di gettito da entrate tributarie ed extratributarie a causa del lockdown. “I bilanci dei Comuni sono stati posti sotto pressione dagli effetti della pandemia Covid-19 per le maggiori spese necessarie a fronteggiare l’emergenza e, soprattutto, per il calo delle entrate. Larga parte delle entrate proprie correnti risente infatti del blocco delle attività disposto per limitare il contagio e delle misure di esenzione a favore delle categorie di contribuenti maggiormente colpite dalla crisi”, si legge nel rapporto Bankitalia. Per i Comuni siciliani, escludendo il primo bimestre dell’anno che non è stato influenzato dalla crisi, le entrate tributarie ed extra tributarie che possono subire un calo a causa del lockdown rappresentano il 48 per cento delle entrate correnti annue, un valore inferiore a quello medio nazionale (60 per cento circa).
Tra le entrate tributarie, le principali voci potenzialmente a rischio di perdite sono l’Imu, la tassa sui rifiuti (Tari) e l’addizionale all’Irpef. Secondo le stime della banca basate sui dati Siope, per i Comuni siciliani la perdita che si è già determinata ammonterebbe a circa 114 milioni (59,3 milioni di entrate tributarie e 54,9 di extra tributarie), pari al 2,7 per cento delle entrate correnti annue, una incidenza inferiore alla media nazionale (4,1 per cento). Nell’ipotesi che il blocco delle attività e gli effetti della crisi si protraggano con uguale intensità anche nei rimanenti mesi dell’anno, la perdita potenziale massima ammonterebbe a 352 milioni, pari all’8,3 per cento delle entrate correnti (12,5 per cento nella media italiana). “I minori incassi e il rinvio delle scadenze per il versamento di alcuni tributi – sottolinea il rapporto – potrebbero generare tensioni di liquidità, nonostante l’anticipo a fine marzo (da maggio) dell’incasso del 30 per cento del Fondo di solidarietà comunale (per i Comuni della Sicilia l’anticipo è stato pari a circa 326 milioni) e la possibilità concessa ai Comuni di ricorrere in misura più ampia alle anticipazioni di tesoreria”.
Nei primi cinque mesi del 2020 circa il 53 per cento dei Comuni siciliani ha fatto ricorso alle anticipazioni (18,4 in Italia) per un volume complessivo pari a oltre un quarto del totale nazionale.