Vi sono giovani bravissimi/e che, anche con l’esempio dei genitori, fin dall’età di tredici o quattordici anni – appena finita la scuola media – pensano al futuro, guardano in avanti e, pur con la loro mente ancora parzialmente infantile, fanno sogni, immaginano cosa vorranno diventare e cosa vorranno essere.
Si tratta di un’imponente quantità di persone, che poi, diventate adulte, saranno i pilastri della Comunità. Ed è proprio su di esse che si basa il futuro perché sono dotate di una forza di volontà notevole, della voglia di fare bene e hanno compreso l’essenzialità della crescita morale, materiale, professionale e, perché no, di quella spirituale.
Per sfortuna, a fronte di questa grande categoria di giovanissimi/e e di giovani, ve n’è un’altra che è drogata dai media sociali e pensa alle ferie, al lavoro libero, allo svago, ai divertimenti, senza aver capito che tutte queste cose sono residuali rispetto alla necessità di diventare adulti responsabili e capaci di esercitare adeguatamente mestieri e professioni.
I giovani appartenenti alla prima categoria hanno imparato a lavorare sodo, a consumare molto olio di gomiti e suole di scarpe, a utilizzare le ore anche di giornate festive o notturne per studiare, per evolversi, per saperne e capirne di più di cos’è la vita e di come funzionano tutti i relativi meccanismi.
A fronte di essi, gli altri, invece, pensano di essere nel mondo di Bengodi, tutto divertimento e spassi perché tanto ci dev’essere qualche altro che pensa a dargli i mezzi materiali necessari per vivere e sopravvivere.
Queste ultime sono persone incoscienti e irresponsabili, che non si accorgono di essere un peso per la collettività, per le famiglie o per altri che li devono sostenere. Insomma, si tratta di persone che non vogliono lavorare, che non vogliono crescere ovvero, se lavorano, lo fanno tanto per passare il tempo, ma non per conseguire risultati, che sono gli unici a misurare capacità e merito producendo effetti concreti.
Non è un caso poi che tutti questi rivendichino, protestino, urlino, perché non sono capaci di fare altro e non si rendano conto di essere pesi morti per tutti gli altri che invece lavorano e producono.
Le nuove tecnologie digitali, i nuovi software, compreso quello che ora si denomina IA (Intelligenza Artificiale), fanno crescere ancora di più e più velocemente quelli che li capiscono e li sanno usare per raggiungere obiettivi vari.
Per fare questo, bisogna studiare, formarsi, impegnarsi e a volte sacrificare anche le ore dello svago. Ovviamente una dose di divertimento e svaghi è necessaria, ma proporzionata all’impegno che si mette nelle attività che producono risultati.
È proprio qui che casca l’asino, cioè che, da un canto, chi non vuole lavorare percepisce senza la necessità di capire come funzionano queste cose, d’altro canto costoro non hanno la volontà di sacrificarsi necessariamente per potere acquisire le conoscenze.
E quindi, come nel gioco dell’oca, si ritorna alla prima casella e cioè la capacità di comprendere che l’esistenza che abbiamo ricevuto deve essere contraccambiata dalla forza di volontà di ciascuno dei viventi; vi è tanta gente, invece, che lascia scorrere il tempo senza concludere niente e quando esala l’ultimo respiro magari recrimina, ma non sa perché è vissuto.
È vero che per capire il processo dianzi descritto occorre che vi siano formatori/trici adeguati/e, esempi adeguati, da parte di chi è avanti nell’età, nelle professioni e via elencando. Perché è del tutto pacifico che l’educazione e la formazione degli altri si fa con l’esempio, prima che con le parole. Chi dovesse predicare senza costituire un modello, fallirebbe la sua azione. Spesso parecchie persone, magari poco istruite, con il loro esempio educano altri, magari più istruiti; non a caso è stato coniato il detto popolare “contadino, cervello fino”.
In questo quadro, occorre essere ottimisti/e, cioè guardare il bicchiere mezzo pieno anziché mezzo vuoto e fiduciosi/e che seppur con fatica, si possa crescere e raggiungere risultati. Fra l’altro, è bene ricordare che essere ottimisti/e fa bene alla salute perché il nostro sistema immunitario lavora meglio pensando che si può fare tutto o quasi tutto. Dipende da noi.