Teatro

“Bengala a Palermo”, in prima nazionale il racconto della città multietnica

Bengala a Palermo, il nuovo spettacolo del Teatro Biondo, scritto da Daniela Morelli e diretto da Marco Carniti, debutta in prima nazionale sabato 3 luglio, alle ore 20.30, nell’atrio di Palazzo Belmonte Riso di Palermo, sede del Museo d’Arte Moderna e Contemporanea della Sicilia. Repliche fino all’11 luglio.

In scena Stefania Blandeburgo, Mario Incudine, Luigi Tabita, Erika Urban e una compagnia multietnica composta da Aurora Cimino, Priyanka Datta, Bandjougou Diawara, Alexsia Edman, Jean-Mathieu Marie, Salvatore Lupo, David Marzi, Giuseppe Provinzano.

Le musiche originali di Mario Incudine sono eseguite dal vivo dallo stesso autore e da Lavinia Mancusi e Antonio Vasta. Le scene sono state ideate dal regista insieme agli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Palermo coordinati da Valentina Console; i costumi sono di Ottavio Anania e le luci di Marco Santoro.

I video dello spettacolo sono stati realizzati da Camilla Iannetti e Federico Savonitto in collaborazione con la sede siciliana del Centro Sperimentale di Cinematografia.

Bengala a Palermo è la storia di una famiglia indiana e della sua integrazione nella città di Palermo. Al centro della vicenda è la storia d’amore tra una giovane bengalese e un ragazzo palermitano, una specie di Romeo e Giulietta dei nostri tempi. Ma è anche un atto d’amore per le tradizioni e i rituali di culture diverse che si confrontano.

L’autrice Daniela Morelli e il regista Marco Carniti hanno immaginato una storia corale con diversi personaggi, arricchita dalle musiche originali di Mario Incudine, frutto di uno studio sulle tradizioni popolari siciliane e la cultura bengalese. Tutto ruota intorno alle vicende di una famiglia di commercianti bengalesi: Kalua e Ara, padre e madre, la figlia Deeti di ventidue anni, il figlio Basant di venti e Shaila, quattordicenne nata a Palermo. Le loro vite si intrecciano con le storie di Donna Bibì, un’anziana nobildonna dalla vita movimentata, del giovane puparo Vito, di un venditore ambulante africano e di un’atletica ragazza siciliana. Sullo sfondo la città di Palermo, con il suo commercio, i suoi riti, la devozione popolare per Santa Rosalia, le bizzarre creature che abitano i sogni della nobildonna, le danze e le musiche che fin dall’ingresso in platea accolgono il pubblico fino alla festa del gran finale.

Palermo ospita una delle più vaste comunità indiane d’Italia. Le storie, i mestieri, i costumi e i saperi che la comunità esprime sono un patrimonio per la città, da sempre impegnata ad elaborare l’immaginario delle culture che accoglie. Bengala a Palermo è nato dagli incontri dell’autrice, del regista e degli attori con i rappresentanti di questa variopinta comunità. La drammaturgia dello spettacolo si basa sulle loro storie, sulla loro cultura, i riti, le danze, le musiche, le tradizioni in dialogo con la città.

«Bengala a Palermo è la storia di una famiglia bengalese e della sua integrazione nella cultura palermitana – spiega il regista Marco Carniti – uno spettacolo su tradizioni e rituali di culture diverse che si confrontano. Un Romeo e Giulietta dei nostri tempi a Palermo, con due “Romei” di nazionalità diverse. La giovane Giulietta bengalese è una donna di oggi, che decide autonomamente il proprio destino: è la libertà di scelta individuale che trionfa. E Palermo è la città che le permetterà di realizzare il suo sogno. Bengala a Palermo vuole essere una grande festa, per il Bangladesh e per Palermo. Una festa che unisce la cultura musicale palermitana e quella bengalese, creando un continuum di rituali religiosi, quasi iniziatici e sciamanici, che si incrociano con l’iconografia cristiana. Per costruire il futuro abbiamo bisogno del teatro, della sua componente rituale, evocativa ed educativa. Il teatro ha il potere di farci capire quello che stiamo vivendo oggi, consentendoci di andare sempre più in profondità per arrivare sempre più in alto».

«In Bengala a Palermo ho voluto raccontare l’internazionalità di questa città – afferma l’autrice Daniela Morelli – Per intrecciare la storia di una famiglia bengalese tradizionale, i cui genitori si convincono man mano di quanto sia importante che i figli facciano scelte autonome, ho incontrato persone provenienti dalla vasta area che si affaccia sul golfo del Bengala: Indiani, Bengalesi, Srilankesi e Pakistani. Ho ascoltato le loro storie di viaggio, di sopravvivenza, di convivenza, d’amore, di fatica e di paziente costruzione di un futuro per sé e per i figli. Ho mescolato le loro storie e ne ho elaborato i personaggi. I loro poeti e scrittori mi hanno portato nel leggendario mondo dei lascari, i marinai della Compagnia delle Indie e proprio un lascaro, Jodu, è evocato dai sogni di Donna Bibì. Sono salita al Santuario di Santa Rosalia con i ragazzi del Centro Sperimentale di Cinematografia e con i loro occhi giovani e curiosi ho visto l’acchianata di notte, illuminata da torce e telefonini».