Il sei settembre, appena trascorso ha avuto inizio, secondo il calendario ebraico, l’anno 5782.
La solennità di inizio d’anno o Rosh Hashanà è una ricorrenza che si rivolge al singolo e non all’intera comunità, così come accade di norma per le ricorrenze civili. È il giorno in cui si celebra la nascita del Creato, di Adamo, dei Patriarchi, ma soprattutto si ricorda all’umanità che è il giorno in cui Dio valuta le azioni di ciascuno di noi, le nostre responsabilità ed i nostri meriti. Per avere una visione d’insieme e completa di questa celebrazione è opportuno considerare i tre nomi che la tradizione le attribuisce: Yom Hadin, ovvero Giorno del Giudizio, come abbiamo accennato il Signore valuta le opere di ogni uomo e quindi il suo comportamento. Giudizio che riceverà il suo definitivo verdetto nel giorno di Yom Kippur, che chiude un periodo di riflessione e di penitenza di dieci giorni, che ha inizio con il capodanno. In questo periodo si invoca la Pietà e la Misericordia di Dio per ottenere la salvezza tramite il perdono. Quindi nulla di più diverso e distante dall’analoga ricorrenza che si festeggia con botti, brindisi e allegre tavolate di commensali.
L’espressione, molto usata ancor oggi “capro espiatorio”, ha origine biblica (Levitico 16:8-10) e deriva da una cerimonia di espiazione che si celebrava in questo giorno, fino alla distruzione del Secondo Tempio, avvenuta ad opera di Tito nell’anno 70 d.C.; ogni anno nel giorno di Kippur un capro veniva condotto alla perdizione nel deserto e con lui venivano allontanati tutti i peccati del popolo ebraico.
Ancora altra denominazione è Yom Hazikkaròn, ovvero giorno della creazione del mondo e della sovranità di Dio sul Creato, che vede nell’opera compiuta il segno tangibile di come fu voluta ogni cosa. Ulteriore ed ultima denominazione è Yom Teru’à, il giorno del suono dello shofar, il corno di montone. Suono che simboleggia il richiamo dell’uomo verso il Signore. Il corno di montone, ricorda la legatura di Isacco, fatta da Abramo, che messo alla prova da Dio, dimostrò di essere pronto anche al sacrificio del suo unico figlio. Sacrificio certamente mai voluto dalla Trascendenza, che pose sulla casta di legna pronta per ardere il sacrificio un montone, le cui corna erano rimaste intrappolate trai rami di un vicino cespuglio.
La tradizione impone particolari ricette per l’occasione e soprattutto non devono mancare sulla tavola cibi di forma rotonda e dolci. Rotondi per simboleggiare un anno senza spigoli e dolci per l’attesa di giorni gradevoli. Poi è d’uso fare passeggiate verso il mare, corsi d’acqua e grandi estensioni d’acqua presso cui buttare piccoli oggetti che rappresentano le colpe di ciascuno. È molto singolare l’uso di scuotersi come se ci si volesse liberare da polvere accumulata sugli abiti, anche questo simboleggia il liberarsi di quanto sarebbe stato meglio non fare.
L’anno appena iniziato, certamente, porterà nuove sfide, sia che si possa intraprendere un nuovo percorso post pandemia, sia che si debba continuare a convivere con il Covid e con le sue varianti, perché ragioni di carattere economico non consentono che si possa indugiare, ma è necessario tornare a rendere vitale e tonica la nostra società, affinché presto possa ripartire la produzione industriale. La ripresa di ogni iniziativa imprenditoriale, è una esigenza inderogabile ed è l’unico mezzo per creare posti di lavoro che sono fonte effettiva di reddito. È necessario iniziare il nuovo anno cercando di riappropriarsi del futuro per costruirne uno nuovo ed a dimensione di uomo, essere coraggiosi e non lasciarsi intimorire dai nuovi panorami geopolitici, per quanto inquietanti possano apparire, né dai nuovi rigurgiti di intolleranza ed antisemitismo della vecchia Europa. È necessario valorizzare quanto di positivo è nella nostra disponibilità e nel nostro vissuto.
Nel quadro degli eventi graditi che il nuovo anno ci porterà va posto il fatto che il prossimo dieci ottobre sarà la Giornata Europea della Cultura Ebraica, con Padova come città capofila, ancora una iniziativa per porre all’attenzione della collettività la vivacità di questo patrimonio culturale, nel tentativo di dare voce ad un dialogo tra persone di cultura, tradizione e religione ebraica e chi vorrà confrontarsi con questa realtà.