“In un pomeriggio si è perso quello che la natura, da sola, era riuscita a ricostituire nell’arco di oltre un decennio”. L’amara constatazione arriva da Emilio Giudice, l’uomo che da anni si occupa della gestione – per conto della Lipu – della riserva naturale del Biviere di Gela. Un’area che, oltre a ricadere tra quelle protette dalla Regione, è sotto tutela dell’Unione europea, in quanto sito di interesse comunitario e zona protetta speciale. Riconoscimenti, ai quali va aggiunto quello di zona umida di importanza internazionale, che però si fermano sulla carta. “Abbiamo pochissime risorse per gestire una riserva molto grande, ma soprattutto manca la possibilità di fare affidamento sulla collaborazione di altri soggetti, specialmente nelle situazioni di emergenza”. L’ultima si è verificata proprio ieri, un incendio ha divorato un’ampia porzione di macchia mediterranea che spontaneamente era ricresciuta senza alcun intervento da parte dell’uomo. Oltre alle particolari condizioni climatiche, a partire dal vento, a favorire la propagazione delle fiamme è stata l’assenza di squadre anticendio.
“Si è trattato di un atto doloso partito da un’area privata e abbandonata, ma presto il rogo si è propagato alla riserva, nonostante la presenza dei viali parafuoco”, spiega Giudice al Qds. Divampato intorno alle 14.30, l’incendio è stato domato soltanto sei ore dopo. Una giornata difficilissima che, una volta di più, ha scoperto i punti deboli della macchina regionale dsul fronte della tutela delle aree naturali. “Abbiamo potuto fare ricorso soltanto ai vigili del fuoco che però non sono allestiti per intervenire nelle aree boschive – prosegue Giudice – Fortunatamente hanno potuto percorrere i viali parafuoco con i mezzi, ma le operazioni sono state comunque difficoltose”. Mentre la macchia mediterranea andava a fuoco, Giudice ha tentato di contattare la sala operativa del Servizio antincendio boschivo. La chiamata al numero d’emergenza – il 1515 – non ha sortito però alcun effetto: “Hanno spiegato che non ci sono più squadre antincendio in servizio e dunque non c’era nessuno da poter mandare”, rivela Giudice.
Il 2023 è stato un anno molto particolare sul fronte dei roghi. In Sicilia ci sono stati sette morti e per diversi giorni l’isola è apparsa totalmente in balia dell’azione criminale di chi appiccava le fiamme. In un tale contesto, è emersa ancora più forte l’inadeguatezza del sistema di prevenzione e contrasto a un fenomeno che per decenni ha caratterizzato la stagione estiva e che invece adesso rappresenta una minaccia anche ad autunno abbondantemente inoltrato. La campagna antincendio ufficialmente va da metà giugno a metà ottobre, mesi nei quali gli operai stagionali prestano servizio sotto il coordinamento del Corpo forestale.
Alcune settimane fa, il perdurare delle criticità aveva portato Schifani ad annunciare la decisione di richiamare in servizio “gli operai per fronteggiare al meglio le condizioni climatiche straordinarie previste nei prossimi giorni”. Il contributo supplementare, però, sembra essersi esaurito: “Dalla sala operativa ci hanno chiarito di non poterci aiutare”, sottolinea Giudice.
Mentre il contratto degli operai antincendio scadeva a ottobre, a continuare a effettuare servizio sono due degli elicotteri di cui la Regione si è dotata con un affidamento ai privati. Uno rimarrà a disposizione fino alla prossima settimana, l’altro fino alla fine dell’anno. “Ieri, però, nessun mezzo aereo è intervenuto, quello che si è potuto fare è stato effettuato da terra – spiega Giudice –. C’è stato un momento in cui si è deciso di bruciare volontariamente una zona per impedire così al fronte del fuoco di continuare ad avanzare trovando altra vegetazione”.
Stando a quanto verificato dal Qds, nella giornata di ieri nessuno degli elicotteri antincendio ha effettuati interventi. Entrambi i mezzi sono rimasti fermi a terra. Al momento non è stato possibile stabilire se il mancato decollo sia stato determinato dalle condizioni meteo sfavorevoli o se sia dipeso dall’assenza di richieste inviate da Gela. “Il protocollo in questi casi prevede che il corpo che interviene via terra contatti il centro operativo provinciale, che a sua volta è tenuto a fare richiesta alla sala operativa regionale della necessità di mandare sul posto un elicottero”, fa sapere una fonte interna all’assessorato al Territorio.