CATANIA – Solo alcuni atenei siciliani paiono soddisfatti della quantità di borse di studio erogate ai propri studenti, e hanno annunciato un aumento che in alcuni casi ha raggiunto anche il 100%.
Alla luce di uno scorrimento di graduatoria avvenuto alla fine di ottobre, l’Università di Palermo ha comunicato l’impiego di 1,96 milioni di euro per lo scorso anno accademico. Con la spesa effettuata fino alla fine di ottobre, si è arrivati ad assegnarne un totale di 6.385 (per una spesa complessiva 14.587.843 euro).
In base alla classificazione dello studente (in sede, pendolare, fuorisede), gli iscritti all’ateneo palermitano hanno ricevuto da un minimo di 1.287 euro (più pasti gratuiti in numero prestabilito) a un massimo di 3.919 euro (più pasti gratuiti in numero prestabilito).
Palermo è soddisfatta perché nell’ultimo triennio è stata registrata una crescita chiara delle assegnazioni: nel confronto con l’anno 2015-2016 +100,4% (3177 borse), 2016-2017 +76,8 per cento (3.610 borse), rispetto infine all’anno accademico 2018-2019 +9,6 per cento (6385 borse). Quest’ultimo dato – specifica UniPa – rappresenta “un numero non definitivo perché gli studenti del primo anno possono conseguire i CFU necessari al riconoscimento del requisito entro il 30/11/2019. Per trend consolidato, la percentuale degli studenti partecipanti, che al termine di ogni anno accademico risulta in possesso dei requisiti, è di circa il 70% del totale”.
Se Palermo cresce, Catania garantisce le erogazioni nonostante le difficoltà. “Si parte da un contributo di 3,8 milioni del 2011 che negli ultimi tre anni è salito a circa 9 milioni, ma in mezzo ci sono stati degli alti e bassi – spiega il direttore Ersu Catania Valerio Caltagirone -. Tolto l’anno di maggiore contributo (2012) con 9,4 milioni di euro, c’è poi una parabola discendente fino al 2016, che risale negli ultimi tre anni nonostante nell’anno in corso sia arrivato un acconto di 5,4 milioni di euro.
Il picco più basso di erogazioni si è registrato nel 2015 quando per il fondo integrativo sono arrivati “appena” 3,6 milioni di euro. Come già riportato, con i fondi a disposizione non si riesce a coprire tutte le richieste, così a Catania esistono studenti idonei ma non fruitori. Nel 2015-2016 è stata soddisfatta l’83 per cento della domanda, nel 2016-2017 si è riusciti a soddisfare tutti. Finite le risorse aggiuntive, nel 2017-2018 le percentuali si sono di nuovo abbassate, al 70 per cento, per poi salire di nuovo all’80 per cento lo scorso anno. Per l’anno accademico appena iniziato si stanno facendo ancora i conti”.
Raggiunge un risultato di prestigio l’Università di Messina, che dati Censis alla mano dimostra di essersi classifica seconda tra gli atenei italiani per numero di borse di studio erogate. Lo scorso anno accademico – spiegano da UniMe – oltre 14.000 studenti hanno fruito di borse ed esoneri, mentre erano stati 10.752 a fruirne nel 2017-18. Il desiderio è crescere.
“Certamente riteniamo che sia molto importante aumentare il numero dei beneficiari – ammette l’ateneo peloritano – Oltre ad avere applicato l’esonero del pagamento delle tasse ai centisti immatricolati al I anno (previsto dal MIUR), lo stesso beneficio è stato dato agli studenti in regola con gli esami e che abbiano una media del 28. è stata allargata la No-Tax Area alla fascia di reddito ISEE-U di 23mila euro, mentre la soglia stabilita dalla normativa si sarebbe fermata a 13mila. Sono state anche introdotte agevolazioni per studenti che intendono riprendere la carriera universitaria dopo l’abbandono o la sospensione degli studi. Tuttavia – ammette amaramente UniMe – c’è un’ampia platea di giovani siciliani che ancora decide di andare a studiare in atenei di altre Regioni, è soprattutto su questi che le Università siciliane devono scommettere per rilanciarsi”.
Twitter: @ChiaraBorzi