“La stagione 2023/2024 è destinata a rimanere negli annali del calendario venatorio, non per eventi memorabili ma per circostanze nefaste. Era davvero difficile fare peggio di chi l’ha preceduto, eppure l’attuale Governo regionale rischia di passare alla storia come quello del colpo di grazia a un settore già di per sé in ginocchio per la scarsa lungimiranza di chi l’ha gestito sino a oggi”.
Un’accusa precisa quella di Domenico Portale, presidente dell’associazione Caccia Sport e Natura e consigliere dell’Assoarmieri, il sindacato nazionale armieri, che ripercorre le tappe di questo percorso tortuoso. Tutto ha avuto inizio nel mese di gennaio, ormai quasi un anno fa, quando – temendo che si potesse ripetere il caos verificatosi negli ultimi anni all’inizio della stagione venatoria, con il conseguente clima di confusione e incertezza nei cacciatori e le inevitabili ripercussioni economiche per il settore commerciale – lo stesso Portale ha chiesto un incontro con l’assessore regionale al ramo Luca Sammartino per affrontare le criticità del settore venatorio.
Solo dopo ripetuti appelli, fatti anche attraverso le colonne del Quotidiano di Sicilia, l’assessore ha convocato, il primo marzo, le associazioni venatorie presenti in Sicilia. “Un breve incontro che – riferisce Portale – sebbene fosse stato promosso, per ammissione dello stesso assessore, solo ‘per conoscerci’, ci aveva fatto sperare che fosse l’inizio di un proficuo confronto”.
Ma quel vertice, come riferiscono dall’associazione, è rimasto un caso isolato, visto che i previsti successivi confronti non hanno mai avuto luogo. Nel frattempo è stato avviato, con la “consueta inerzia burocratica”, il necessario iter per la pubblicazione del calendario venatorio. “Alla fine di questo iter il 26 giugno – spiega ancora il presidente di Caccia Sport e Natura – abbondantemente oltre il termine ultimo previsto dalla legislazione attuale, veniva pubblicato il calendario venatorio. Nulla di nuovo, si potrebbe pensare. Invece, una novità c’era”.
Infatti, malgrado l’Ispra, nella sua veste di ente tecnico-scientifico, avesse dato parere positivo sulla possibilità di cacciare il coniglio selvatico sin dalla pre-apertura della stagione, la regolamentazione della caccia a questa specie è stata rinviata a un provvedimento successivo, da emanarsi sulla base dei dati raccolti con un “censimento in corso di realizzazione”. Infatti, i decreti relativi sono stati pubblicati tra il 14 e il 16 settembre, in pratica il giorno prima dell’inizio del periodo consentito per la caccia al coniglio selvatico, domenica 17 settembre.
“Nel frattempo – aggiunge Portale – erano già stati presentati i ‘soliti’ ricorsi degli anticaccia e altri ancora ne sarebbero stati presentati, fra cui uno lo stesso 17 settembre, per la regola, non scritta ma sempre valida, che ‘più decreti fai, più ricorsi hai’. Ricorsi a cui seguono le relative ordinanze del Tar, con conseguenti nuovi ricorsi al Cga, che si ripetono per tutta la stagione venatoria. Malgrado sia un film già visto troppe volte nel recente passato, le variazioni sul tema, apportate quest’anno dall’attuale Amministrazione regionale, hanno suscitato non poche perplessità tra i nostri esperti legali e faunistici per una lunga serie di motivi”.
“Solo per citarne alcuni – evidenzia ancora il rappresentante dei cacciatori – in primo luogo, il mancato rispetto dei fondamentali diritti di coloro che sono chiamati a seguire le disposizioni contenute nei vari decreti. È un loro diritto, infatti, essere informati per tempo del provvedimento: rinviarne una parte rilevante a data da destinarsi e pubblicarla il giorno prima della sua esecuzione potrebbe sembrare quasi offensivo nei confronti del cittadino. Inoltre, un provvedimento, per essere efficace, deve essere chiaro e sintetico; una lunga serie di disposizioni molto simili fra loro aumenta solo la confusione e il rischio di errori inconsapevoli. In secondo luogo, il rinvio causato dal dover aspettare i dati del ‘censimento in corso’ è procedura assai discutibile”.
Quello che viene comunemente chiamato “censimento” in ambito faunistico, salvo casi eccezionali, non è, per ovvi motivi, il “conteggio del numero complessivo degli individui di una data popolazione in un determinato territorio”, ma una stima del numero di individui presenti in aree campione, scelte in modo da essere identificati come “campione rappresentativo” che, con ripetute rilevazioni, permette di definire lo “status” di una popolazione, cioè se questa è in aumento, è stabile o in decremento. “Quindi – osserva Portale – i dati del ‘censimento dell’anno in corso’ sono, per definizione, poco significativi. In terzo luogo, lo stesso ‘censimento dell’anno in corso’ ha suscitato non poche perplessità per modalità, tempi e conclusioni”.
“Pur non volendo entrare in dettagli tecnici – sottolinea ancora il presidente di Caccia, Sport e Natura – basta considerare che l’assessorato, invece di provvedere autonomamente con l’ausilio dei volontari cacciatori e quindi con costi minimi, come nel ‘censimento della beccaccia’ attualmente in corso, per quello del coniglio selvatico ha preferito rivolgersi all’Istituto sperimentale zootecnico per la Sicilia, che, a sua volta, si è rivolto al Dipartimento di Stebicef (Scienze e tecnologie biologiche, chimiche e farmaceutiche) dell’Università di Palermo. L’Ateneo del capoluogo nelle suddette conclusioni, ha considerato quale principale variabile il numero totale dei cacciatori residenti nei vari Atc, senza un serio confronto con i dati dei tesserini venatori e un esame delle discordanze rilevate, liquidandoli come dati non significativi e limitandosi ad applicare la semplice formula: totale cacciatori per totale conigli abbattibili per totale giorni disponibili. Da questo calcolo è scaturito un numero di centinaia di migliaia di capi abbattibili. Numero totalmente assurdo, completamente avulso dalla realtà, e che ha permesso ai soliti anticaccia di gridare ‘al massacro’, ‘alla carneficina’ e via discorrendo”.
“A coloro non esperti del settore bisogna chiarire – spiega con decisione Portale – che la caccia è un’attività altamente specializzata che richiede una lunga preparazione e un’ampia conoscenza delle caratteristiche della singola specie oggetto di caccia e dell’habitat in cui essa vive. In altre parole, non esiste il tizio che va a caccia di tutto. Il cacciatore, se vuole ottenere dei risultati, dovrà necessariamente specializzarsi nella caccia a una particolare specie. ‘U cunigghiaru non potrà essere anche ‘U beccacciaru. Anche l’ausiliario, indispensabile per sopperire ai limiti dell’essere umano, dovrà essere addestrato e specializzato. Il cane bravo nella caccia al coniglio non lo sarà nella caccia alla beccaccia. In definitiva, solo una piccola parte dei cacciatori, diversa nei singoli Atc, e solo per una frazione del periodo fruibile, si dedica alla caccia al coniglio selvatico. Basta questa semplice considerazione per poter definire non rispondenti alla realtà i valori calcolati”.
“Alla luce di queste e altre perplessità – conclude il presidente di Caccia Sport e Natura – ci siamo trovati costretti a dare mandato al legale che ci segue da sempre, l’avvocato Fabio Cantarella, al fine di presentare un’istanza di accesso agli atti nel tentativo di avere una chiara e completa conoscenza delle varie procedure usate nel citato ‘censimento’, nonché di presentare una formale richiesta d’incontro urgente con l’assessore Luca Sammartino. Desideriamo essere certi che sia stato messo al corrente di tutto e accertare se anche l’Amministrazione regionale sia rimasta soddisfatta della gestione del settore venatorio. Il nostro obiettivo è concordare le necessarie iniziative per evitare il ripetersi di situazioni come queste, che alla fine finiscono per penalizzare un settore che fa parte delle tradizioni del nostro Paese, che genera economia e produce occupazione”.