Editoriale

Cancro al seno, non basta la mammografia

Una delle malattie più diffuse tra le donne (in percentuale molto bassa ne sono colpiti anche gli uomini) è il cancro al seno. Vi è un’attività di prevenzione molto estesa per cui coloro che hanno un’età superiore ai cinquant’anni possono effettuare la mammografia tutti gli anni gratuitamente attraverso il Ssn.
Tuttavia, spesso “il maledetto” aggredisce anche le donne molto più giovani, sulla trentina.
Per fortuna vi sono fondazioni, come quella intitolata a Marilù Tregua, e altre strutture di servizio, che provvedono a fare questi esami cui partecipano centinaia e centinaia di donne di quella fascia di età. All’incirca il dieci per cento risulta sfortunatamente positivo, però la malattia presa in tempo consente una cura salvavita.
Vi parliamo di questa patologia perché vi è l’importante novità, che segue.

Alla fiera dell’elettronica (Ces) di Las Vegas vi sono grandi innovazioni in tutti i campi: per esempio sono stati presentati “gli occhiali che sentono”, perché nelle montature sono inseriti microscopici microfoni direzionali, cosicché chi li indossa sente amplificato il suono che proviene dall’interlocutore e non da altri che si trovano a destra, a sinistra o dietro.

Altra innovazione, sicuramente più importante, riguarda la possibilità di rilevare cellule cancerogene alla mammella dall’analisi delle proteine del sudore delle impronte digitali. Si tratta di un’analisi rivoluzionaria, precisa al novantotto per cento. Cosicché, bastano tali impronte digitali per determinare se si è affetti/e da cancro al seno oppure no.

Va da sé che tale innovazione, molto importante, per trasferirsi dal momento della sua enunciazione a quello dell’applicazione su vasti territori, comporta un ritardo di anni e anni. Quindi è facile profezia ritenere che questo metodo di indagine possa arrivare nel nostro Paese non certo quest’anno, forse l’anno prossimo e speriamo nel 2026, seppure vorremmo essere smentiti.
Altra innovazione è quella che studia più approfonditamente gli impulsi elettrici del cervello che, come sappiamo, comandano tutto il corpo.

I fatti che vi abbiamo descritto non sono casuali, ma rientrano nella valutazione del bene più prezioso che hanno le persone e cioè la salute, cui si attribuisce un’importanza molto ridotta, mentre – per contro – essa dovrebbe essere messa al primo posto nell’attenzione e nell’attività di ciascuno di noi quotidianamente.

Come? Non danneggiandola con un’insana alimentazione, senza fare movimento giornaliero, bevendo pochissima acqua ma più del necessario alcolici, fumando, stando a contatto con onde elettromagnetiche artificiali e così via. Oltre allo stile di vita adeguato, dovremmo aiutare la salute a “stare in salute”, sostenendola con la capacità di ridurre lo stress giornaliero che proviene dal lavoro, dal traffico, dal vivere in genere, ma anche dai media sociali e da tutti gli altri media che trasferiscono elementi “cancerogeni”.
Stare in buona salute fisica parte dallo stare in buona salute mentale, equilibrata e fondata sul buonsenso.

Per vivere nel modo indicato bisogna volerlo fortemente, in modo da essere disciplinati/e e funzionali a un sistema di vita che consenta il mantenimento della buona salute, che non è scontata.
Ciò non significa che non ci possano essere momenti di svago, di pigrizia ovvero di ozio, seppure creativo, e tante altre cose, ma tutte queste devono essere proporzionate a un costume di vita disciplinato, per mantenere, come prima si scriveva, una buona salute mentale e fisica.

Essa è talmente importante per i cinesi che hanno la consuetudine di pagare i medici quando stanno bene e di cessare di corrispondere qualunque emolumento agli stessi se cadono in malattia. Peraltro, è nota l’attività orientale volta più alla prevenzione che alla cura, al contrario della consuetudine nelle civiltà occidentali.

A questo riguardo, vogliamo ricordare ancora una volta come il cancro non sia una malattia, ma un ribaltamento del funzionamento delle cellule. Su questo punto la ricerca non ha lavorato abbastanza, favorendo invece le industrie farmaceutiche verso cure chemioterapiche e simili.