Una delle voci di bilancio della Rai più discusse ma sicuramente più importanti è il canone. Una somma da versare allo Stato che risale addirittura all’epoca fascista.
“Chiunque detenga uno o più apparecchi atti od adattabili alla ricezione delle radioaudizioni è obbligato al pagamento del canone di abbonamento, giusta le norme di cui al presente decreto”.
Così recitava il Regio Decreto n. 246 del 21 febbraio 1938, convertito poi in legge il 4 giugno dello stesso anno. Una somma nata come tassa ma che nel tempo ha assunto sempre più la connotazione di imposta. E che per l’esercizio 2020 ha fruttato alle casse Rai la ragguardevole cifra di 1 miliardo 726,1 milioni di euro, con un decremento sul 2019 di 72,7 milioni.
Una contrazione dovuta in parte (24 milioni) alla riduzione delle cosiddette “utenze speciali” (in pratica, il tributo che devono corrispondere coloro i quali detengono apparecchi radiotelevisivi in esercizi pubblici, locali aperti al pubblico o, comunque, fuori dall’ambito familiare), in parte per la presenza, l’anno precedente, di maggiori canoni di riscossione coattiva, grazie a ruoli che hanno generato il versamento una tantum di oltre 41 milioni di euro, riconducibili ad evasione del canone negli anni tra il 2004 e il 2015.
Un anno, quest’ultimo, che, per il canone Rai, si rivelerà cruciale: a Palazzo Chigi c’è Matteo Renzi e al Ministero delle Finanze Pier Carlo Padoan. Che, con lo slogan “Pagare meno, pagare tutti”, hanno abbassato l’imposta prima a 100, poi a 90 euro, facendo emergere oltre 6 milioni di abbonamenti “fantasma”, abbinando, dall’anno successivo, il canone all’utenza elettrica.
Dal 2023, però, lo spartito torna ad essere quello ante 2016: il Decreto Energia dello scorso aprile, infatti, recependo le critiche della Commissione europea che ha definito il canone inserito in bolletta un “onere improprio”, lo ha scorporato dall’utenza elettrica. Senza, però, specificare in che modo debba avvenire riscossione.
A far sentire la loro voce, le associazioni dei consumatori, allarmate dal fatto che un’operazione di questo tipo è l’anticamera per un aumento esponenziale del canone: “Auspico che questo non accada – dice Alfio La Rosa, Presidente Federconsumatori Sicilia – soprattutto in un momento in cui non solo crisi energetica e inflazione la fanno da padrone, ma anche perché alcune zone del Paese stanno avendo segnale assente o molto disturbato a seguito del passaggio al nuovo digitale”.
Problematica, quest’ultima, per la quale la Rai considera risolutivo il nuovo standard di diffusione terrestre di seconda generazione (DVB-T2), suscettibile ancora di aggiustamenti. Intendiamoci: la Rai fa servizio pubblico e il canone va corrisposto. Ma la Corte dei Conti è stata chiara: ci sono margini per un’ulteriore riduzione dei costi.
E quella direzione la Rai deve prendere, salvaguardando la qualità del prodotto. Ma se, come conseguenza dell’estromissione del tributo dalla bolletta elettrica, ad aumentare fosse invece l’evasione?
“Non credo – spiega al QdS La Rosa – che ciò possa avvenire. Ritengo che il cittadino abbia ormai accettato e compreso che sia anche suo interesse pagare il canone, al fine di ottenere una migliore qualità del servizio pubblico radiotelevisivo, sia informativo che di intrattenimento”. Un aspetto su cui Federconsumatori, insieme con tutti i colleghi delle altre associazioni, vigilerà.