ROMA – Sono rimaste in dieci le città a contendersi il titolo di Capitale italiana della cultura per il 2025. La prossima tappa è già stata fissata: il 20 e il 21 marzo, a Roma, nella sede centrale del Ministero della Cultura, le singole proposte saranno illustrate alla Giuria nel corso di audizioni pubbliche che, così come previsto dal bando, avranno durata massima di sessanta minuti ciascuna, ivi compresa la sessione di domande della Giuria e le relative risposte.
Entro il 5 aprile 2023, la giuria raccomanderà al ministro della Cultura la candidatura della città ritenuta più idonea. Su proposta del ministro Giuliano Sangiuliano, il titolo di Capitale italiana della cultura per l’anno 2025 sarà infine conferito, con apposita delibera, dal Consiglio dei ministri.
Nella rosa delle quindici città italiane che avevano presentato il dossier di candidatura, mercoledì 25 gennaio la Giuria presieduta da Mario Sechi (direttore responsabile dell’Agenzia Giornalistica Italia) ha individuato i dieci progetti finalisti. Ad aver passato il “turno” sono state, in ordine alfabetico, Agrigento, Aosta, Assisi (Perugia), Asti, Bagnoregio (Viterbo), Monte Sant’Angelo (Foggia), Orvieto (Terni), Pescina (L’Aquila), Roccasecca (Frosinone) e Spoleto (Perugia). Fuori dai giochi la Città Metropolitana di Reggio Calabria, Otranto (Lecce), Peccioli (Pisa), Sulmona (L’Aquila) e la “nostra” Enna.
I criteri di selezione sono tanti: coerenza del progetto rispetto alle finalità di legge e alle altre iniziative di valorizzazione del territorio, nonché coordinamento e sinergia degli interventi proposti; efficacia del progetto come azione culturale diretta al rafforzamento della coesione e dell’inclusione sociale, in termini di crescita della domanda e dell’offerta culturale; previsione di forme di cofinanziamento pubblico e privato, condivisione progettuale con altri enti territoriali e con soggetti pubblici e privati portatori di interesse presenti sul territorio, da attuarsi nel rispetto della vigente normativa in materia di appalti e terzo settore; efficacia della struttura incaricata per lo sviluppo e l’attuazione sostenibili del progetto contenuto nel dossier di candidatura e per il monitoraggio dei risultati; innovatività e capacità delle soluzioni proposte di fare uso di nuove tecnologie, anche al fine del maggiore coinvolgimento dei giovani e del potenziamento dell’accessibilità; capacità del progetto di incrementare l’attrattività turistica del territorio, anche in termini di destagionalizzazione delle presenze; realizzazione di opere e infrastrutture di pubblica utilità destinate a permanere sul territorio a servizio della collettività; coerenza del cronoprogramma; effetto di “completamento”, inteso quale capacità di favorire la piena realizzazione di progetti già avviati ma non ancora conclusi; e, infine, coerenza degli obiettivi del progetto con quelli stabiliti dall’Agenda 2030 per lo Sviluppo sostenibile dell’Onu.
La città che tra le dieci ancora in lizza si accaparrerà l’ambito titolo riceverà un contributo di milione di euro per attuare il progetto presentato e, come riportato nel sito capitalidellacultura.it, per “mettere in mostra, per il periodo di un anno, i propri caratteri originali e i fattori che ne determinano lo sviluppo culturale, inteso come motore di crescita dell’intera comunità”.
Cagliari, Lecce, Perugia, Ravenna e Siena sono state le prime città a essere insignite di questo titolo, che è nato proprio a seguito della partecipata competizione Capitale europea della cultura, che culminò il 17 ottobre 2014 nella designazione di Matera 2019. L’impegno, la creatività e la passione che avevano portato le sei finaliste a costruire dei dossier di candidatura di elevata qualità progettuale convinsero il Governo a proclamare le altre cinque concorrenti Capitali italiane della cultura. Nel 2016 la prescelta fu Mantova, a cui seguirono Pistoia nel 2017, Palermo nel 2018 e Parma nel 2020 (titolo prorogatole anche nel 2021 a causa dell’emergenza pandemica).
L’edizione del 2022 è andata a Procida, che ha passato il testimone quest’anno a due città, Bergamo e Brescia, scelte in quanto “simbolo di resilienza all’impatto violento della pandemia in Italia”. Il Governo, in via straordinaria e in deroga rispetto alle normali procedure, ha infatti sostenuto la proposta avanzata dalle due città “per compensare il territorio per la tragica esperienza pandemica e i suoi lutti, ma anche per raccogliere tutte le energie e indirizzarle verso una vera e propria azione di rilancio, nella quale la cultura diventa catalizzatrice di innovazioni e visioni nei più diversi ambiti della convivenza”. Le manifestazioni sono state aperte ufficialmente la settimana scorsa alla presenza del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
Nel 2024 il titolo toccherà a Pesaro. Chi sarà la prescelta per il 2025? Alla Giuria l’ardua sentenza.
AGRIGENTO – “Abbiamo la conferma che la candidatura del nostro territorio è forte: un risultato importante che rende merito a tutta la città e a tutti i Comuni che hanno creduto in un progetto cosi ambizioso. Ora proseguiamo il lavoro in vista dell’audizione pubblica del 20 marzo a Roma”. Con queste parole il sindaco dell’antica Girgenti, Franco Miccichè, ha commentato la notizia che la sua città, a seguito della scrematura da 15 a 10 progetti operata dalla giuria e annunciata mercoledì 25 gennaio, è ancora in lizza per l’ambito titolo di Capitale italiana della cultura per il 2025. Lo abbiamo intervistato per conoscere meglio le strategie agrigentine.
Come immagina Agrigento Capitale italiana della cultura 2025?
“Immagino una città capace di offrire al mondo la propria ricchezza di storia, cultura e profonda umanità. Immagino anche una città che nel dialogo con artisti e intellettuali provenienti da Paesi diversi possa superare i propri limiti e trovare l’orgoglio della propria cittadinanza. Essere Capitale Italiana della Cultura renderà i nostri concittadini e tutte le istituzioni protagonisti di un progetto condiviso e sarà l’occasione per attrarre finanziamenti pubblici e privati per migliorare Agrigento in modo permanente”.
Quale crede sia la carta vincente della sua città?
“L’Italia intera è Capitale della cultura nel mondo e quindi la competizione è dura. Agrigento ha la forza del passato, ma anche una visione del futuro che rafforza la nostra candidatura. Il dossier è denso di contenuti e di proposte culturali ed è soprattutto concreto e chiaro nella formulazione dei progetti e nella struttura manageriale e finanziaria. Ci auguriamo che il tema delle relazioni tra gli esseri umani, posto alla base della candidatura, costituisca il vero punto di forza e che il Ministero voglia coglierlo come opportunità di riflessione che l’Italia pone al mondo intero, attraverso l’arte e la cultura”.
Nel malaugurato caso in cui non dovesse vincere, ha in mente un piano B per mettere a frutto il progetto presentato?
“Non si tratta di un piano B ma della volontà già espressa dalla Giunta comunale, che ha deliberato l’adozione del dossier di candidatura come Piano strategico culturale della città. Molte cose presenti nel progetto potranno e dovranno essere comunque realizzate. In questo momento, considerata la disponibilità di fondi del Pnrr, è importante avere una progettualità forte per potere accedere alle risorse disponibili. Attraverso la candidatura abbiamo raggiunto questo primo obiettivo”.
Ritiene si possa anche pensare di unire le forze con l’altra città siciliana candidata e poi esclusa, Enna?
“Non conosco i contenuti della candidatura di Enna, ma è chiaro che la condivisione di iniziative e progetti è sempre un fattore positivo per ottenere risultati importanti. Agrigento ha la fortuna di possedere nel proprio territorio risorse straordinarie, come la Valle dei Templi o Pirandello, che rappresentano la Sicilia nel mondo intero. Sentiamo quindi la responsabilità di agire in una visione di programmazione e gestione condivisa con le altre città e con la regione intera”.
ENNA – Fuori dalle dieci candidate, ma per il sindaco Maurizio Dipietro questa scelta “non rappresenta una bocciatura. Proseguiremo sulla rotta tracciata verso i prossimi appuntamenti che aspettano la nostra città, anche mettendo a frutto le tante proposte elaborate”. Abbiamo intervistato in esclusiva il primo cittadino ennese, determinato a continuare il percorso di valorizzazione culturale pensato per il territorio.
Come immaginava Enna Capitale italiana della cultura 2025?
“Come l’abbiamo pensata in questi anni, in cui abbiamo costruito il percorso che ci ha portato a proporre la candidatura: una città che crede che gli investimenti in cultura siano la strada giusta per una crescita anche economica, creando occasioni per restare nella propria terra, innanzitutto per i giovani. Una città che valorizza le proprie radici storiche, dando forza alle tradizioni popolari e religiose che rappresentano il nostro vero patrimonio”.
Quale ritiene fosse il valore aggiunto rispetto alle altre candidate?
“Sicuramente la capacità di fare sistema tra i tanti attori di questa impresa, che hanno lavorato in sinergia per offrire una proposta culturale con tantissimi spunti storici, culturali, religiosi, tradizionali e altri a tutti i nostri visitatori, contando su una solida rete museale e monumentale in grado di affascinare chiunque. E poi la solidità di radici storiche millenarie: dal Mito del ratto di Proserpina, cui abbiamo dedicato un moderno Museo multimediale, ai beni monumentali di grande attrattiva come il Castello di Lombardia, la Torre di Federico e il Duomo, molto ben conservati e curati. E ancora il fascino dei riti della Settimana Santa, con le sue confraternite secolari”.
Purtroppo Enna è stata esclusa dalle finaliste. Ha in mente un piano B per mettere a frutto il progetto?
“Aver creato i presupposti per proporre la candidatura della nostra città rappresenta per noi già un grande traguardo, perché ci ha reso consapevoli delle nostre potenzialità e ha portato Enna all’attenzione del grande pubblico e al centro dei flussi turistici della nostra Isola. Il piano B, quindi, non si discosta dal progetto originario: continuare a percorrere la strada degli investimenti in cultura quale via maestra per la crescita economica”.
Resta ancora in corsa Agrigento. Se dovesse anch’essa essere esclusa crede che vi possiate unire in iniziative comuni?
“Realtà piccole come la nostra debbano lavorare a stretto contatto con i territori limitrofi, in un concetto di area vasta che è quello che noi perseguiamo ormai da anni. L’idea di unire le forze e le esperienze tra le candidature siciliane può senz’altro rappresentare un’occasione da sviluppare”.