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Carcere di Barcellona, Boldrini incontra la detenuta Marjan Jamali: “Il suo diritto alla difesa è stato violato”

“Ho incontrato Marjan una donna iraniana di 29 anni con un figlio di 8 anni, mi ha raccontato la sua vicenda che ha dell’inverosimile”. A dirlo Laura Boldrini, deputata PD e Presidente del Comitato permanente della Camera sui diritti umani nel Mondo, nel pomeriggio all’uscita del carcere di via Madia a Barcellona Pozzo di Gotto, dove ha parlato con Marjan Jamali, la donna iraniana di 29 anni accusata di essere una scafista da tre uomini che avrebbero tentato di stuprarla.

Boldrini: “Il suo diritto alla difesa è stato violato”

“Ad oggi – prosegue Boldrini -non è mai stata interrogata, non ha mai ricevuto un documento in una lingua per lei comprensibile, le hanno dato un documento in italiano in cui spiegavano perché è stata arrestata quando l’avvocato del tempo ha fatto capire che lei non comprende l’italiano e che dovevano mandare un documento nella lingua persiana. Poi si è ritrovata con un documento in arabo, lingua che lei non conosce e non capisce. Il suo diritto alla difesa è stato totalmente compresso e violato. Sono sicura che adesso i magistrati vorranno interrogarla, il tribunale della libertà tra un paio di giorni dovrebbe sentirla in un lingua nella quale può esprimersi”, ha concluso Boldrini.

Barcellona, chi è Marjan Jamali

La storia di questa donna sbattuta dietro le sbarre era stata resa nota dal Circolo ReggioSud che, in occasione dell’8 marzo, aveva raccontato sui social l’odissea della donna, chiedendo giustizia per lei. E oggi pomeriggio l’onorevole Laura Boldrini che ha deciso di vederci chiaro l’ha incontrata nell’istituto penitenziario barcellonese.

Marjan Jamali è una giovane donna iraniana costretta a scappare dal suo Paese, insieme al figlio di otto anni. Con l’aiuto del padre che con mille sacrifici aveva messo insieme i 14 mila euro che servivano per il viaggio della speranza, madre e figlio erano arrivati in Turchia. Nella notte tra il 22 e il 23 ottobre erano saliti a bordo di una barca a vela con un centinaio di persone, alcune iraniane, dirette in Europa. Durante la traversata la donna avrebbe subito un tentativo di aggressione sessuale da quattro iracheni, ma aveva urlato e a sua difesa era intervenuto un connazionale che l’aveva salvata.

La barca – come ricostruito dal Circolo ReggioSud – venne intercettata e fatta sbarcare nel porto di Roccella Jonica dove i migranti furono identificati e interrogati e dove i quattro iracheni indicarono la donna e l’uomo che la difese come gli scafisti. Per entrambi scattò l’arresto.

Barcellona, la donna ha tentato il suicidio in carcere

Il bambino “è stato affidato dal tribunale dei minori a una famiglia afghana in una comunità in Calabria. La madre portata a Reggio, in carcere, dove non è mai stato portato suo figlio fino a pochi giorni fa. Inoltre, a lei sono stati notificati tutti i documenti in arabo e lei non lo parla”. Il gip di Locri ha respinto la richiesta di domiciliari e lei successivamente è stata trasferita a Barcellona Pozzo di Gotto. La donna, scrive il Circolo “in carcere ha già due volte tentato il suicidio”.

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