Giustizia

Carceri, Fiandaca, scarcerazioni boss, basta polemiche

Sullo scontro tra il ministro Alfonso Bonafede e il magistrato Nino Di Matteo taglia corto: “Non è un affare importante”.

Per Giovanni Fiandaca, docente di diritto penale e garante dei detenuti in Sicilia, sono altre le questioni collegate alle polemiche sulle scarcerazioni che meritano di essere poste al centro della discussione pubblica.

In primo luogo i “gravi problemi di strutture, gestione e disciplina legislativa complessiva del sistema carcerario”.

Il problema dei problemi è il sovraffollamento che avrebbe potuto essere in parte alleggerito con innovazioni nell’esecuzione della pena e con un ricorso più idoneo alle misure alternative. E questo non avrebbe comportato, secondo Fiandaca, effetti critici sulla sicurezza perché gran parte della popolazione carceraria non è accusata di reati di mafia.

E poi, aggiunge, “l’anima del diritto contemporaneo richiede di contemperare valori, diritti ed esigenze concorrenti”.

Quindi anche ai detenuti per mafia va riconosciuto il diritto costituzionale alla salute.

Le polemiche sono quindi diversive e hanno per Fiandaca un vizio d’origine in quello che chiama il “conflitto culturale” aperto soprattutto dai magistrati d’accusa e delle Procure antimafia in modo particolare.

“Esprimono – dice – una concezione unilaterale del trattamento dei detenuti e pretendono di allineare la gestione del sistema carcerario a una logica puramente repressiva legata al ruolo del pm. Deformazione professionale”.

È per questo che Di Matteo non è diventato capo del Dap?

“Non basta – dice Fiandaca – essere un simbolo antimafia, con tutto il rispetto per l’attività da lui svolta su cui non ho mancato comunque di esprimere qualche perplessità. Ci vogliono altre attitudini. Quella di Dino Petralia, ora nominato capo del Dap, mi sembra una scelta promettente: è un magistrato di grande equilibrio, competenza giuridica e capacità organizzativa”.

Il governo sta introducendo nuovi limiti al potere discrezionale dei giudici di sorveglianza. È una giusta misura di cautela la richiesta di parere alle Procure sulle domande di scarcerazione?

“Si poteva chiedere anche prima – risponde Fiandaca – anche se non era obbligatorio. Ma su questo punto condivido le preoccupazioni di Antonietta Fiorillo, responsabile del coordinamento dei magistrati di sorveglianza. Non vorrei che dalla Procure arrivassero solo carte e si intasassero gli uffici. I dati cartolari devono essere aggiornati sulla pericolosità attuale del detenuto. E vanno integrati con notizie sull’evoluzione dei rischi di contagio e sulla adeguatezza delle strutture sanitarie intramurarie”.

Il rischio più grave che Fiandaca paventa è che sulle scarcerazioni “si diano ora risposte palliative e buone solo per tranquillizzare l’opinione pubblica e salvare a Bonafede il posto di ministro”.