Fatti

Carceri, in Sicilia nascono i poli universitari penitenziari

Nascono in Sicilia i poli universitari penitenziari. Lo stabilisce l’accordo quadro di collaborazione tra il Garante dei diritti dei detenuti della Sicilia Giovanni Fiandaca, il Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria Cinzia Calandrino, le Università di Palermo, Catania, Messina ed Enna “Kore”, con l’intervento della Regione tramite l’assessorato dell’Istruzione guidato da Roberto Lagalla.

L’intesa è stata sottoscritta a Palazzo Orléans, alla presenza del governatore Nello Musumeci, di Fiandaca, Calandrino, dei delegati degli atenei Fabio Mazzola (Palermo), Fabrizio Siracusano (Catania), Anna Maria Citrigno (Messina), Agata Ciavola (Enna), e del presidente della Conferenza nazionale dei delegati dei rettori per i poli universitari penitenziari, Franco Prina.

Trattamento rieducativo, promozione dell’istruzione

La Regione Siciliana, dopo la Toscana, è la seconda istituzione locale che si inserisce a pieno, fornendo un supporto economico, nel dialogo fra atenei e Provveditorato. “È un evento al quale attribuisco un alto valore morale – afferma Musumeci -. La Sicilia si intesta una battaglia, che diventa punto di riferimento per altre regioni e per il futuro. In questi tre anni, come governo regionale, abbiamo dedicato particolare attenzione a tutta la popolazione penitenziaria”.

Fiandaca evidenzia che “l’ordinamento penitenziario prevede espressamente una sorta di obbligo di promozione e agevolazione dell’istruzione universitaria negli istituti penitenziari. Inoltre, riconosce l’istruzione come primo elemento del trattamento rieducativo. Questo vale specialmente nelle regioni meridionali, dove la popolazione carceraria statisticamente presenta un livello di istruzione e di scolarità più basso”.

In Italia sono 80 gli istituti penitenziari in cui viene garantita l’istruzione universitaria, con la collaborazione di 37 atenei (compresi i quattro siciliani), per un totale di circa 1.000 studenti-detenuti iscritti. Per il 60% si tratta di detenuti in regime di media sicurezza (delinquenza comune), per il 34% di alta sicurezza, per l’1,5% di detenuti al 41 bis. Solo il 2% degli studenti universitari detenuti è rappresentato da donne.