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Carceri: Sappe, agente aggredito a Santa Maria Capua Vetere

“Ancora una volta una aggressione di un detenuto verso il personale di Polizia Penitenziaria di Santa Maria Capua Vetere è costata 15 giorni di prognosi ad un Assistente capo della Polizia Penitenziaria dopo essere stato aggredito da un detenuto che già aveva tentato di aggredire il medico del carcere”. E’ quanto fa sapere Emilio Fattorello, segretario nazionale per la Campania del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe.

“Ieri nel Reparto detentivo Tevere, un detenuto in quarantena, perché nuovo giunto proveniente dall’Istituto di Barcellona Pozzo di Gotto per assegnazione alla Articolazione di Salute Mentale della struttura casertana, durante la visita sanitaria, senza apparenti motivi, ha tentato di aggredire il medico operante. Il poliziotto Assistente capo presente ha evitato che si compisse l’aggressione, ma il detenuto – dice Fattorello – si è rivolto contro colpendo il poliziotto con calci. Per le lesioni subite il collega ha dovuto fare ricorso alle cure del pronto soccorso dell’ospedale civile di Caserta ove veniva diagnosticata una frattura ad un arto superiore con prognosi di 15 giorni”.

“L’evento critico ripropone la problematica dei detenuti con patologie neuropsichiatriche ancora ospiti nelle strutture penitenziarie. Il Sappe Campania esprime solidarietà al collega ferito augurandogli una veloce ripresa”, conclude Fattorello ricordando che “anche questa grave problematica, ossia la gestione dei soggetti affetti da problemi psichiatrici, è stata oggetto di confronto nell’incontro avuto dal Sappe Campania con il Presidente del Consiglio Draghi e con la ministra della Giustizia Cartabia, che si sono recati in visita all’istituto Sammaritano”. Donato Capece, segretario generale del Sappe, evidenzia che “ormai è un bollettino di guerra: servono interventi urgenti e strutturali che restituiscano la giusta legalità al circuito penitenziario intervenendo in primis sul regime custodiale aperto. Ogni giorno nelle carceri italiani succede qualcosa, ed è quasi diventato ordinario denunciare quel che accade tra le sbarre”.