Francesco Cascio deve essere risarcito perché lo hanno arrestato ingiustamente. Lo ha deciso la Corte di Appello di Palermo, che ha stabilito un risarcimento di 30mila euro all’ex presidente dell’Ars per danni morali, materiali e di immagine per l’arresto nel 2019.
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L’inchiesta verteva sull’esistenza di una loggia massonica imponente il cui personaggio di spicco sarebbe stato l’ex onorevole Giovanni Lo Sciuto. A seguito dell’indagine Artemisia, infatti, Cascio trascorse 14 giorni agli arresti domiciliari col braccialetto elettronico. Il Tribunale del Riesame annullò due settimane dopo l’ordinanza di custodia cautelare, per cui Cascio non doveva finire ai domiciliari.
L’indagine è stata archiviata e, secondo quanto ricostruito dai pubblici ministeri di Trapani, l’ex deputato avrebbe confidato al collega di partito che era finito sotto intercettazione. Da qui l’ipotesi per il reato di favoreggiamento.
“L’originaria tesi accusatoria è rimasta del tutto indimostrata”, scriveva il giudice per le indagini Fabio Pilato, che chiuse il caso. Le intercettazioni erano state dichiarate inutilizzabili perché non c’era connessione con i reati per cui erano state disposte. Il Gip, però, andava oltre: “Ma quandanche le intercettazioni fossero utilizzabili il tenore delle conversazioni sarebbe ugualmente inidoneo a fornire la prova dell’illecito ipotizzato e tale addirittura da escluderlo”.
Dopo l’archiviazione i suoi legali, Enrico Sanseverino e Roberto Mangano, hanno chiesto i danni. Da qui l’ordinanza del collegio presieduto da Mario Conte che ha stabilito un indennizzo di 30mila euro, vista la gravità delle contestazioni e il danno di immagine per il politico incensurato. Ora la decisione della Corte d’Appello di Palermo.