Secondo la presidente del Consiglio Giorgia Meloni la richiesta di 6 anni di carcere ai danni del viceremier Matteo Salvini da parte della Procura di Palermo rappresenta “un precedente gravissimo” nei confronti di chi avrebbe svolto il suo lavoro per difendere i confini della Nazione.
I fatti risalgono all’agosto del 2019, quando Matteo Salvini, che ai tempi ricopriva il ruolo di ministro dell’Interno nel governo Conte, prese la decisione di negare lo sbarco a 147 migranti presenti sulla nave ong Open Arms. Dopo la richiesta di 6 anni di carcere il vicepremier ha rinnegato le accuse con diversi post su social, citando anche la Costituzione: “Una follia, ma non mollo. Mai nessun governo e mai nessun ministro nella storia è stato messo sotto accusa e processato per aver difeso i confini del proprio Paese – ha dichiarato Salvini -. L’articolo 52 della costituzione italiana recita che la difesa della patria è un sacro dovere del cittadino. Mi dichiaro colpevole di aver difeso l’Italia e gli italiani”. Chiaramente sarà compito della difesa mettere in atto una tesi per dimostrare la non colpevolezza di Salvini in merito a questa vicenda.
Ovviamente in merito a questa notizia non sono mancate le reazioni politiche. La maggioranza cerca di difendere il vicepremier, mentre le opposizioni hanno commentato negativamente la reazione della premier Meloni in merito alla richiesta di condanna da parte della Procura di Palermo. Secondo la presidente del Consiglio “è incredibile che un Ministro della Repubblica Italiana rischi 6 anni di carcere per aver svolto il proprio lavoro difendendo i confini della Nazione, così come richiesto dal mandato ricevuto dai cittadini”, perché “trasformare in un crimine il dovere di proteggere i confini italiani dall’immigrazione illegale è un precedente gravissimo. La mia totale solidarietà al Ministro Salvini”.
Parole di sostegno sono arrivate anche dal ministro degli Esteri Antonio Tajani, che ha espresso la sua solidarietà: “Matteo Salvini ha fatto il suo dovere di ministro dell’Interno per difendere la legalità. Chiedere 6 anni di carcere per questo motivo appare una scelta irragionevole e per giunta senza alcun fondamento giuridico”, ha affermato Tajani. Sulla stessa linea anche il ministro della Giustizia Carlo Nordio: “Per quanto riguarda il processo, la sua origine e le sue caratteristiche, mi riporta ai tanti articoli che ho scritto in merito prima di diventare ministro”.
Anche il presidente del Senato Ignazio La Russa ha parlato della richiesta di condanna ai danni di Salvini nel processo Open Arms di Palermo: “La giustizia secondo loro dovrebbe interpretare le norme e correggere. Ma non tocca alla magistratura correggere le norme, anche quando fossero sbagliate. Può solo applicare la legge”.
Dichiarazioni critiche invece da parte della segretaria del Pd Elly Schlein, che ricendica la separazione dei poteri, ritenendo “molto inopportuno l’intervento della presidente del consiglio Giorgia Meloni perché noi pensiamo che il potere esecutivo e giudiziario siano separati e autonomi. È un principio che si chiama separazione dei poteri. E quindi il rispetto istituzionale imporrebbe di non mettersi a commentare dei processi che sono aperti. Stupisce che mentre oggi ha trovato il tempo di commentare il processo a Salvini da ieri non abbia ancora proferito una parola sul patteggiamento di Giovanni Toti”.
Sulla stessa linea anche il portavoce di Europa Verde e deputato di Verdi e Sinistra Angelo Bonelli: “È gravissima l’intromissione della premier Meloni nel processo che vede imputato Salvini, il quale afferma di aver difeso i confini nazionali. Tuttavia, ciò che ha bloccato non era una nave militare straniera, ma un’imbarcazione con 147 persone a bordo, la maggior parte donne e bambini, che stavano naufragando. Lo ha fatto per calcolo elettorale. La premier Meloni ha aperto un conflitto costituzionale, con conseguenze sulla qualità della nostra democrazia – prosegue Bonelli -. Questo è uno dei motivi per cui l’Italia è isolata dal resto d’Europa. Quanto accaduto deve essere portato all’attenzione di tutti i parlamentari europei, che dovranno valutare la proposta del commissario europeo. Non faremo mancare loro ogni informazione necessaria”.
Nel caso in cui il vicepremier Matteo Salvini dovesse andare incontro ad una condanna definitiva, ci sarebbe la possibilità di presentare un ricorso in Corte d’Appello, impugnando la sentenza di primo grado entro 30 giorni dalla notifica della sentenza o 60 giorni dalla pubblicazione. Nel caso in cui la condanna dovesse essere confermata anche dalla Corte d’Appello il ministro potrebbe ricorrere alla corte di Cassazione entro 60 giorni dalla notifica o dalla pubblicazione della sentenza. La sentenza sarà definitiva soltanto con il giudizio degli Ermellini, a meno che il ministro ometta di far ricorso. In questo caso, la sentenza passa in giudicato non appena scadono i termini utili all’impugnazione.
In merito all’eventuale pena risulta assai probabile che Matteo Salvini non metta effettivamente piede in un carcere. A seconda della durata della condanna potrebbe infatti accedere a diverse misure alternative e anche alla sospensione condizionale della pena, che a determinati requisiti potrebbe portare perfino all’estinzione del reato. Ciò sarebbe possibile soltanto ad alcune condizioni, tra cui una condanna inferiore a 2 anni e una valutazione del giudice positiva in merito al ravvedimento.
Ciò che risulta evidente è che a prescindere da come si concluderà questa vicenda, l’impatto mediatico e politico non sarà facile da gestire per Salvini. Già adesso maggioranza e opposizione sono divise in merito alla richiesta di condanna, ma lo stesso sta accadendo nell’opinione pubblica, che già da anni ha dibattuto a lungo prima, durante e dopo ogni singola udienza legata al processo Open Arms. Proprio per questo risulta chiaro che la vicenda avrà comunque un impatto sulla carriera politica di Salvini.
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