ROMA – Il prolungarsi degli effetti sul piano occupazionale derivanti dall’emergenza epidemiologica da Covid-19, ha reso necessario l’inserimento nella legge di Bilancio 2021 di un ulteriore periodo di trattamento di integrazione salariale, finalizzati, ancora una volta, a fornire forme di tutela delle prestazioni lavorative per l’anno 2021.
I datori di lavoro possono presentare domanda di concessione della cassa integrazione ordinaria, dell’assegno ordinario e della cassa integrazione in deroga per una durata massima di ulteriori dodici settimane. Le dodici settimane devono essere collocate nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2021 e il 31 marzo 2021 per i trattamenti di cassa integrazione ordinaria, e nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2021 e il 30 giugno 2021 per i trattamenti di assegno ordinario e di cassa integrazione salariale in deroga. Le predette dodici settimane costituiscono la durata massima che può essere richiesta con causale Covid-19 nell’anno 2021.
I periodi di integrazione salariale precedentemente richiesti e autorizzati ai sensi dell’art. 12 del Dl. 137/2020 convertito, con modificazioni, dalla legge 176/2020, collocati, anche parzialmente, in periodi successivi al 1° gennaio 2021 sono imputati, ove autorizzati, alle sopradette dodici settimane.
Le domande di accesso ai trattamenti devono essere inoltrate all’Inps, a pena di decadenza, entro la fine del mese successivo a quello in cui ha avuto inizio il periodo di sospensione o di riduzione dell’attività lavorativa.
In fase di prima applicazione, il termine di decadenza di cui al presente comma è fissato entro la fine del mese successivo a quello di entrata in vigore della presente legge.
Ai datori di lavoro privati, che non richiedono i trattamenti suindicati, ferma restando l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche, è riconosciuto l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali a loro carico per un ulteriore periodo massimo di otto settimane, fruibili entro il 31 marzo 2021, nei limiti delle ore di integrazione salariale già fruite nei mesi di maggio e giugno 2020, con esclusione dei premi e dei contributi dovuti all’Inail, riparametrato e applicato su base mensile.
Qualora i datori di lavoro privati abbiano richiesto l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali, possono rinunciare per la frazione di esonero richiesto e non goduto e contestualmente presentare domanda per accedere ai trattamenti di integrazione salariale.
In concomitanza all’estensione dei periodo di trattamento di integrazione salariale, viene esteso, altresì, il blocco dei licenziamenti fino al 31 marzo 2021 per motivi economici e, in particolare, è precluso l’avvio delle procedure di cui agli artt. 4, 5 e 24 della legge 223/1991.
Fino alla medesima data, resta, ancora, preclusa al datore di lavoro, indipendentemente dal numero dei dipendenti, la facoltà di recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’art. 3 della legge 604/1966, e restano altresì sospese le procedure in corso di cui all’art. 7 della medesima legge.
Le sospensioni e le preclusioni di cui sopra non si applicano nelle ipotesi di licenziamenti motivati dalla cessazione definitiva dell’attività dell’impresa, conseguenti alla messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale, dell’attività, nei casi in cui nel corso della liquidazione non si configuri la cessione di un complesso di beni o attività che possano configurare un trasferimento d’azienda o di un ramo di essa ai sensi dell’art. 2112 c.c., o nelle ipotesi di accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo; a detti lavoratori è comunque riconosciuto il trattamento di disoccupazione Naspi.